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Quando Manuel scese dal treno in quel freddo pomeriggio di Dicembre, si guardò intorno e respirò a pieni polmoni. 'Finalmente a casa' pensò. Mancava da Roma da quattro anni ormai, tanti erano i conti che aveva lasciato in sospeso, tanti i rapporti chiusi dopo la sua decisione di andare a studiare dall'altra parte del mondo; altrettanti però erano i rapporti messi in stand-by, quelli che aspettavano solo il suo ritorno per poter ripartire da dove si erano fermati. 

Era partito quattro anni prima, alla fine del liceo, che era un adolescente confuso, pieno di paure e insicurezze, e tornava che era un uomo totalmente diverso, nuovo, un uomo che sapeva chi era, che non aveva paura di niente e senza dubbio che aveva avuto modo di acquisire in quegli anni molta più consapevolezza di sè.

Roma termini a quell'ora era piena di gente, quindi con non poca fatica si avviò verso l'uscita. Una volta fuori si strinse nella felpa e rabbrividì. Tirò fuori il cellulare dalla tasca destra e mise in bocca una sigaretta, ma non fece in tempo ad accenderla perché si sentì chiamare a gran voce. "Manuel, Manuel!!!" Si voltò in tempo per vedere il compagno della madre, Dante, che sventolava in alto la sua mano destra. Ripose la sigaretta in tasca, si avviò verso di lui trascinandosi la valigia dietro e si lasciò stringere in un caloroso abbraccio.

"Ciao Manuel, bentornato a casa" gli disse l'uomo, sciogliendo l'abbraccio e dandogli una pacca sulla spalla.

"Dante, grazie. Stavo giusto per chiamare la mamma. Lei dov'è?"

"Ci aspetta a casa per pranzo, stava finendo un lavoro e ha mandato me" spiegò Dante.

"Mh" si limitò a rispondere il giovane. "E c'è anche..?" osò chiedere.

Non fece nessun nome, ma Dante capì subito a chi si riferiva e annuì. Il ragazzo si rabbuiò. Si sentiva male per come si era comportato con lui. Se c'era una cosa che in quegli anni non era mai affievolito, era il senso di colpa che provava nei confronti della persona che gli aveva dato tutto il suo cuore, che lo aveva amato e che lui era stato capace solo di respingere e allontanare. Dante probabilmente si accorse del turbine di pensieri che stava investendo la testa di Manuel, così lo riportò alla realtà posandogli una mano sulla spalla. 

"Ehy, sono davvero contento che tu sia tornato. Tutti lo siamo" Gli sorrise. Il giovane non rispose, ricambiò con un sorriso tirato.

Il viaggio in macchina fu abbastanza silenzioso; nella testa di Manuel continuavano a frullare pensieri e iniziò ad immaginare possibili scenari sull'incontro con lui e, dall'altra parte, Dante preferì non dire nulla. Quando parcheggiò la macchina fuori da Villa Balestra, Manuel si guardò intorno e sorrise al pensiero di essere tornato, finalmente, a casa.

Anita, che lo stava aspettando in veranda, con uno scatto si alzò dal tavolo e corse verso di lui, per poi stringerlo in un abbraccio. "Manuel amore mio, finalmente" sciolse l'abbraccio e iniziò a ricoprirlo di baci su tutta la faccia. Il ragazzo rise, rise di gusto e se la scrollò di dosso. "Si mà, ciao anche a te, mi sei mancata anche tu si. Ora mollami però"

"Andiamo, il pranzo è quasi pronto" disse lei, incamminandosi verso casa con il figlio e il compagno.

Manuel continuava a guardarsi intorno; la casa era esattamente come la ricordava, tutto al solito posto. In quei 4 anni era tornato solo un paio di volte, per poco tempo, quindi era strano per lui essere tornato per restare.

In cucina lo accolse un invitante profumo di sugo fresco, notò il tavolino apparecchiato per quattro e si voltò verso i fornelli, dove la madre e Dante erano intenti a cucinare il ricco pranzo. "Lui dov'è?" chiese titubante.

"Ah, sei tornato davvero quindi" fu una quarta voce a parlare, appartenente alla persona che in quel momento occupava i pensieri del ragazzo. Una voce che lui conosceva bene, fin troppo bene. 

I tre si voltarono verso la porta e fu in quel momento che gli occhi marroni di Manuel incrociarono le due pozze scure del ragazzo che se ne stava appoggiato allo stipite della porta, a braccia conserte. Manuel si sorprese di quanto fosse cambiato; infatti, mentre con la madre, Dante e gli amici aveva fatto videochiamate e li aveva incontrati quelle poche volte che era rientrato, lui non lo aveva più rivisto dopo la sua partenza quattro anni prima. Ed infatti il suo cuore perse un battito.

D'altro canto, il ragazzo se ne stava ancora appoggiato alla porta, sguardo serio, neanche l'ombra di un sorriso sul suo volto. Infatti, la sua mascella era tesa. Nessuno dei due ragazzi disse niente, la tensione in quella cucina si poteva tagliare col coltello; così Dante decise di intervenire per smorzare. "Bene, Simone, il pranzo è quasi pronto, sei dei nostri, no?" Lo sguardo del ragazzo saettò dal riccio al padre, che lo guardava in attesa di una risposta. 

"A tavolo con questo?" indicò il ragazzo che ancora se ne stava in piedi senza muovere un muscolo. "Manco morto" concluse, poi si girò e uscì dalla cucina senza dare altra spiegazione.

In cucina calò il silenzio, spezzato dopo pochi secondi dal rumore della porta d'ingresso sbattuta con forza, segno che Simone era appena uscito.

Anita e Dante fissavano preoccupati Manuel in attesa di una sua reazione. Ma lui semplicemente guardò Dante e, con un sorriso rassegnato, disse solo "Mi sa che te sei sbagliato. Non sono proprio tutti contenti del mio ritorno. Me sa proprio di no." Non aspettò una risposta, si voltò ed uscì dalla cucina.

Sapeva che Simone aveva tutte le ragioni del mondo per avercela con lui, si era comportato da stronzo e sicuramente se lo meritava. Ma l'indifferenza nello sguardo di quello che un tempo era il suo migliore amico, gli aveva fatto comunque tanto male. 

What about us? | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora