5- Christmas.

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Dieci giorni dopo quella richiesta, Juliet si stava preparando. Era il 24 dicembre.

Alle otto sarebbe passato Edward per prenderla.

Aveva imbucato quella lettera cinque giorni prima, rileggendo la ogni giorno. Quando finalmente si decise, la mandò.

Non sapeva cosa fosse successo, ma nessuna risposta aveva ricevuto.

La sera avrebbe chiamato i suoi, ma decise di far finta di nulla: forse la lettera non era arrivata, oppure i genitori erano arrabbiati con lei.

Decise di mettersi un vestito rosso, un bel rosso invernale. Ammirò il vestito che avrebbe indossato invece a Capodanno. Forse uno dei migliori che possedeva.

Si morse il labbro al sol pensiero.

Prese il cappotto nero, dopo essersi sistemata a dovere. Si guardò allo specchio, cercando di sorridere. Ma sapeva che Edward lo avrebbe fatto.

Controllò l'ora: otto in punto. Uscì dall'appartamento, aspettando Edward.

Ma non voleva farsi trovare davanti alla porta, quindi uscì fuori.

La candida neve copriva tutta Londra, ed i bambini gioiosi saltellavano tra essa.

Sorrise, ricordandosi quando Theo, una volta, l'aveva spinta contro il miglior pupazzo di neve che avesse mai fatto.

Un fatto che gli costò un mese pieno di broncio da parte sua.

«Sei bellissima.» La voce che la faceva star bene era dietro di lei.

Si girò, guardandolo: era in smoking, i capelli rossi ben pettinati.

«Anche tu non sei male.» Ma cosa stava dicendo? Il cervello le stava andando a rotoli?

Il rosso sorrise, accompagnandola all'auto che profumava di felicità.

«Posso sapere dove mi porti?» Juliet insisteva, guardandolo guidare.

«Assolutamente no. È una sorpresa.»

Dopo quindici minuti di macchina (e di traffico!), arrivarono in un quartiere molto soft a giudicare dalle insegne.

«Ora chiudi gli occhi.»

Lei li chiuse. Buio, buio totale. Ma in quel buoi scorgeva una luce. Una luce rossa. Edward era la sua luce rossa, la sua salvezza. Edward era colui che la liberava dalla prigionia. Edward era la persona che amava.

Ma come mai se n'era accorta solo ora? In realtà, forse già lo sapeva. Il suo rosso. Il rosso della passione, dell'amore.


La portò dopo qualche passo in un ristorante molto elegante. L'insegna diceva "Charme et Appetit". L'interno era molto sofisticato: sedie rivestite da tessuto color sabbia, lunghe tovaglie color caramello. e delle pareti bianche come il latte. Adornava l'immensa sala un lampadario di cristallo. uno di quelli che si trovavano in qualche castello.

Juliet era la regina, ed Edward il suo re.

«Oh mio dio, Edward...non so che dire.» Era letteralmente senza parole. L'aveva stupita veramente!

«Allora non dire niente.» I loro visi erano molto vicini. Edawrd guardò negli occhi marroni della ragazza: era incantato da tale bellezza. Era una persona dolcissima. Ma promessa sposa.

E Juliet guardò nei suoi occhi: un verde in cui perdersi. dove navigare, esploranmdo luoghi ignoti e speciali. Come lui. Un fuoco in persona, il colore rosso in carne ed ossa.

«Signor...?» Un cameriere baffuto li fece risvegliare. Edward disse il suo cognome, e il cameriere baffuto, Mr. Kent, (come Superman!) li portò in un tavolo vicino alla vetrata, il 13. Come il giorno in cui si conobbero.

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