4- Quando rideva il mondo si colorava un po' di più.

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'Non mi piace il parere che Isabelle ha su di me, ho paura che questo possa influenzarti negativamente.' Affermò mentre gli preparavo dei pancake di avena, quella mattina volle farmi preparare la colazione al posto della domestica.
'Il mio amore per te è troppo grande, scalerei montagne per te. Non devi mai dubitarne.'
E poi iniziammo a mangiare quelli che erano forse i pancake più tristi della storia, ma preparati con tanto amore.
'Questi pancake sono un po' storti' Scoppiammo a ridere entrambi.
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Io ed Eric avevamo sempre amato la Francia; io purtroppo avevo pochi ricordi dato che il mio unico viaggio in Francia risaliva a quando avevo appena quattro anni, quando i nostri genitori aprirono una seconda sede centrale operativa lì, a Versailles. Ma guardavo le foto, mi documentavo, studiavo la lingua; sognavo una vita tutta francese. Eric invece ci era andato più spesso: suo padre si occupava molto più delle sedi dei negozi in Francia che di quelle qui in America. Fantasticavamo sempre su quanto avessimo voluto vivere in Francia e quindi costruirci una vita intera lì: comprare casa, gestire l'attività di famiglia, crescere un figlio tutto nostro.
Fu per questo che per il suo compleanno affittai un aereo per trascorrere una piccola vacanza lì; solo per vedere realizzato il nostro sogno, anche se in minima parte.
Peccato che il giorno del suo compleanno fu tutt'altro che una favola. La mattina procedette anche in maniera abbastanza lineare: mi presentai a casa sua, gli feci gli auguri e poi con una benda nera gli fasciai gli occhi.
'Dove andiamo?' Chiese ridendo.
Quant'era contagiosa la sua risata, quando rideva il mondo si colorava un po' di più; le fossette che gli si adattavano al volto lo rendevano ancora più bello di quanto già non lo fosse.
'Zitto ed entra in macchina' sorrisi.
Sussurrai all'autista il luogo in cui ci avrebbe dovuto portare.
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Gli tolsi la benda.
'Mi hai regalato un aereo!!' Disse saltellando dalla gioia.
'In realtà non proprio' iniziai a ridere; 'Ho affittato questo aereo con cui la settimana prossima andremo in Francia' Ero commosso, avevo gli occhi lucidi: ero così entusiasta di fare questo piccolo viaggio con lui.
'MA È STUPENDO!' Mi prese in braccio ed avvicinò le sue labbra alle mie per baciarmi.
'Dai entriamo: è già nostro.'
L'interno era fantastico: c'era una postazione per consolle da gioco, una postazione per lo champagne e dei sedili fatti interamente in velluto.
'Non sto più nella pelle, andiamo ora!'
'Dovremo aspettare, l'autista non era disponibile questa settimana. Ma vedi...quest'aereo è nostro adesso' Gli sussurrai all'orecchio.
Lui si sedette su un sedile e mi fece sedere sulle sue gambe rivolto verso di lui, per poi iniziare a spogliarmi lentamente. Avevo le mie braccia sul suo collo ed iniziai a strofinarmi su di lui. Il resto è immaginabile.
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Organizzò una festa quella sera, non troppo diversa da quella che aveva preparato per me. Mi sentivo particolarmente eccitato: mi avrebbe presentato ufficialmente alla squadra di basket. Indossai una canotta bianca aderente con abbinata una camicia a strisce bianche e nere e misi al collo la collana di perle che mi fu regalata dai miei genitori, mi piaceva davvero tanto.
Arrivai alla festa un po' in anticipo: ad accogliermi alla porta furono i suoi genitori che stavano per uscire; avrebbero passato i successivi due giorni fuori casa.
'Blake! Sei uno splendore, siamo veramente felici che Eric abbia scelto un ragazzo come te, non potrai fargli altro che bene.'
L'approvazione dei suoi genitori mi faceva sentire particolarmente bene: generava dentro di me un senso di soddisfazione molto gratificante. Abbracciai sua madre, Katherine, e strinsi la mano di suo padre, Daniel; per poi augurargli un buon viaggio.
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Quella festa fu distruttiva per me, ci volle un po' di tempo per riprendermi: ne uscii profondamente turbato e violato in quello che era il mio essere e la mia integrità morale; ma niente riuscì a scalfire ciò che provavo per Eric.
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Partendo dal presupposto che arrivarono tutti gli invitati: anche Jason e Lucy, con cui passai gran parte della serata. Ma mancava lei; la mia migliore amica, Isabelle. Chiesi spiegazioni ad Eric, ma tutto ciò che ne ricavai fu solamente un:' Non ho voluto invitarla, non mi piace.'; il che mi rese particolarmente contrariato, ma d'altronde a quel tempo non potevo fargliene una colpa: l'aveva praticamente sentita parlar male di lui. Le inviai un messaggio, ma non ci fu risposta: il giorno dopo ne seguì un'accesa discussione.
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Uno dei momenti più brutti di quel periodo lo ricorderò per sempre e accadde proprio quella sera.
Eravamo tutti un po' brilli, ma affermando ciò non voglio assolutamente giustificare l'accaduto.
Raccontarlo mi mette ancora a disagio; crea in me un senso di 'vergogna', ma in onore della cronaca, e dato che è un elemento cruciale, va raccontato.
Mi presentò ufficialmente ai suoi amici, ma aveva un secondo fine: Mentre eravamo al centro della pista, mi propose di provare un 'momento particolare' con un terzo; improvvisamente mi bloccai, non ballavo più e lo guardavo fisso negli occhi, come per chiedergli se stesse facendo sul serio.
'Ma dai, sarà divertente: è un'esperienza da provare' Affermò abbastanza convinto della sua teoria, che però non convinse me: provai ad oppormi, ma alla fine era il suo compleanno; chi ero io per impedirglielo?
Ancora peggio fu la scelta del terzo partner: Gonzalo Martín, che poi infatti si scoprì bisessuale.
'Non posso! Si sta frequentando con Isabelle!' Esclamai.
'Non più.' Affermò Gonzalo, che apparse all'improvviso; non dovevo credergli, non dovevo... ma mi lasciai trasportare.
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Ci recammo in camera di Eric: il mio cuore batteva all'impazzata, la mia ultima speranza si riponeva nel fatto che quel maledetto corridoio si allungasse ad ogni passo che facevo. Arrivati, chiudemmo la porta a chiave. Gonzalo mi prese con le sue possenti braccia, mi accompagnò verso il letto ed iniziò a spogliarmi, mentre Eric si manteneva, in una fase iniziale, un po' in disparte.
Non potevo credere che stava accadendo sul serio, e non posso crederci nemmeno tutt'ora: Eric era lì, mi vedeva tra le braccia di un altro uomo e gli piaceva, provava eccitazione.
Poi si avvicinò anche lui, mi sentii leggermente più rassicurato, ma intendiamoci: ero totalmente sotto pressione, imbarazzato ed impaurito.
E mentre 'godevamo' in un certo senso di quel momento, condito con baci e gemiti di piacere, ci fu una frase che Gonzalo Martín sussurrò, sopraffatto dal piacere, ad Eric che io sentii e che mi annullò completamente, mi fece sentire usato: proprio come si fa con un oggetto.
'Eric, fammi vedere quanto sei violento, proprio come nel video.'
Feci finta di nulla, ma al mio interno il cuore mi si gelò: da quanto tempo Eric e Gonzalo premeditavano questo momento? Quel video allora, perché era stato girato? Qual era la realtà dei fatti?
Fatto sta che ad un certo punto mi sentii il terzo soggetto incomodo; volevo solo andarmene e scappare via, non desideravo far altro se non piangere da qualche parte in solitaria. Mi chiedevo quando sarebbe finito; ormai non provavo più piacere o godimento, provavo solo ribrezzo, vergogna, inettitudine. Ero solo ridotto ad un corpo; un corpo che si muoveva, ma non ero più io a muoverlo, ma faceva ciò che gli altri due decidevano di fare e come comandarlo.
Loro erano totalmente presi dal momento, tra stridii e passione.
Scusate, devo passare avanti. Non posso continuare a raccontarlo.
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Quella sera mentii ad Eric: gli raccontai che era stato bellissimo, e che aveva ragione quando diceva che era un'esperienza da provare almeno una volta nella vita; ma gli dissi che sarei tornato a casa dato che avevo detto ai miei genitori che l'avrei fatto. Insistette sul farmi rimanere; ma non avrei potuto, non ne avevo la forza, dovevo tornare a casa. Posizionai le braccia attorno al suo collo e le labbra sulla sua bocca.
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Non dormii quella sera, passai tutta la notte semi nudo sul letto a pensare e a piangere a dirotto.
Semi nudo, proprio come lo era il mio cuore, la mia mente, l'anima.

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