Un muro tenebroso

101 4 7
                                    

《Josh》un sospiro spaventato si liberò velocemente dalle mie labbra, stroncando il silenzio della notte tarda, vicina all'alba, solleticata dalle russa dei mie compagni.
Spostai, con circospezione, i miei occhi in ogni angolo dell'ambiente. Percepivo ancora l'umidità del bosco, avvolta nel tepore delle coperte. Gli alberi si erano tramutati nei letti e nell'armadio, mai abbastanza spazioso, il cielo nelle mura.
Sentivo, ancora, la sua voce chiamare il mio nome.
Le mani, che stringevano le lenzuola, mi tremavano. I brividi passavano per le mie gambe, fino ad arrivare alla parte superiore del corpo.
Afferrai la sveglia, segnava le quattro e mezza circa, ma scelsi di alzarmi ugualmente.
Cambiandomi velocemente, andai in cucina, con il borsone già pronto, per la lezione di classico.

Con una piccola lucina, illumina lievemente la stanza, per non combinare disastri, causati dell'oscurità, già soggiornante in me.
Canticchiavo, sotto voce, canzoni allegre, distraendomi dai pensieri più profondi e remoti, per i quali sarei potuta presto impazzire.
Quella casetta, la lontananza da Milano, la sorta di protezione che sentivo nel programma mi rassicuravano, eppure, quel sogno aveva riportato a galla tutte le sensazioni di paura provate per mesi e mesi, a cui, ahimè, non potevo scappare per sempre.
Mi ci ritrovavo faccia a faccia, per il semplice motivo di non poterle più nasconderle, osservata ventiquattro ore su ventiquattro, da una miriade di persone. Qualcuno se ne sarebbe accorto, sicuramente, in fondo, il mio talento nella finzione era fittizio, uno scudo di carta, che sarebbe stato tagliato da chiunque, senza fatica alcuna.

Completai, in maniera regolare, la colazione, per non deludere, nuovamente, il maestro Montesso. Non me lo sarei potuta permettere.
L'orario, tuttavia, non mi permetteva, ancora, di recarmi a lezione.
Pertanto, spostai di un poco le sedie, affinché il bancone, da utilizzare come sbarra, fosse sgombro, in modo tale da poter usufruire di uno spazio "adeguato".
Eseguì dei semplici passi di riscaldamento, che, tuttavia, lasciavano sul mio corpo il sapore dell'amata danza classica, la cura a ogni male della mia vita, a ogni dolore, a ogni tristezza, nulla era insormontabile per quell'amore innato.
Desideravo riacquisire un po' di pace, un sorriso e conoscevo solo quel modo, così immediato e così duraturo.
I minuti passarono senza che ne prendessi coscienza, ballai la nuova variazione, quella di Balanchine.
Ecco, le variazioni Balanchine, oltre ad affascinarmi, come qualsiasi altro pezzo di repertorio, mi divertiva assai, rilasciando, tramite un insieme di passi perfetto, una scarica di positività e energia formidabile.
Come potevo trattenermi ballando una sua coreografia? Essa poteva non rischiare il cielo, riportando l'allegria delle stelle e la magia della luna? No, ovviamente, perché la danza è per me proprio questo.

《Non stai un po' esagerando?》riconobbi al volo quella voce. Una voce bellissima, con quell'accento e quella cadenza che avrei distinto tra un miliardo di altri. Essa è la seconda cosa al mondo che più mi fa star bene, anche nelle giornate più grige e piovose.
Come previsto, infatti, non riuscì a trannere un sorriso, che cercai di respingere, fino all'ultimo, prima di girarmi verso di lui.
Lo trovai immoto, a braccia conserte, con lo sguardo macchiato dal sonno.
Ripresi a ballare.
《Che bella risposta...》ironizzò Sangio, con la risatina più falsa mai da me udita.
Stetti zitta, continuando a muovermi nella coreografia.
Si avvicinò. 《Dai, Miriam, per favore, non fare la bambina》la sua mano sfiorò il mio polso, che, immediatamente allontanai. 《Puoi anche non parlarmi, se proprio mi vuoi tenere il muso, ma torna a dormire》questa volta, lo afferrò per bene, seppur con assoluta dolcezza.
Abbasai la testa docilmente, da un lato, perché ero abituata a reagire così, dall'altro, per evitare di scontrarmi con i suoi occhi, sotto ai quali non avrei retto e mi sarei lasciata trascinare da un vertiginoso pianto singhiozzante.
Inaspettatamente, li chiuse, diminuendo la distanza tra noi, rapendomi il fiato dalla gola, a mano a mano che il suo viso si avvicinava al mio. Pareva rivivere l'atmosfera, purché meni magica e dolce, di due giorni prima.
Provai a liberarmi dalla stretta, non che fosse complesso. Probabilmente, non ce la feci perché, in fin dei conti, il mio desiderio era quello di rimanere lì, ancorata a lui.
Mi resi conto di quanto stesse succedendo e del subbuglio nella mia testa, quando percepii la danza improvvisata dalle labbra di Sangio, sulle mie, rese parteci, seppur immobili, che si lasciavano massaggiare dalle sue insistenti e dannatamente supplicanti.
Il piacere venne presto accostato dalla paura. Una paura che si fece strada veloce veloce. La sua figura si paragonò, in un istante macabro, alla figura di Josh.
Avrei voluto cedere alla sua bocca, abbandonandomi completamente a quella sensazione ardente, alle fiamme che bruciavano il mio cuore, ma la tempesta, in cui il cervello era bloccato, ebbe la meglio.
Approfittai della sua attenzione sul bacio e liberai davvero il mio polso, scansandolo.
Corsi verso il borsone, che afferrai senza nemmeno fermarmi, e uscì dalla casetta, fiondandomi agli studi, per la pre-lezione di classico con Montesso, seppur con qualche minuto di anticipo.

Dammi due ali per volare🦋 ~ Sangiovanni Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora