19 - Lost.

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«Hai più parlato con tua sorella?» Juliet stava leggendo a gambe incrociate un libro per l'università.
«Juliet, è tutto inutile. Vuole stare con quello, tra l'altro ha anche dei precedenti penali. Okay che anche io sto con una ragazza tutta tatuata e punk, ha un negozio di tatuaggi, ma non spaccia droga.» Sogghinghiò.
Juliet serrò le labbra, incapace di rispondergli.
«Dovresti parlarle tu, non puoi aspettare sempre un'occasione per vederla.» Consigliò la ragazza, totalmente distratta dalla vicenda di Amleto.
Dan guardò la ragazza mentre sistemava il libro tra la sua libreria.
«Tu dici? Non vorrei essere invadente nei suoi confronti.»
«Nessuno è invadente se offre un consiglio.» Rispose, dando una pacca sulla spalla dell'amico.

Quella stessa sera, due agenti della polizia interruppero nell'abitazione di Dan.
Avevano trovato Emily Lancaster svenuta nella sua camera, tra un mucchio di sacchetti pieni di granuli bianchi.
Aveva pianto disperatamente e "si era fatta".
A Dan cadde il mondo addosso.
«Dov'è ora?!» Ringhiò, sbattendo un pugno al muro.
«In ospedale. Purtroppo è entrata in coma.» Disse veramente dispiaciuto uno dei due agenti, quello col pizzino.
Wanda, visibilmente emotiva, stava per piangere.
Dan aveva le orecchie otturate, gli occhi iniettati di sangue e un istinto rabbioso ribolliva nelle vene.
«Abbiamo arrestato però lo spacciatore che offriva traffici di stupefacenti, lo stesso che ha dato quella cocaina a vostra sorella.» Disse l'altro agente, guardando quello col pizzino.
Dan non esitò un minuto: congedò gli agenti e si diresse a tutta velocità verso l'ospedale.

«Le condizioni sono gravi per enorme quantità ingerita.» Disse la dottoressa Brouch, appoggiando una mano sulla spalla di Dan.
«Me la faccia vedere, subito.» Spellì cautamente Dan. La dottoressa si rivolse con uno sguardo anche agli altri tre.
«Possono entrare solo i parenti più stretti. Scusate ragazzi, è per la salute della paziente.» Serrò la mascella.
Loro annuirono, mentre Edward consolava Juliet.
«Mia madre sta arrivando. È una donna bassina con capelli grigiastri ed occhi marroni, quasi neri. Porta sempre una borsa arancione.» Disse a Juliet, abbracciandola.
Non degnò nemmeno di uno sguardo la ragazza, invece.
Detto questo, si inoltrò nella stanza piena di tubi e che puzzava d'ospedale.
E sua sorella era lì. Immobile, con quel dannato tubo che le portava ossigeno ai suoi polmoni.
«Come ti sei ridotta così...» Bisbigliò arrabbiato, serrando i pugni.
Si sedette nella sedia blu vicina, e mise la mano nella sua.
«Di tante cazzate che potevi fare questa è la peggiore.» Disse malinconico.
Silenzio totale. Si sentiva solo il ticchettio della macchina per il battito cardiaco.
«Io lo facevo per proteggerti... Non dovevo andarmene di casa.» Disse tra le lacrime, scoppiando in un pianto fragoroso.
«Perché hai iniziato una guerra contro la quale è difficile vincere? Perché sei entrata in quel mondo?»
«Perché sorellina, non mi ascolti mai?» Disse tra i singhiozzi, baciandole la fronte sudata.
Era struggente vedere tutti quei tubi che finivano nella sua pelle olivastra, mentre i suoi capelli neri scivolavano lungo il cuscino.
Ha solo diciassette anni. Le accarezzò la testa, ma poi chiuse gli occhi sfinito.

La voce di sua madre lo riportò in sé. Erano passate due ore, probabilmente si era addormentato versando quelle lacrime amare.
«Daniel... Non ci vediamo da tempo.» Disse la donna tra i singhiozzi.
Insieme a lei, un uomo che conosceva bene: suo patrigno.
«Lui che ci fa qua?! Non è un parente, va via!» Urlò.
Il signore sgranò gli occhi, annuendo dolcemente ed uscendo fuori.
«Papà dov'è?» Chiese Dan alla madre.
«Ci sta per raggiungere. Era alla locanda quando gli è arrivata la notizia. Non doveva venire ubriaco.»
Giusto, ogni volta che vedeva quell'orribile verme del compagno, una scolatina di vodka se la dava.
Entrò la stessa dottoressa di prima.
Controllò che fosse tutto apposto, ma storse le labbra, controllando il polso ed il macchinario: il battito cardiaco aumentò.
Chiamarono l'equipe di medici, speranzosi di poter fare qualcosa.
Iniziò una notte travagliata.

«So che non è il momento adatto per dirtelo... Ma ti devo parlare.» Disse Juliet ad Edward, affacciandosi alla finestra.
La luce della luna e delle stelle illuminava ogni cosa. Persino i lampioni erano noiosi.
«Ho rifatto il test. Non sono incinta, l'ho fatto solamente male.» Disse malinconicamente Juliet, guardando il vitreo verde di Edward.
Lui rimase di stucco, ma doveva aspettarsi tutto.
Da un lato era contento, perché avrebbero avuto più tempo per progettare un bambino in futuro.
Dall'altro i progetti che aveva fatto per tre settimane ed i suoi sogni erano svaniti, anzi rimandati.
«Okay, tranquilla. Ora quello a chi dobbiamo pensare è il nostro futuro. Ma in questo momento dobbiamo aiutare i nostri amici.» Rispose il rosso, accarezzandole la guancia.
Un ticchettio frenetico e agitato di passi si udì nel corridoio. Era Wanda.
«Venite! Presto! Emily ha avuto una ricaduta!» Urlò tra i singhiozzi Wanda, scortando i due verso la stanza.

«Signora, deve uscire!» Ordinò il dottore, mentre la madre di Dan si opponeva categoricamente.
Dan era fermo, immobile. Le persone e le grida rimbombavano nella sua mente.
«Deve lasciare la stanza.» Disse scuotendolo un dottore, troppo lentamente.
Ah, già, era nella sua mente tutto quello. Solo un brutto sogno.
Mentre lasciava la stanza, udì una vocina, mentre il macchinario per la scossa del battito cardiaco veniva posato sul petto della ragazza.
«Scusatemi.» Disse sua sorella, e fu l'unica cosa che sentì dire, prima di essere cacciato via con la forza.

Dan si voleva buttare, voleva farla finita. Le immagini dei dottori in camice e del loro via vai era estenuante.
Ma, cosa più dolorosa, quella dannata notizia.
Emily Zoe Lancaster è morta il 14 dicembre alle 03:56.
La madre si inginocchiò, accasciandosi per terra. La sua bambina non c'era più.
Tutti rimasero sconvolti, piansero tutti, persino Edward. Ricordava alle medie quella piccola bambina che aspettava il fratellone uscire da scuola.
Ed ora non esisteva più.

Il suo corpo esanime fu posto in una bara bianca, minuta come lei.
Le pettinarono i capelli, le misero il vestito che aveva indossato al ballo di Capodanno. Uno dei suoi preferiti.
Tutti erano in lutto per la piccola Emily.
La dolce ed ingenua sorellina strappata via dalla vita.
«Perché Lui prende sempre le persone migliori?» Chiese a Juliet, appoggiando la testa sulla spalla minuta della ragazza, come quella di sua sorella. Lei si era dimostrata una vera amica.
«Se vai in un campo di fiori, quale raccogli per un mazzo?» Rispose triste Juliet, soffiandosi il naso.
«Allora il Creatore dovrebbe cambiare gusti. Mi hai straziato, lo sai?» Indicò il cielo, con gli occhi ancora rossi e gonfi per il pianto.
Edward poteva capire benissimo cosa si provava a veder morire un fratello. Anche se alla fine si è rivelato un bugiardo e tutta una messinscena, il dolore era lo stesso.
Anche Wanda era straziata. Dan non le rivolse neanche una parola, non sapendo il perchè.

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Il funerale fu uno come gli altri. I compagni di liceo di sua sorella, gli insegnanti, il direttore, il proprietario del centro di equitazione di cui lei faceva parte, gli amici, i parenti, gli zii.... C'erano tantissime persone al funerale.
C'erano le orchidee, il suo fiore preferito. Dan avrebbe voluto vederle al suo matrimonio, non in quell'ambiente scomodo e malinconico.
Persone che piangevano, tristi, la perdita precoce della ragazza con un sorriso smagliante.
Il padre di Dan era in disparte. Era scioccato, non c'era al momento della morte.
Avrebbe iniziato a bere di nuovo?
La messa fu solenne e rispettosa, e Dan non staccava lo sguardo dal ritratto di sua sorella.
Juliet non smetteva di piangere. Aveva visto una giovanissima ragazza, quasi sua coetanea, morire per una stupidata enorme. La droga può sembrare zucchero, ma alla fine ci sarà solo l'amaro sapore in bocca. Edward la consolò, capendo il suo disagio. Doveva essere la sua roccia, il suo punto di riferimento per la sua amata. Cosa avrebbe fatto se Juliet fosse stata al posto di Emily? A queste cose non doveva assolutamente pensare, però la paura di perdela era aumentata.
Le strinse la mano, accarezzandole i capelli. Le asciugò le lacrime, baciandole la testa. La sua Juliet.
«Edward, mi prometti che non litigheremo più?» Disse improvvisamente.
«Cercheremo di farlo, insieme. Ti amo piccola.»

Due giorni dopo Wanda non esitò. «Dan, ora chiariamo le cose.» disse autoritaria.
Lui annuì, trascinandola verso un giardinetto.
«Uno come te l'ha ammazzata.» Disse gelido il ragazzo, con gli occhi pieni di odio.
«Uno... come me?» Disse stordita.
«Un punk tatuato e spacciatore, che ascolta solo musica ad alto volume e rompe le scatole. Che farai ora tu? Indurrai anche me al suicidio?»
Wanda provò una fitta nel petto atroce.
Quindi lui la giudicava per il suo stile di vita? Non accettava ciò.
Lei non era come quel verme che stava con la sorella di Dan.
«Ora se mi vuoi scusare.» Disse Dan, superandola.
«Dan.... Dan.... Dan!» Urlò il suo nome, accasciandosi su un gradino.
«Io non sono così!» Urlò di nuovo, scoppiando a piangere.

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