13 - Wrongs.

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Era da due ore che Edward era in giro con Juliet. Si erano seduti su una panchina, nel parchetto di Oxford. Il verde che contorna il posto è splendido, si possono notare gocce di rugiada mattutina sulle foglie. Gli uccellini cinguettavano al sole, liberi. Ed i bambini giocavano, si rincorrevano, saltavano.
«Fammi un ritratto.» La voce di Juliet riportò Edward lontano dai suoi pensieri.
«Un ritratto? Proprio qui?» Disse il rosso, accarezzando la testa di Juliet.
«Non ti va?» Chiese dolcemente la ragazza, alzando la testa dalle gambe di Edward, che le fungevano da cuscino. Ovvio che gli andava, anche perché il soggetto era decisamente bello da immortalare.
Lui prese il quadernetto di Juliet, ed una matita.
Iniziò a scarabocchiare, a sfumare, ad intensificare il tratto.
Dopo cinque minuti, aveva già finito.
«Ecco.» Porse il quadernetto alla ragazza.
Ella restò ammaliata da così tanta passione e bravura. Era come fosse riflessa in uno specchio bianco.
«Sei bravissimo! Come hai scoperto il tuo talento?»
«Avevo circa dieci anni. Mia madre stava cucinando ed io guardavo un cartone animato. Il protagonista era un gatto, e mi piacque così tanto che volli provare a disegnarlo. Riuscì bene. Peccato che poi mia madre lo gettò nel water.»
Lei serrò le labbra.
«E perché mai farlo?»
«La mia vita non è stata rose e fiori. Non ho mai conosciuto mio padre, ed avevo un fratello. Ci adoravamo, eravamo come Pinco Panco e Panco Pinco. Due rossi in fuga, ci chiamavamo. Inseparabili. Sono di una famiglia molto umile. Mia madre diceva sempre che invece di fantasticare dovevo imparare qualche mestiere.» Deglutì, fissandola negli occhi.
«E tuo fratello?» Domandò curiosa.
«A diciotto anni, quando io ne avevo sedici, entrò in una gang malvivente. Non so bene cosa lo portò lì. Ma per colpa di una rapina, gli spararono al petto. Poteva morire sul colpo solo se... Zack non lo avesse gettato a terra, prendendo una pallottola nel braccio.»
Mark con un briciolo di sentimento?
«Entrò in galera. Un anno dopo ci arrivò notizia che si era gettato nel vuoto, mentre tentava la fuga. Non ci credevo, quel giorno fu uno dei peggiori della mia vita. Appena lo vidi disteso a terra, circondato da quegli sbirri, io... Il mio Luke. Per mia madre fu uno strazio. Il nostro nome si era infangato per sempre. La nostra buona reputazione spazzata via, come la vita di mio fratello. Mia madre fece un biglietto di sola andata per Stoccolma, io non partii. Dall'Irlanda mi trasferii a Londra. Libero di ricominciare. Con lei non mi ci sento da quasi quattro anni. Per questo non parlo mai della mia famiglia. L'ho detto solo a te, mai a nessun altro.»
Juliet ascoltò con attenzione ogni parola, incredula.
«Non giudicarmi, come gli altri hanno fatto, un componente di una famiglia di pazzi.» Gli occhi umidi, di un verde più chiaro, brillavano al sole.
«Ti amo per quello che hai dentro, non per quello che sei, o da dove provieni.» Rispose, asciugandogli una lacrima.
«Poi mi chiedi come mai tra tante ho scelto te.» Borbottò, sorridendo. Poi il nulla, solo i respiri coordinati e le labbra a contatto.
Edward ormai si nutriva del suo sapore, del suo respiro, di lei.
Affondò una mano tra i capelli di lei, accorciando ancora di più le loro distanze.
Ecco cos'erano: un'unica cosa. Non c'era altra spiegazione.

Era passato un mese dal matrimonio di Theo e Rita. Stava quasi per entrare agosto. Ma prima di ogni altra cosa il ventunesimo compleanno di Edward. È una tappa importante, poiché si è autorizzati a bere alcol... più liberatamente.
Era seduto lì, in quella locanda, e non poté notare altro che una vecchia conoscenza era in quello stesso posto.
«Steffy, sei veramente tu?» Gli occhi della ragazza si illuminarono e lasciarono spazio ad un grande sorriso.
«Ed? Non ci credo.»
Lui sorrise di rimando, un'pò imbarazzato.
«Che fine hai fatto dopo il liceo?» Disse la ragazza, arricciando con il dito una ciocca di capelli neri.
«Sono alle Belle Arti, e vivo insieme a due ragazze e Daniel... Ti ricordi?»
«Ah, sì.. Quello con gli occhiali.»
«Ora non li porta più.» Commentò il ragazzo, assottigliando gli occhi.
Momento d'imbarazzo.... Presente!
«E chi sono queste fortunate ragazze?» Scherzò, dandogli una gomitata amichevole.
«Una punk ed un'altra.» Perchè non diceva che "l'altra" era la sua ragazza? Uno stupido. Ma succedeva sempre al liceo, catturato dai suoi bellissimi occhi glaciali.
«Capito. Auguri per i tuoi ventun'anni, orsacchiotto.»
Oh. Non lo chiamava così da tempo.
Lui passò una mano dietro la nuca, arrossendo.
«Ora devo andare.» Disse la ragazza, con un tono che lo fece sorridere.
«Ehm... Uhm... Un attimo!» La richiamò, non curante di ciò che stava per fare.
«Mi sei mancata, molto.» Le parole uscirono senza volerlo.
Lei sorrise, accorciando velocemente le distanze. Sentì solo che le labbra di lei toccarono quelle di lui velocemente. Un bacio veloce, ma sempre un bacio. Il sapore delle labbra che non toccava da tempo era lo stesso.
«Neanche tu te ne sei mai andato dalla mia vita, Eddie.»
Ora iniziavano i veri guai.

Juliet passò una settimana intera per progettare la sua sorpresa. Dan e Wanda, suoi complici, attendevano Edward. Erano venuti a stare lì per due giorni.
«Come sto?» Chiese per la miliardesima volta, guardandosi allo specchio.
«Da favola, baby. Smettila di chiederlo ogni cinque secondi.» Rispose la testa azzurra, frugando nell'armadio.
Voleva che andasse tutto al meglio, per lui.
Sistemò per la quarta volta i capelli ondulati, e smaltò le unghie di un rosso intenso. Smaltava le unghie pochissime volte, di solito in estate.
I piedi iniziavano a dolerle, causa i tacchi a spillo di Wanda. Non capiva come riusciva a metterli ogni venerdì sera.
«La macchina è qui.» Disse Wanda, alzandosi dal letto in cui si era seduta poco prima.
Juliet corse ad aprire la porta.
«Ciao amore.» Lo salutò lei, appoggiandosi all'uscio. Era spettacolare. Un trucco più denso, tacchi più alti. Dov'era la vera Juliet List? E poi quel tono seducente non era da lei.
«Ciao bellissima.»
Lei fece per bacialo ma lui l'abbracciò.
Perché ora che era così dannatamente sexy non la baciava? Era rincitrullito.
Chiuse gli occhi per un nano secondo, e quando li riaprì notò al posto di Juliet che era a braccetto con lui, una testa bruna dagli occhi azzurri. No, non poteva essere...
«Steffy.» Mormorò, poi il buio.

«Si sta risvegliando!» Annunciò Juliet.
Cos'era successo?
Gli abiti aderenti e focosi di Juliet erano sostituiti da jeans e canotta nera con una giacchetta.
Già, Juliet e il freddo.
«Hai avuto un insolazione. Ti prendo un'aspirina.» Disse fredda e calma la ragazza, andando verso la cucina.
«Tu sei un coglione. Mentre Juliet si prendeva cura di te, tu hai pronunciato "Steffy". E ti assicuro che era un tono abbastanza "intimo". Sta come una pezza.»
Edward aveva detto il suo nome? Non lo ricordava affatto. E perché invocava quel nome? L'incontro era un sogno, giusto? Giusto?
«Io...»
«Avanti Ed, ammettilo. Sia a me che a te. Provi qualcosa anche per Steffy, ancora?»
Edward non sapeva che cosa dire. Non sapeva che cosa pensare.
Fino a quella fottuta mattina sapeva che il suo pianeta era Juliet. Ma il suo corpo celeste ha lasciato l'orbita per dare spazio al satellite?
«Non lo so.» Si morse il labbro per il nervosismo.
Dan sorrise sarcastico, per poi aggrottare le sopracciglia. «Dicendo così ti giochi tutto. E la posta in gioco è alta.» Disse, guardando Juliet tornare con un bicchiere di acqua in mano.
«Lì dentro c'è... Una torta. L'ho ordinata per te. Spero ti piaccia.» Disse acida, per poi prendere la borsa nell'appendi-abiti.
«Dove stai andando?» Edward scattò a sedere, posando il bicchiere.
«Lontano da te.» Disse con gli occhi iniettati di veleno, per poi uscire dalla porta.
I genitori di Juliet erano nello studio e non sarebbero tornati prima delle otto.
Edward portò la testa fra le mani.
«Mi ha baciato. Ed io ho ricambiato, per niente infastidito.» Confessò, non riuscendo a guardare l'amico in volto.
«So cosa pensi. Ma ora sono confuso. Moltissimo.»
Dan alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
«Ti è bastato vederla per mandarti in panne? La faccenda ora è seria.»
«Sì. Non c'era il minimo pensiero rivolto a lei durante tutto questo tempo. Ma sa come farti affondare.»
Dan serrò le labbra, deglutendo.
«Saresti disposto a lasciare Juliet per lei?»
«Dan. Basta, non credi mi senta in colpa?» Scattò, fulminandolo con lo sguardo.
«Scusami. Comunque sì, cioè no, ehm insomma... Mi ha baciato, le interesso ancora? Vuole rimettersi con me? Ma poi, perché mi ha baciato?!» Disse quasi a se stesso.
«Ed, l'ultima volta che l'hai vista è stata tre anni fa. Sei mio amico e la vita è tua, ma ti metto in guardia sul da farsi.»
«Aiutami Dan. Non capisco più niente.»
«E come? Non so che dirti.» Urlò, rosso in volto. Poi s'illuminò tutto d'un colpo. «C'è forse un modo per capire cosa provi.»
Edward finalmente lo guardò, facendogli posto nel divano.
«Elenca i difetti di Steffy e Juliet. Chi ne ha meno, è quella da scegliere.»
«Certe volte mi meraviglio delle tue idee originali. Questa è brillante. Allora... Juliet: controllo ossessivo, so-tutto-io e parla molto.»
«Okay, ora tocca a Steffy.»
Edward pensò molto ai suoi difetti. Ma poi pensò la cosa più logica e vera.
«...Lei non è Juliet.»
I ricordi con la ragazza dai capelli caramello riaffiorarono nella sua testa. La prima volta nel pub, il loro incontro, i loro baci, la sua risata. Oh, quella risata.
Ora non capiva come ha potuto paragonare una vecchia fiamma con Juliet.
«Bravo il coglione! Valle a dire a lei queste cose, emerito idiota!» Sbraitò sorridendo Dan, scattando in piedi.
Edward annuì, uscendo precipitosamente da quella casa.
Juliet. Lei l'unica da raggiungere. E sapeva benissimo dov'era andata.

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