Dopo che ebbi asciugato per bene ogni lacrima tornai a casa. Tornai da Mal. Il mio Mal.
«Che stai facendo?» notai che sul tavolo della sala da pranzo aveva sistemato una borsa, all'interno c'erano funi, trappole e altri oggetti utili alla caccia.«Domani mattina parto per una battuta di caccia, te lo avevo detto. Non te lo ricordi?» mi posò un veloce bacio sulla fronte. Ricalarsi nei panni di Tracciatore lo metteva sempre di buon umore.
«Oh sì, giusto.» risposi atona. Ero così egoista da poter permettere a me stessa di abbandonarlo per un giorno, ma quando lo faceva lui con me non ero altrettanto permissiva. Anche se non glielo dicevo, sapevo che avrei patito la sua mancanza.
La mattina dopo lui partì presto, io rimasi a rigirarmi nel letto fino a metà mattinata. Potevo sentire gli schiamazzi degli orfani giocare nel prato dietro casa.Preparai il pranzo, poi la cena, cercando di intrattenermi in qualche modo. Fare qualcosa che occupasse la mia mente, ma ero distratta. Tanto distratta che un piatto mi scivolò dalle mani infrangendosi a terra. Non ero mai stata una campionessa di accortezza e infatti finì con il tagliarmi.
«Signora Inga, sta bene?» aveva chiesto Aryna, una delle bambine. Ormai, dopo anni avevo imparato a girarmi anche quando mi chiamavano Inga. Alina era un nome pericoloso, inoltre i miei capelli bianchi nascosti sotto i vari fazzoletti destavano i loro sospetti. Ma nessuno aveva mai sospettato troppo.
«Tutto bene Aryan, vado a sciacquarmi le mani» una punta di sangue sgorgava dal palmo.
«Inizia pure a sistemare la tavola e fa di non essere sbadata quanto me, d'accordo?» la bambina annuì.
Arrivai ad una delle tinozze del bagno e vi infilai la mano, inavvertitamente sollevai lo sguardo verso lo specchio. Avevo imparato ad evitarli da anni, c'era qualcosa nel mio riflesso che non sopportavo. Eppure, invece di distogliere subito lo sguardo mi avvicinai. Nemmeno una ruga segnava il mio volto, anche se qualche segno del tempo c'era era appena percettibile. Troppo poco per essere naturale. Lo stomaco mi si ritorse, forse... provai ad evocare una pallina di luce. Niente. Allora riprovai. Ma ancora niente. Tornai a guardarmi nello specchio, mi trovavo così strana. Sembravo ancora più giovane di Genya o Zoya e loro sì che avevano l'invecchiamento rallentato per via dei loro poteri Grisha.
"Mia Alina. Mia Evocaluce." ricordai le parole dell'Oscuro. Quella stessa notte, tornai da lui.
«Aleksander!» lo chiamai. Lui comparì da dietro all'albero appena un secondo più tardi, bello e austero nella sua kefta nera.
«Mi piace come suona il mio nome detto da te. Ma mi piace ancora di più quando mi chiami prima del tempo.»
«Non sto invecchiando.» tagliai corto, aspettando di scorgere sul suo viso perfetto e nelle sue iridi color quarzo una nota di sorpresa. Ma lui sembrava tutt'altro che sorpreso.
«Non è vero che non stai invecchiando.» fece una breve pausa, sfruttando il momento per avvicinarsi.
«Solo non al ritmo in cui credevi.»
«Che significa?» domandai, mi resi poi conto che stavo tremando. Invecchiare lentamente significava... che presto o tardi sarei stata sola. Di nuovo.
«Alina, sei un'allieva così brillante. Eppure, a volte sei talmente cieca.» scosse la testa, come se lo stessi esasperando in qualche modo.
«Troppo spesso ti poni le domande sbagliate.» il suo tono era serio, grave. Mi scrutava fisso negli occhi, io sentivo le gambe cedermi.«Questi non sono solo sogni, non è vero?» deglutì. Avevo ripreso a tremare.
«Finalmente una domanda giusta, qual è secondo te la risposta, mh?» aveva sollevato un sopracciglio, attendendo una mia risposta. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare. Non poteva essere, lui era morto. Io lo avevo ucciso, quegli incontri altro non erano che il frutto del mio rimorso per non essere riuscita a salvarlo.
«Rispondi a una domanda.» si fece serio in volto e si avvicinò.
«Ogni volta che vuoi sognare qualcuno o qualcosa, ci riesci?»
«Io... no.» deglutì.
«Eppure, ogni anno torni qui e sai che addormentandoti mi vedrai. Stasera sei tornata, hai preteso di vedermi e io sono qui. Davanti a te.» mi sfiorò la guancia «Posso toccarti.» mi passò il pollice sulle labbra e io rabbrividì.
«Potrei baciarti, anche se tu non lo volessi. Sai cosa vuol dire?»
«Chi dice che non lo voglia?» mi tradì. Sentì il calore avvamparmi alle guance. Era così reale, così dannatamente reale.
«Non è questo il punto. Per anni hai cercato di convincerti questi nostri incontri fossero solo frutto della tua immaginazione.» era diventato serio.
«Allo stesso modo in cui in passato per tua comodità hai deciso di fare di me il tuo nemico, Alina.»
«Tu... tu...»
«Cosa? Ho fatto tante cose orribili? Niente che non facesse parte di un disegno molto più grande.»
«Io non avrei potuto salvarti. Non ne sarei stata capace nemmeno in un migliaio di anni»
«Ne sei sicura?»Esitai.
«Alina» le sue mani scivolarono sulle mie guance, era così vicino che potevo percepire il suo respiro confondersi col mio.
«Il mondo ha bisogno tanto della luce quanto dell'oscurità. Sono cose che vanno di pari passo. Giorno e notte. Vita e morte. Un ciclo che non si spezza mai.» fissavo le sue iridi grigie, mi ci ero persa tante di quelle volte da averne perso il conto. Forse, stavo cominciando a capire.
«Dove sei?» chiesi.
«Proprio qui»
«No Aleksander, dove sei davvero?» allora lui sorrise. Comprese che avevo capito che lui non era solo lì.
«A suo tempo, mia Alina.» e poi posò le sue labbra sulle mie. Senza avere il tempo di rispondere, lui mi spinse indietro e mi destai dal sogno.
«Aleksander!» urlai.
"So cose del potere che tu puoi solo provare a immaginare" un flebile sussurrò, ma distinsi la sua voce. Nemmeno provai a convincermi di essermelo immaginato, sapevo che non era vero.
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A suo tempo
FanfictionFanfiction coppia Darkalina. Ambientata dopo la conclusione del terzo libro "Rovina e Ascesa", prende spunto dall'intera trilogia e da "The Demon of the Wood". Ci sono legami che semplicemente non possono essere distrutti, che lo si voglia oppure n...