capitolo XXVII

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Izan's POV

La gara dell'Argentina è stata una delusione, per quanto sia riuscito a "portare a casa" tredici punti, ma la gara di Austin è stata una assoluta soddisfazione.

Me la sono giocata, mi sono divertito, ho faticato ma soprattutto sono salito sul gradino più alto del podio.

Nel motorhome, mi asciugo i capelli con una salvietta dallo spumante, mi cambio e mi do una rinfrescata.

Monica ha già organizzato uno splendido pomeriggio per festeggiare: io, lei, Dani, Pedro, Ricky e la sua ragazza andremo al bowling e poi in un fast food per uno sgarro.
Sarà bellissimo.

Mi metto una camicia a maniche corte bianca, in lino, e un paio di jeans.
Lo stile così curato è in contrasto con i capelli spettinati e le sneakers, ma non ci do troppo peso.

Scendo le scale del mio motorhome, raggiungo Monica e le do un bacio veloce sulle labbra.

«Mi riaccompagni in hotel, così posso cambiarmi? Non voglio passare la serata con la maglietta del team.»

Annuisco, e ci avviamo verso l'uscita. È ancora relativamente presto, ma il sole è già basso sull'orizzonte e riempie la città di luce dorata.

Se c'è una cosa che rimpiango delle categorie minori è la possibilità di andarmene subito dopo l'intervista, senza dover rimanere per ore a rispondere alle domande della TV spagnola, di quella inglese e di quella italiana.

In macchina, un SUV preso a noleggio, mi scrollo di dosso la stanchezza e metto in moto.

Mi sento euforico, felice, soddisfatto.
Monica abbassa i finestrini e alza il volume della radio, che trasmette una canzone allegra.

Non conosco le parole, mentre lei sembra saperle tutte a memoria e canta allegramente.
Amo la sua voce.

L'albergo dove alloggiamo - finalmente nella stessa stanza dopo troppi GP durante i quali non ha voluto - non dista molto dal circuito, ma cerco di fare durare il viaggio più di quanto serva vagando per strade sconosciute.

Quando arriviamo della stanchezza non resta che un lontano ricordo, sento solo l'ebbrezza della vittoria e la gioia che mi ha trasmesso Monica, che salta giù dal SUV in fretta e corre in camera.

Scendo anch'io dall'auto, ma senza fretta. Cammino con calma respirando l'aria calda e secca di Austin.

Mi siedo su un divanetto nella hall e aspetto che arrivi.

Quando esce dall'ascensore quasi non sembra lei: un filo di trucco, una camicia rossa, pantaloni bianchi e tacchi.

Più la guardo più mi stupisce. È bellissima.

Mi alzo, le sorrido e le porgo il braccio, come se stessimo andando ad un ballo.

Non riesco a smettere di guardarla, anche se devo guidare e quindi prestare attenzione alla strada.

C'è ancora il sole, ma ormai è basso e sta pian piano sparendo.
Il parcheggio del bowling è pieno, ma non dobbiamo vagare molto prima di trovare un posto.

Scendiamo dall'auto e Monica per poco non cade dai tacchi.
Ridacchio e lei mi guarda male, ma comunque sorridendo.

Ci avviamo verso l'entrata, e accanto alla porta troviamo Öncü.

É al telefono e sembra parecchio preoccupato, quasi arrabbiato, ma é difficile dirlo quando non capisco cosa dice.

Riattacca con un gesto stizzito, poi Monica si avvicina e lo saluta, mentre io rimango in disparte.

Al Momento Giusto | Izan Guevara Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora