Chapter 5: Ashton

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-Ashton, cosa facciamo?- balbetta Obsidian alzandosi in punta di piedi; i suoi occhi sono spalancati verso qualcosa, perciò seguo il suo sguardo e intravedo una piccola luce rossa che brilla a intermittenza. Decido di avvicinarmi, goffamente e lentamente a causa dell'acqua che si sta alzando sotto di noi; la luce è una lampadina posata su una scrivania quasi impossibile da notare, la quale si sta pian piano rovinando per l'acqua. Deglutisco rumorosamente quando noto un post-it attaccato alla lampadina; vi è scritto qualcosa, così lo prendo in mano e leggo le piccole parole in corsivo: Collaborazione.
All'improvviso un forte dolore alla testa avanza nel mio cervello, facendomi gemere e chiudere gli occhi della sua intensità.
Una miriade di immagini e flashback inondano la mia mente: io a tre anni che rifiuto l'aiuto di mio padre per guidare la bicicletta, io adolescente che scelgo di svolgere il compito di geografia senza alcun compagno, io che esco di casa e buco la ruota della macchina, ma non chiamo il carroattrezzi.
Io, io e sempre solo io: la consapevolezza della mia vita solitaria, i miei ricordi da ragazzo indipendente, la diffidenza nei confronti degli altri si fanno spazio nei miei improvvisi flashback, e qualcosa in me mi ripete che non sono solo e non ho la capacità di risolvere tutto, ma l'unico modo è affidarmi a qualcuno e avere fiducia.
-Ashton, rispondimi- la voce della ragazza mi fa riaprire gli occhi, affondando lo sguardo nel suo mare tempestoso.
-Dobbiamo trovare una soluzione. Insieme.- pronuncio sovrappensiero, per poi prenderle la mano e trascinarla presso il muro.
-Che fai?- chiede confusa.
-Deve esserci una sorta di passaggio nascosto. Se il Palazzo contiene le nostre più grandi paure, non dobbiamo farci prendere dal panico- spiego, ma rimangio le mie parole quando noto l'acqua all'altezza del mio ginocchio, la capacità di un mostro della natura, quindi velocizzo i miei movimenti e cerco con le mani una porta nel muro.
-Dammi una mano- mi lamento con un'ottava in più rispetto al solito.
-Non dirmi cosa devo fare- ribatte lasciando la mia mano e facendomi voltare verso di lei con la bocca schiusa, come se il calore della sua pelle fosse diventata per me una sorta di sicurezza.
Lei sbuffa, ma fa come ho detto e posa le sue candide mani sul muro freddo e sporco.
Passano i secondi, posso sentire i rintocchi di un orologio immaginario che mi stodisce i timpani.
O forse è il battito del mio cuore.
Sta di fatto che l'ansia sale quanto l'acqua, e con disgusto scopro che quest'ultima è sporca e puzzolente.
-Dio che schifo- si lagna Obsidian mentre, come me, passa a rassegna l'intera parete.
Ogni volta che percepiamo delle crepe, sorridiamo dalla gioia e dal sollievo, le quali si mutano in disperazione per il fallimento.
-Ashton-
-Che c'è?- chiedo continuando a controllare la terza parete.
-Magari non è nelle pareti la risposta- balbetta fermandosi.
-Che stai dicendo.. è per forza nelle pareti. Ora continua- sbraito nervoso, pentendomi subito dopo del mio comportamento.
Lei scuote la testa, tornando al suo lavoro e non aprendo più bocca.
L'acqua ci arriva alla vita, e dopo aver controllato la quarta parete mi prendo la testa tra le mani e lancio un urlo di disperazione.
-Ho controllato e nel pavimento non c'è alcun.. tappo- sussurra Obsidian, la quale mi osserva attentamente.
-Chi ti ha detto di controllare il pavimento?-
-Io-
-Avevo det..-
-Lo so cosa hai detto ma- smette di parlare quando l'acqua raggiunge il torace e lentamente ci alziamo dal terreno.
-Potremo salire dal tunnel dal quale siamo scesi.- ipotizzo. -Possiamo galleggiare mentre l'acqua ci riporta in superficie-
Lei sbatte più volte le palpebre, per poi nuotare verso il tunnel.
-È troppo piccolo, può salire solo una persona- afferma alzando lo sguardo verso la superficie.
-Vai allora- do voce ai miei pensieri, percependo in ritardo le mie stesse parole.
-Non ti sacrificherai per me..- mormora Obsidian avvicinandosi affannosamente.
-Riesci a rimanere a galla?- chiedo preoccupato.
-Sì- asserisce, ma il suo viso è stanco e sembra così fragile e debole.
-Circonda il mio collo- dico mettendomi davanti a lei.
-C-cosa?- i suoi occhi azzurri si spalancano, ma dopo qualche tentennamento mi ascolta e mi avvolge il collo con le braccia, appoggiando il mento sulla mia spalla e soffiando sulla mia pelle fredda.
-Non voglio morire- sussurra.
-Nemmeno io-
E nonostante tutto, sulle mie labbra appare un sorriso.
Lentamente prendiamo coscenza del nostro destino, che questi sono gli ultimi attimi della nostra vita, fino a quando sento la testa di Obsidian alzarsi di scatto e il suo corpo arrigidirsi contro il mio.
-Ash, guarda!- mi volto insieme a lei, seguendo il suo sguardo e notando una sorta di tombino alla nostra sinistra, sul soffitto.
Nuotiamo insieme verso l'apertura, la quale spingo con forza verso l'alto e si stacca con insistenza.
-Sali- prendo Obsidian per la vita, spingendola su e risalendo anche io.
L'acqua sotto di noi smette di salire e, al contrario, scende di colpo e il tombino si richiude velocemente.
-Che diavolo è successo?- domanda Obsidian fissando l'acqua ormai scomparsa.
La fisso per un istante, non ascoltando la sua domanda e immaginando cosa sarebbe successo se lei non si fosse accorta dell'apertura.

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