Ti racconterò di quella volta in cui credevo che avrei lasciato perdere

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Era un giovedì d'agosto,
ebbene
piansi tutto il giorno.
Ogni cellula del mio corpo
decise di convincermi che fossi un mostro,
un folle che aveva solo
idee strane
e nemmeno un obiettivo.

Chiazze sul copri materasso rosso,
come gli occhi e le gote
per le ore a rigirarmi
dal dolore, urla mute e muscoli contratti.
Di tanto in tanto m'alzavo,
oppure strisciavo giù dal letto;
il pavimento freddo regala a volte
prospettive nuove.

Era maggio,
ero spavaldo
e dichiarai guerra all'universo.
Solamente non capivo,
che il nemico mio ero io.

È vero certo che il destino
non ama farsi calpestare facilmente
e allora ricorre a qualsiasi stratagemma,
perché ti perda e affoghi nella merda.
E così mi persi ancora,
perdendo tempo e anche la testa.

Era un giorno che non ricordo,
ma ricordo mi resi conto del mondo
nella sua interezza,
nella sua cattiveria e nella sua bellezza.
Ricordo di aver sentito un nodo
e voci in coro a denigrare il mio lavoro.

Ricordo di aver desiderato il bene altrui
e aver provato ad aiutarli.
Ricordo di essermi accorto
che ero il primo ad averne bisogno
e che avevo mille desideri egoisti.

Erano vite
lontane da qui,
in tempi diversi
e sicuramente avrò pensato
di lasciar perdere miliardi di volte.

A volte mi sembra
di parlare di cose che solo io so
e mi fa sentire tremendamente solo.

A volte mi viene la voglia di lasciar perdere,
ma ogni volta
il mio cuore grida: "Non lo farò!"

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