[ 𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟗 ]

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Mancava poco meno di un'ora all'arrivo a Londra. I raggi del sole che attraversavano il vetro del finestrino svegliarono Ophelia, che senza neanche accorgersene si era addormentata. Sbadigliò distrattamente, stropicciandosi gli occhi. Avvertì qualcosa premuto contro l'orecchio, ma in un primo momento non ci fece neanche caso. Il sonno non l'aveva ancora abbandonata del tutto.

-Alla buon'ora, direi- disse una voce, a pochi centimetri dal suo orecchio.

Ophelia si drizzò a sedere, gli occhi improvvisamente completamente spalancati. Accanto a lei c'era Druig che la guardava divertito, sogghignando.

-Quando mi sono addormentata?- gli chiese, cercando di nascondere il rossore che improvvisamente era apparso sulle sue guance.

-Mi stavi leggendo il tuo libro, quello che tuo padre ti leggeva da bambina. Poi ti sei addormentata sulla mia spalla e hai lasciato cadere il libro, ma tranquilla l'ho ripreso. È nel tuo zaino-

La ragazza si sentì terribilmente in imbarazzo.

-Beh, ti informo che la tua spalla è un cuscino per niente comodo- commentò, tastando velocemente il suo zaino per accertarsi che il libro fosse davvero lì.

-Sai, non sembravi pensarla così mentre dormivi- rispose lui, incrociando le braccia al petto.

-Ragazzi, non vorrei interrompere il vostro litigio...- si intromise Kingo, che aveva sulla fronte una maschera per dormire rosa, sicuramente rubata da un cassetto in casa di Ophelia -ma non dovremmo quanto meno abbozzare un piano per quando arriveremo?-

-Oh sai, la signorina doveva farsi un riposino- disse Druig, meritandosi una spallata da parte della ragazza.

Ophelia si sporse verso lo zaino ed estrasse una delle tante mappe che si era portata. Non era mai stata a Londra, perciò ne aveva bisogno più di ogni altra cosa.

-Bene, dove pensate possa essere Ikaris?- chiese, dando la mappa a Druig, che poi la passò a Kingo.

-Vediamo un po' i quartieri più di periferia...- disse, iniziando a leggere uno ad uno i nomi sulla mappa.

Dopo qualche minuto poggiò con decisione il dito su un nome.

-Qui, a Camden. Mi sembra proprio un posto da Ikaris-

-Quindi un posto per grandi scemi?-

-Uno del genere, si-

-Perché odi Ikaris?- chiese Ophelia a Druig, non appena Kingo si risedette al suo posto.

-Io non lo odio- rispose lui, con la voce di un bambino che viene sgridato dalla madre -solo non mi sta molto simpatico, ecco-

-Oh, certo-

-Che c'è? Non mi credi?-

-Magari stai manipolando la mia mente per farmi credere ciò che vuoi tu-

-Oh credimi, non ci sarebbe bisogno del controllo mentale per farti credere e fare ciò che voglio io-

Che cosa mi diresti di fare? urlava di rispondere una parte del cervello di Ophelia. Ma lei deglutì rumorosamente, ingoiando quella frase e cancellandola dalla sua mente.

-Sei arrossita?- le chiese lui, avvicinandosi al suo volto facendo pressione sui gomiti poggiati sulle ginocchia.

Si, era arrossita.

-Sei tu che ci vedi male, Druig-

-Oh no, io ci vedo benissimo-

Restò a guardarla per un tempo che ad Ophelia sembrò infinito, anche se passarono appena cinque secondi. Somigliava ad un'aquila che osservava una lepre poco prima di planare su di lei e afferrarla con i suoi artigli.

-Sei tu quello che mi sta guardando, però- commentò alla fine, senza incrociare il suo sguardo. Sapeva che facendolo avrebbe potuto facilmente incantarla.

-Te l'ho detto, io amo gli umani. Sono degli esseri meravigliosi, perciò mi piace guardarli-

-C'è un uomo niente male davanti a noi, perché non guardi lui?-

-Perché devo ancora capirti, Ophelia. Non è mai stato così difficile comprendere un altro umano-

Ophelia non rispose, e Druig si allontanò pian piano da lei. Per il resto del viaggio rimasero in silenzio, Druig a giocherellare con un buco che si era formato nel suo jeans e Ophelia che cercava di rimanere concentrata su una formica sul pavimento che cercava di salire su un sedile accanto a lei.

Fu solo quando sentì la voce del comandante, che annunciava che finalmente potevano slacciare le cinture, che finalmente ritornò serena. Si era formata una tale tensione tra lei e Druig che poteva essere facilmente tagliata con un coltello. E non riusciva a capire perché.

-Vado a prenderti la valigia- furono le sue uniche parole, alle quali lei neanche rispose, sentendosene in colpa per venti buoni minuti.

Quando uscirono dall'aereo, un piacevole venticello li accolse, facendo svolazzare i capelli di Ophelia dietro di lei, come se fossero un mantello.

-Andiamo- disse, la voce ferma -abbiamo un quartiere malfamato da raggiungere-

❝ 𝐇𝐔𝐌𝐀𝐍 ❞ || 𝑫𝒓𝒖𝒊𝒈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora