𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑜𝑙𝑜 𝑋𝐼- 𝐼𝑛𝑐𝑢𝑏𝑖

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Liviel aveva dunque segnato il suo destino, con la forza di quelle poche parole scambiate con Alaster, aveva decretato la sua imminente fine

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Liviel aveva dunque segnato il suo destino, con la forza di quelle poche parole scambiate con Alaster, aveva decretato la sua imminente fine.

Era bastato poco a Tristan, per far capitolare tutto ciò che sperava di costruire, negli abissi della sua mente. Per lui ormai c'era solo delusione e collera.

Due dei sentimenti più duri che potesse sperimentare nei confronti della sola creatura che aveva la facoltà di cambiarlo in meglio.

Nulla sarebbe stato più come prima. Lei aveva fatto un giuramento e solo il pensiero di quelle parole dette per sfregio lo avevano portato alla reale consapevolezza di non essersi allontanato molto dalla realtà di ciò che era e a chi apparteneva.

Aveva trasgredito alle regole, rimanendo anche solo ad ascoltare le parole di Alaster, ci aveva pensato a lungo prima di riporre lo specchio e forse, sapeva anche lui, che poteva aver preso in considerazione quel atto sconsiderato nei suoi confronti.

In fin dei conti agli occhi della sua Nim, lui era solo un altro demone da uccidere. Da fare a fette e lanciare in qualche fosso.

Adesso, col senno di poi, Tristan vedeva ogni cosa con l'occhio del dubbio.

Ci pensò su qualche istante prima di arrivare ad una conclusione. Nella sua mente vorticavano mille pensieri e non poteva pensare che fosse realmente così sciocca da pensare che non ci fosse qualcosa di sbagliato in tutto questo, non poteva essere la sua donna così ingenua da fidarsi di un padre che aveva di certo venduto l'ultimo gioiello del paradiso, oltretutto così sprovveduta da illudersi che non l'avrebbe mai scoperta.

Perché prima o poi sarebbe caduta in errore e lui questo già l'aveva preso in considerazione.

I dubbi lasciarono piano spazio alla figura imponente del padre di tutti i demoni.

Lo guardò e rassegnatosi all'evidenza di quel cambiamento pronunciò due semplici parole.

«Lo farò»

Chino rivolto verso la statua della madre di cui non aveva ricordo, si lasciò inondare dal calore vibrante di quella richiesta.

Il rammarico era scomparso.

La rabbia aveva preso il sopravvento sulle sue facoltà mentali. Lasciandogli solo la bile di disgusto fra il palato e la gola.

Il nero profondo dell'ira aveva un gusto ferroso fra i denti. Come sangue scorreva impetuoso dentro il suo corpo, lasciando ogni speranza davanti all'uscio di un giaciglio ormai caduto in rovina.

Due settimane era il tempo che gli rimaneva per stare con Liviel e farla capitolare, due sole settimane per provare a renderla schiava di quell'amore che ancora non comprendeva, che ancora non era pronta ad assaporare e di cui si era privata con un giuramento fasullo.

L'avrebbe portata alla morte, si era detto, avrebbe ceduto alle sue carezze e ai suoi baci vigorosi e con freddo gelido del suo umore si sarebbe lasciata cullare in un sonno eterno, degno del suo rango.

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