Cap.7:

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Adrien:
Finita la scuola il mio primo pensiero fu quello di finire i compiti per poter andare a trovare Marinette, ma, tornando a casa, Natalie mi avvisó che mio padre non poteva presentarsi ad una intervista sulla mia prossima campagna pubblicitaria e che dovevo andarci io al posto suo.
Ero molto seccato dalla cosa e lei lo notò subito. Era la figura femminile più simile ad una madre che avessi avuto da quando mia madre se ne era andata e io le volevo bene come se fosse parte della famiglia. Mi poggió la mano sulla guancia con fare materno per darmi forza e io mi beai di quel piccolo gesto affettuoso.
Feci un sospiro e accennai ad una risposta di assenso con la testa e andai in camera mia.
Chiusa la porta e, buttata la borsa per terra, mi buttai a peso morto sul letto. Ero stanco di sentirmi così impotente di fronte a mio padre.
Plagg mi si avvicinò cautamente e mi guardò con area dispiaciuta.
P: "Come stai?"
A: "bene, meglio se inizio a fare i compiti" dissi rassegnato mentre mi tiravo di nuovo su.

Sfrecciai per i tetti parigini senza una meta precisa e mi fermai solo quando le mie gambe e i miei polmoni non riuscirono più a sopportare tanto sforzo.
In piedi su un comignolo di una casa sentivo il battito del mio cuore accelerato e il mio respiro irregolare.
Passarono i minuti e quei suoni tornarono costanti e regolari mentre la mia testa veniva invasa da pensieri.
Quello che mi attanagliava maggiormente era: "dove sarei andato ora?" Ma non era un pensiero che mi preoccupava anzi, tutt'altro, ero euforico dall'idea di essere libero dalla prigionia di mio padre.
Ero libero.
Feci un urlo di gioia e ricominciai a correre.
Non mi ero sentito così bene dalla prima volta che ero scappato dalla finestra di casa mia nei panni di Chat Noir. Era come se fossi tornato indietro di 2 anni e non avevo intenzione di tornare indietro.
Quante volte mio padre mi aveva rovinato i momenti in cui ero felice?
Bastava pensare a quello che aveva fatto una settimana prima, riportandomi indietro prima del previsto dalla gita di New York.
Mi stavo divertendo con i miei compagni di classe e l'unica cosa che desideravo era rimanere con loro. Ma ovviamente mio padre e le sue paranoie non intendevano lasciarmi lì e aveva optato per farmi tornare a Parigi in anticipo.
E questo ero solo un esempio, avevo 16 anni di episodi del genere da poter elencare per l'intero pomeriggio:
Il fatto che non mi ha permesso di andare a scuola finché non mi ero imposto con tutto me stesso, il non poter andare a casa di amici deliberatamente, il non poter festeggiare il mio compleanno con una festa.
Urlai.
Questa volta dalla frustrazione e non dalla gioia.
I parigini mi osservavano dalla strada preoccupati della mia crisi isterica e bisbigliavano tra di loro qualcosa.
Che parlino, loro non potrebbero mai capire.
Nessuno sarebbe mai riuscito a capire.
Ma, per quanto cercassi di pensarla così, sapevo che non era vero.
C'era una persona, una ragazza, che anche se non aveva una situazione come la mia a casa mi capiva, mi comprendeva e mi confortava. Marinette.
Desideravo che anche ladybug potesse fare lo stesso ma lei della mia vita privata non poteva sapere niente. Ordini suoi d'altronde.

Ero pieno di rabbia e frustrazione, irritabile al più minimo dei gesti.
Dovevo fare qualcosa, non potevo rimanere in questo stato a lungo o Papillon avrebbe potuto akumizzarmi e questo non avrebbe fatto altro che crearmi altri problemi.
Tentai di chiamare Ladybug ma era irraggiungibile.
Evidentemente non era trasformata. Non potevo raggiungerla, lei non poteva raggiungermi ed io mi sentivo sempre più in preda alle mie emozioni negative.
A queste si uní la paura di far soffrire gente innocente per la mia patetica situazione familiare e mi tornò in mente cosa avevo pensato prima: Marinette mi capiva e mi confortava.
Se c'era una persona che potesse aiutarmi, beh, quella era lei.

Iniziai a correre verso casa sua, sperando con tutto me stesso che fosse in camera sua perché non sapevo quanto ancora sarei riuscito a trattenere quelle emozioni.
Arrivato bussai ansioso alla botola sul terrazzo ma non mi rispose nessuno.
Ribussai con più foga e iniziai a chiamarla per nome.
C: "Marinette. Marinette sei qui? Mari. Marinette, ci sei?!"
All'ennesimo colpo sulla superficie quadrata sbucó una testa corvina piuttosto innervosita.
M: "Che c'è?! ero in bagno"
C: "Scusami, non volevo disturbarti ma ho un grosso problema e solo tu puoi aiutarmi"
Nel mentre entrammo dentro e ci sedemmo come nostro solito sul letto uno di fronte all'altro.
M: "perché io? Ladybug non può aiutarti?" Chiese preoccupata.
Feci cenno di no con la testa e dissi "crede sia meglio se noi due non conosciamo cosa ci succede quando non siamo Ladybug e Chat Noir"
M: "Ok ma non credo di essere la persona adatta, forse è meglio se"
Non le permisi di finire la frase.
C: "No, tu vai bene. Ti prego Mari"
Mi osservò pensierosa, i suoi occhi bellissimi si muovevano freneticamente in giro per la stanza come se cercasse di capire cosa fare.
Mi misi ad un palmo dal suo viso in modo che guardasse solamente me e dissi a bassa voce "Ho bisogno di te".
Fu colta di sorpresa dalle mie parole ma capiva dal mio sguardo che le pensavo sul serio e così si arrese.
M: "Di cosa hai bisogno?"
C: "Di tante cose, in verità.
Primo: qualcuno con cui sfogarmi e sono a conoscenza del tuo talento nell'ascoltare e confortare le persone.
Secondo: Di una casa"
Alla seconda esclamazione mi guardò allarmata.
M: "Cos'è successo?"
C: "Beh te lo spiegherò più tardi ma tu prima devi dirmi se saresti risposta a queste due mie richieste"
M: "Si certo, dovrai rimanere nascosto dalla vista dei miei genitori ma sei sempre il benvenuto qui, gattino"
Le sorrisi e mi allontanai dal suo viso per ritornare a come ero seduto prima.
C: "Grazie mari, sei fantastica"
M: "Piantala di farmi le fusa e raccontami cosa è successo"
C: "Si, ma sto morendo di fame quindi lo farò solamente davanti ad una vaschetta di gelato! Vado a prenderlo e torno"
M: "Ok. Allora prendi la fragola e la vaniglia, mi raccomando. Oh, anche il cioccolato. E IL PISTACCHIO"
C: "Mi vuoi mandare in banca rotta, principessa?!" Le dissi sorridendo mentre uscivo dalla botola.
"Ma piantala che di sicuro essendo un supereroe te lo offrono" mi rispose lei giocando.
Sorrisi nonostante non mi potesse vedere visto che avevo chiuso la botola e corsi tra i tetti parigini.
Marinette era un'amica fantastica e prima di adesso non ero mai riuscito a capirlo appieno.
Ora desideravo solo conoscerla meglio visto che nei panni di Adrien non ci ero riuscito.

Green In Blue Eyes (Marichat)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora