8 - Hospital.

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«Mi raccomando. Ci vediamo presto.» La mamma di Juliet caricò i bagagli sul taxi.
«E sii felice. Con la persona alla quale tieni o terrai tanto, ovviamente.»
«Mi mancherai, maman.» Juliet abbracciò forte i suoi genitori. Non avevano fatto storie, per fortuna, sul fatto che avesse mollato Mark. E lui non si era fatto vivo.
Entrò nel taxi, sorridendo questa volta. La sua vita iniziava ora.

«Dio mio Ed! Filerà tutto liscio.» Dan rassicurava da due ore l'amico per quella cosa. L'aveva progettata con cura, nei minimi particolari. Doveva essere tutto perfetto.
«È solo che...»
La porta d'ingresso scricchiolò. Era lì, che stava aprendo la serratura!
Corse subito nel suo appartamento, spegnendo tutte le luci.
Juliet si guardò intorno smarrita.
«Heilà, c'è qualcuno?» Vide la serratura di Edward aperta. Lasciò le valigie al centro della hall.
«Edward... C'è qualcuno?» Nessuna risposta ancora. Entrò e trovò tutto buio.
Fece per accendere la luce ed udì:
«Bentornata.» Edward teneva un mazzo di rose rosse in mano. Nell'altra aveva una scatola, probabilmente di cioccolatini.
Indossava una camicia elegante con dei pantaloni molto fini e sofisticati.
«Oh cielo, Edward mi hai fatto spaventare!» La ragazza si mise una mano in testa ed andò verso l'amico. Lo abbracciò, odorando di nuovo il suo profumo. Prese poi il mazzo in mano. «Non era necessario.»
Le rose erano bellissime, sane e prive di foglie secche.
«Vorrei mangiare questi cioccolatini però.» Rispose il rosso, sorridendo.

Passarono una serata tra pizza e Coca-cola, guardando il film Titanic.
Edward non l'aveva mai visto, anche perché Leonardo DiCaprio gli faceva antipatia. Invece si era rivelato un bellissimo film.
«Ecco, ora viene la parte più straziante.» Annunciò Juliet, stringendo il cuscino che teneva in grembo.
Edward studiò bene i suoi particolari: i capelli castani che brillavano illuminati dalla luce della televisione, le labbra sottili e rosee, gli occhi marroni attenti ed emotivi.
Allungò il braccio dietro la sua testa. Lo aveva visto fare in un telefilm per "rimorchiare". Juliet però si girò e lo guardò stranita.
«C'era un cioccolatino.» Confabulò il ragazzo.

«Ancora non posso credere che Jack sia morto per salvare Rose. È stato un trauma.» Disse Juliet scuotendo la testa e fissando i titoli di coda.
«È questo il vero amore.» Le disse, fissandola. Lei si girò, sorridente.
«Tu l'hai mai provato il vero amore?»
Edward sobbalzò nell'animo. Che risposta darle?
«Penso di si.» Lei addolcì lo sguardo.
«Fortunata la ragazza.» Alzò le sopracciglia, per poi assumere uno sguardo triste.
«Davvero, ma lei non lo sa. Non sa che potrei dare tutto quello che possiedo per lei. Non sa che io la amo dal primo sguardo. Non sa che sono gelosissimo quando la vedo parlare con qualcuno. Non sa che Edward William Greenwalt la ama.»
Lui sorrise, e lei di conseguenza. Il suo sorriso era davvero contagioso.
«E perché non dirlo?»
Juliet chiuse le labbra, accarezzandosi i capelli.
Edward si avvicinò piano a lei. Chiuse gli occhi. Posò una mano sulla guancia del ragazzo. Lo abbracciò, per poi avvicinarsi anche lei. Poco, per cambiare i loro destini.

«Aprite, vi scongiuro!» Urlò fortissimo una voce maschile, bussando alla loro porta ripetutamente.
Edward aprì, trovando Dan disperato. Wanda era distesa a terra, con una scatola di cioccolatini sparsa per terra.
«Chiamate l'ambulanza!» Juliet corse verso il telefono, spaventata.
«Ospedale, sì, c'è una ragazza per terra... »

«Cos'è successo?» Chiese Edward. Dan non aveva proferito parola. Era scioccato.
«L'ho invitata ad uscire. Ma non avevo soldi, non sapevo che fare. Fuori dalla porta ho trovato una scatola di cioccolatini, indirizzata a te, Ed.»
«A me?» Il ragazzo era perplesso.
«Ne ha mangiato uno e poi...»
«Siete suoi amici?» Un dottore in camice bianco e con una folta barba bianca era davanti a loro, con una cartella in mano.
«Sì.» Risposero in coro, mentre il dottore li condusse in una stanza.
Wanda era dormiente, su quel letto troppo bianco. Aveva un macchinario per il battito cardiaco, che era costante. I ricci capelli rosa erano sudati e sparsi per il cuscino morbido.
«È stato un caso di avvelenamento subito da una sostanza che ha ingerito. Ne sapete qualcosa?» Disse il medico, serrando le labbra.
Dan abbassò lo sguardo. In fondo se non avesse preso quella scatola questo non sarebbe successo. Ma sarebbe stato avvelenato anche il suo amico, quindi non c'entrava nulla in quella faccenda.
«Non eravamo con lei in quel momento.» Rispose Juliet, la più abile nelle parole.
Tutto merito di un corso frequentato da dodicenne, e delle forme di cortesia a cui era sempre legata.
Il dottore alzò un sopracciglio, grattandosi il mento ricoperto di peli bianchi e grigiastri.
«Bene, fatele visita uno ad uno. È per la salute della paziente.»
«Entra prima tu, Dan.» Esortò Edward, vedendolo annuire ed entrare nella stanza.
Edward e Juliet erano rimasti dietro la finestrina, che anche se era oscurata dalle tapparelle, si poteva vedere benissimo tutto.
Dan era seduto sul lettino, e stringeva la mano della ragazza laccata di smalto nero.
Due profonde occhiaie erano comparse sulla sua pelle priva di imperfezioni.
Forse piangeva, ma Juliet non poteva biasimarlo. Poteva esserci benissimo Edward su quel letto, e sarebbe stata lei quella fragile ed impotente.
«Chi può averla inviata?» Juliet fissava la ragazza dormiente.
Edward si morse il labbro. Chi poteva volergli del male? Chi mai si sarebbe spinto a tanto?
«Non ne ho la più pallida idea. E sono spaventato.»
«Mi dispiace Edward.» Sussurrò aggrappandosi al colletto del giubbotto di lui.

Passarono la notte lì, Edward era seduto sulla poltroncina trovata libera e Juliet era appoggiata al suo petto.
Mugolando, Juliet si accorse della posizione e si svegliò. Il petto di Edward era molto comodo. Si accorse del freddo in quella stanza d'attesa, e si mise il cappotto che le aveva messo Edward come coperta. Era stato davvero gentile.
Mugolò anche lui. Si stiracchiò e grattò il capo.
«Giorno.» Disse, vedendo la ragazza in piedi. «Che ore sono?»
Juliet controllò l'orologio in fondo al corridoio.
«Le cinque e venti di mattina.»
«Ho fame. Ti va una cioccolata calda alle macchinette?»
«Sì, anche io ho un certo languorino.»
Andarono al piano di sotto, e dopo aver cercato per un bel pò, trovarono la macchinetta. Inserirono le monete e digitarono entrambi "HOTCHOCOLATE".
Due cioccolate fumanti uscirono, dunque tornarono in quel piano.
Dormiva anche Dan, appoggiato al tavolino vicino al letto, la mano in quella di Wanda.
«Sono carini insieme.» Sussurrò al rosso, volgendo lo sguardo verso loro.
«E ti posso assicurare che Dan non fa che parlare di lei. Ha fatto un tatuaggio, lo sai?»
«No, non lo sapevo. Cosa ha tatuato?»
«Una saetta, sul polso. Una saetta per simboleggiare la forza, l'essere determinati, soprattutto nelle scelte. Saetta per coraggio e per potere. Nessun simbolo è più azzeccato di questo per lui.»
«Penso di sì. Ecco, ora lo vedo.» Indicò il puntino sul polso.
«Se vuoi ti accompagno all'università.» Propose Edward, sorseggiando le ultime gocce della bevanda.
«Uhm, grazie, accetto. Ma devo prendere i libri, cambiarmi e...»
«Okay, andiamo ora, ho capito.»

La casa era terribilmente silenziosa e vuota.
«Fa un pò di impressione questo silenzio.» Sussurrò Edward. Ma perché stava sussurrando?
Juliet si chinò a prendere un cioccolatino. Era all'apparenza normalissimo.
«Ti sei fatto qualche nemico? Dovremmo denunciare ciò alla polizia.»
«No, sono sempre amichevole con tutti.»
«Bob?» Cercò di ricordare Juliet.
«No, lui non sa dove abito. Dev'essere qualcuno che lo sa.»
Juliet accarezzò il braccio del rosso, poi salì nel suo appartamento.
Uscì mezz'ora dopo, con una camicia quadrettata blu e dei jeans, ed una coda di cavallo bassa. Insieme a lei, una cartella di pelle marrone, la solita che portava all'università.
«È ancora presto. Sono solo le sei. Dove vuoi andare?» Propose Juliet.
Dove portarla? Mmm....
«Un'opzione è un laghetto in campagna, a venti minuti da qui se non incontriamo traffico.»
«Okay.»

Alle sei e mezza arrivarono lì. Era un posto tranquillo e selvatico.
«Sai, mi piace qui. Se non vado un giorno all'università non cambia niente, vero?»
«Wow, che disonore!» Scherzò, mentre lei gli diede un colpetto sull'avambraccio.
«Hai la tenda?» Domandò la ragazza, mentre Edward apriva il cofano dell'auto.
«Si, venivo spesso qui...» Enfatizzò lui.

Dopo aver montato la tenda, Juliet andò alla riva del lago. Prese un sassolino e cerco di farlo rimbalzare. Invano.
Ne prese un altro e ci riprovò. Niente, inabissato come il Titanic.
«Guarda, è questo il movimento.» Edward le prese il braccio ed una scossa percosse Juliet. Fece roteare il braccio. Insieme, il braccio guidato da quello di Edward, lanciò il sassolino. Rimbalzò cinque volte.
Ne prese un altro, seguito da Edward sempre. Infine il terzo da sola.
«Perfetto.» Mormorò Edward, vedendo la ragazza compiaciuta di aver imparato qualcosa di nuovo.
«Grazie.»

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