8 - Voce del verbo

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"Se sei importante
vieni da me."

- Simò, te giuro, me stai a rivoltà lo stomaco - il lamento di Matteo, a voce bassa perché in quel condominio si sente tutto fra un piano e l'altro, riecheggia nella stanza.

Simone sbuffa.
Si rigira da una buona mezz'ora fra le lenzuola condivise con l'amico.
Si sente fuori posto. Si sente il cuore palpitare oltre il petto, come se gli stesse suggerendo di alzarsi e correre dove, in realtà, vorrebbe stare.

- Scusami, non trovo una posizione comoda per dormire - si rigira, si pone a pancia in sù con le mani dietro la nuca, e spalanca gli occhi verso il soffitto mi, anche se al buio non riuscirebbe a scorgere neanche una crepa.

- Non è la posizione, Simò. È il letto, sò io, è questa casa. Te non ci vuoi stare qua - e a questo punto Matteo fa leva sulle braccia e si mette a sedere, allunga una mano ad accendere la piccola lampada sul suo comodino e si volta a guardare Simone.

- Ma non è questo, è che...
- È che non te ne dovevi venire qui, stasera, ma tornare a casa tua, a casa vostra. Vi ho visti parlare e... Io giuro, non ve capisco. Vi si legge in faccia che ve mancate a vicenda, ma piuttosto che abbassare le difese ve ostinate a continuare 'sta farsa.

Simone sorride al ricordo di quell'abbraccio, di quel contatto di un paio d'ore prima. Riesce a sentire ancora le mani aperte di Manuel sulla sua schiena, il suo fiato accaldato vicino al collo.

- Manuel ha bisogno di tempo e io glielo sto lasciando. Sto cercando di recuperare, poco per volta.
- E nel frattempo non dormi la notte, te rigiri cinquecento volte e accendi lo schermo del telefono ogni due secondi. Ma piuttosto chiamalo, fatte sentì. Diglielo che ti manca, urlaglielo, se necessario. Quelli come Manuel hanno bisogno de certezze, non bastano i bei gesti, te lo devi andà a prendere con tutta la sicurezza di cui sei capace.

Simone deglutisce. Non ha posato gli occhi in quelli di Matteo neanche una volta, per tutto il tempo del dibattito.
L'amico continua a osservarlo, con sguardo comprensivo ma al contempo pressante, a cercare di smuovere qualcosa nell'altro, una reazione istantanea.

E forse ci riesce.
Perché Simone, di botto, si mette a sedere. Recupera le ciabatte in prestito, che gli stanno anche un po' piccole, e infila il cellulare nella tasca dei pantaloncini.

- Dove vai? - chiede Matteo, osservando ogni movimento dell'altro ragazzo, ora in piedi.
- A prendere una boccata d'aria, ascoltare un po' di musica, riflettere. Non lo so, tanto di dormire non se ne parla. Tu però approfittane per addormentarti senza di me.
- Oh, Simo, me raccomando eh.

È una richiesta generale, quella di Matteo.
Sottintende non fà cazzate oppure rasserenati ed anche chiamalo, per favore.

Simone esce dalla camera, si chiude la porta alle spalle e accende la luce della sala. Si butta sul divano, si stiracchia per un secondo e tira fuori il cellulare dai pantaloncini, dove era stato riposto qualche secondo prima.

E allora compie il grave errore di aprire la chat di Manuel, non per scrivergli, ma per andare a rileggere dei vecchi messaggi.
Forse per trovare l'origine dei suoi errori, forse per attenuare un po' la mancanza.

Ma mentre sta prendendo consapevolezza di quel che ha sbagliato, soprattutto negli ultimi tempi, nei messaggi visualizzati e a cui non ha risposto su cosa volesse per cena, sul buongiorno inviato due volte e una no, sui ti amo sempre meno frequenti, il cuore un po' gli sale in gola.

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