capitolo XI

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Monica's POV

Non avevo mai avuto dubbi riguardo al mio nuovo lavoro.
Sapevo fosse quello giusto per me, così come sapevo che se non avessi accettato l'avrei rimpianto per tutta la vita.

Continuavo a non rimpiangere la mia scelta, ma mi sentivo terribilmente sola, in uno stupido appartamento vicino a quella che chiamavo casa.

Vorrei scrivere ad Izan, vorrei chiamarlo, ma sembrerei ossessionata, o disperata.
Disperata lo sono, ma non a tal punto da arrivare a infastidirlo.

Mi vesto in fretta prima di uscire: avrei passato un pomeriggio fuori con una mia amica, Lucia.

Lo shopping era fuori discussione, per me che vivo con la valigia pronta, ma l'avrei accompagnata a fare un po' di compere per la sua nuova casa.
Da lì a poco si sarebbe sposata, e già viveva con il ragazzo che sarebbe diventato suo marito.

Ci incontriamo al grande centro commerciale dove siamo sempre andate: prima da H&M a quattordici anni, poi nel bar / pub pieno di alcolici a venti ed ora al negozio per la casa.

Non vedevo Lucia da quasi tre mesi. Quando ci vediamo, mi corre incontro con le braccia spalancate.

Ci abbracciamo. Mi era mancato il suo profumo agrumato. È radiosa, felice, i capelli tirati indietro in una treccia.

Insieme, parliamo di tutto ciò che ci passa per la mente, riprendendo la conversazione da dove si era interrotta l'ultima volta.

Dopo aver comprato salviette e lenzuola, sgabelli e posate, Lucia si sofferma a guardare una carrozzina, dandomi le spalle. È malinconica.
È graziosa, di un vivace giallo pastello.

«Un giorno sarai madre anche tu. E io zia!»

Le dico per rallegrarla. Era capitato più volte, anni addietro, che parlassimo di famiglia.
Non ha mai avuto un buon rapporto con i suoi genitori, e più volte mi aveva confessato di voler essere la madre che non aveva mai avuto.

«Un giorno, tra otto mesi. Sono incinta!»

Si gira verso di me, e sorride dandomi la lieta notizia.
Noto una luce nei suoi occhi che non avevo mai visto, se non il giorno in cui aveva accattato di sposarsi.
Era felicità, quella vera.

«È meraviglioso!»

Avrei moltissime domande da farle, ma è ancora troppo presto per avere le risposte.
Piuttosto, spalanco le braccia e aspetto che mi getti le braccia al collo.

È bello saperla felice.

Izan's POV

Tornare a casa è sempre strano.
Vedere i vecchi amici, la città in cui si è cresciuti, con i vecchietti allegri che si complimentano con te per la gara, dicendoti di ricordarsi di te quando ancora non parlavi nemmeno.

Questa volta però è diverso.

Starò a casa di Aitor per un po', con i miei nipotini, Virginia e Leo.
Casa mia è grande e vuota, e a volte non me la sento di tornarci.
Come sempre, Nadia – la moglie di Aitor – è cordiale e accomodante, mentre i due bambini sono esagitati.

«Com'è andato il viaggio?»

«Bene, grazie Nadia. Qui come và?»

La risposta di mia cognata viene sovrastata dai due bambini che mi corrono incontro gridando, come sempre, per salutarmi.

Li abbraccio forte, e loro mi invitano a vedere la loro nuova cameretta.
Accetto, ma chiedo loro di avere un po' di pazienza.
Prima, voglio sistemarmi.

Vorrei chiamare Monica, o almeno scriverle un messaggio, ma non voglio infastidirla.

A cena, mangiamo insieme, i bambini più sereni.
L'unico modo per farli stare calmi, d'altronde, è dare loro da mangiare qualcosa che apprezzano.

Nadia è molto più paziente di Aitor con loro, che più di una volta è "scoppiato", sgridandoli anche per poco.

È capitato anche parecchie volte che Aitor e Nadia avessero litigate furenti per la gestione dei gemelli.
Lei credeva che andassero trattati con pazienza e calma, mentre Aitor spesso riteneva necessario rimetterli in riga con una strigliata.

Così continuava a succedere, e così sta succedendo anche ora.
Ero distratto, e non so dire cosa possa essere successo. Quello che so è che Virginia, la più agitata dei due, si sta beccando una sonora sgridata per qualcosa che ha fatto, naturalmente dal padre.

Naturalmente Nadia cerca di calmarlo, finendo però per alzare la voce.

Ad un tratto si alza, infuriata, dicendo ai bambini di andare in camera.
Probabilmente capendo la precarietà della situazione, i gemelli eseguono gli ordini della madre, scappando così in fretta da dare l'impressione di non toccare nemmeno terra.

«Fai quello che vuoi, per qualsiasi cosa riguardi solo te. Per quanto riguarda invece i nostri figli, e sottolineo nostri, non ti azzardare ad urlare loro addosso in quel modo.»

Il tono di Nadia era stato definitivo. Come c'era da aspettarsi, se ne va senza aggiungere altro.

La prima volta che avevo assistito ad una simile sfuriata, mi ero preoccupato moltissimo.
Adesso però, non mi spaventavo più: si sarebbero riappacificati in meno di un giorno, come sempre. Si amavano troppo.

Tornato in camera, me ne vado a letto, in silenzio.
In un attimo, cado in un sonno profondo e senza sogni.

Monica's POV

Una stanza di albergo non mi è mai sembrata così vuota e spoglia come ora, dopo una cena con la mia migliore amica.

Ora che ho un lavoro, l'incognita sul mio futuro riguarda i figli e la famiglia.
Certo, non è il caso di preoccuparsene ancora, eppure vedere Lucia incinta e ad un passo dal matrimonio mi ha fatto riflettere.

Andavamo a scuola insieme al liceo, abbiamo la stessa età, abbiamo entrambe un lavoro stabile, eppure le nostre vite sono così diverse.

Non so se effettivamente il mio lavoro possa definirsi "stabile", così mobile com'è, eppure mi chiedo se effettivamente avrò mai una famiglia.

In realtà, non dovrei pensarci. Se deve succedere, succederà. Se non deve succedere, non succederà, e non credo sia poi tanto male.

Dopotutto, un figlio mi distruggerebbe la carriera.

Al Momento Giusto | Izan Guevara Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora