capitolo XIII

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Izan's POV

Qualunque cosa mi abbiano messo in vena, serve. Non sento più dolore.

Dopo la medicazione iniziale alla clinica mobile, mi hanno trasferito all'ospedale.
Monica è rimasta con me.

Con il calare della sera, è tornata in albergo a cambiarsi. Ha detto che sarebbe tornata.
Quando sarà di nuovo qui, le chiederò di restare.
Ho bisogno di qualcuno qui.

Non la giudicherò, in caso decidesse di tornare. Fa caldo, l'ospedale è deprimente e l'Indonesia è terribilmente lontana da tutto quello che è stata la sua vita fino ad oggi.

Qualcuno bussa alla porta. È Monica.

«Rieccomi. Ho chiesto un letto, così potrò restare, se per te va bene.»

Le avevo già detto che avrei voluto restasse per la notte, ma non importa. Mi piace la sua paranoia.
Annuisco.

«Mi chiedevo se per te andasse bene restare ancora un po' in Indonesia. Non vorrei sembrarti un tipo da pregiudizi, ma non mi piace qui. È così... Distante. Da tutto.»

Sorride, come se avessi appena dato voce ai suoi pensieri.

«Rimango volentieri. Non ho niente di urgente a cui tornare.»

A volte mi chiedo che rapporti abbia con la sua famiglia. Aveva nominato una volta suo fratello, ma per il resto non aveva mai parlato di casa.

Una giovane infermiera bussa alla porta.
Parla un pessimo inglese, e io capisco ben poco, mentre lei annuisce mentre la ascolta attentamente.

Poco dopo, quando l'infermiera se ne va, si volta verso di me e si getta su una poltroncina in un angolo.

«Sono arrivati altri pazienti, quindi non possono più darmi un letto per la notte.»

Si ferma, non dice altro. Mi aspettavo dicesse di dover tornare in albergo, ma credo lo lasci sottinteso.

L'argomento rimane sospeso, mentre parliamo di tanto altro, dagli animali domestici ai film.

Il telefono le trilla, e lei lo controlla con gli occhi che brillano.

«Stamattina ho mandato di nuovo il mio romanzo ad una casa editrice. È arrivata la risposta.»

Trattengo il fiato, così come lei.
Il bruciore alle gambe ritorna, ma quasi non lo sento. Ho solo ansia, ansia per lei.

Sorride, mentre clicca sullo schermo aprendo il messaggio.
Chiude gli occhi, poi li riapre e legge.
Lentamente, il suo sorriso si spegne.
Sul suo viso, compare un'espressione rassegnata.

«Niente da fare, non ancora. Riproverò, tra un po'.»

Un po' mi sento di voler reagire, e un po' voglio rallegrarla.

«Non è giusto! È perfetto, cosa cercano?»

Ride, ma è un riso un po' amaro, anche se un po' è divertita dalla mia ignoranza nel campo.

«Qualcosa di diverso, evidentemente. Prima o poi troverò la soluzione, vedrai. Un giorno sarò una scrittrice.»

Nei suoi occhi si accende un piccolo barlume di speranza.

Monica's POV

La sera sta calando, ed io sono sempre più indecisa sul da farsi.

Dovrei tornare in albergo per la notte, o restare? Posso dormire sulla poltroncina, è abbastanza comoda.

Izan comincia a stringere i denti.
L'antidolorifico deve essere finito, o quasi, e il bruciore immagino stia tornando a farsi sentire.

Mi alzo, e mi siedo accanto a lui sul letto.
So benissimo che non potrà ricevere antidolorifici per un po'.

Mi prende la mano e stringe forte. Vorrei poterlo aiutare.

«Rimani stanotte, per favore. Ho bisogno di te.»

Sorrido. Penso abbia perso la sua lucidità, a causa del dolore e dei farmaci. Ora, sono semplici emozioni passeggere a dargli voce.

«Non avevo intenzione di andare via, tranquillo.»

Mi sdraio accanto a lui. Sento il suo respiro affannoso, sento il dolore e la tensione.

Mi stringo al suo fianco, e lui sembra calmarsi.
Non sentivo più il caldo, solo il battito del suo cuore.

Non dovrei, ma lo stress che ho accumulato mi grava addosso e poco dopo mi addormento.

Izan's POV

Non mi aspettavo si sarebbe sdraiata con me, ma lo speravo.
Ora che dorme, la posso osservare senza sembrare un maniaco.

Vorrei sussurarle all'orecchio cosa pensi di lei, cosa provo per lei, ma ho paura che si svegli.
Le accarezzo i capelli con la mano sinistra, libera dalle flebo.

La notte in ospedale è buia e silenziosa.
Ho avuto fortuna ad ottenere una camera solo per me, senza altri pazienti. È raro che accada.

È un sollievo che non abbia potuto avere un letto per se, così può stare qui con me.

La conosco da due settimane, di cui solo sei giorni sono stati passati insieme.
Eppure la sento così vicina.

Il dolore comincia a calare lentamente. Forse il corpo si sta abituando, forse è solo un'impressione data dalla stanchezza.

Le baciò la fronte, la tiro più vicina e, poco dopo, mi addormento, con il suo profumo dolce a riempire lo spazio intorno a me.

Al Momento Giusto | Izan Guevara Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora