13 | ᴍᴀᴇᴠᴇ

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Seduta nella mia sconfortevole cella, guardo Alaska che cerca di trovare una posizione vagamente comoda sul lettino. Io ormai per stasera ci ho rinunciato, e me ne sto qua seduta ad ascoltare le lamentele delle carcerate nelle altre celle. Ho la schiena a pezzi, ma mi rifiuto categoricamente di appoggiare la schiena su queste schifose pareti. Probabilmente non vengono pulite da... boh, penso mai?

Quasi una settimana fa c'è stato il processo, e non è andato bene. Il nostro DNA era su molte scene del crimine, e non c'era modo di scamparla. Né io né Alaska abbiamo provato a difenderci. Che cosa avremmo potuto dire, poi? «Guardi signor giudice, c'è un errore. Noi non abbiamo ucciso queste persone, il nostro DNA era in quei posti perché ci hanno incastrate. Li vede quei due manzi presi dalla macelleria? Ci hanno fregato, proprio come stanno fregando voi. Siamo innocenti. Beh, per questi omicidi, almeno.»

Chi ci avrebbe mai creduto? Si trattava della nostra parola contro la loro, due poliziotti molto rispettati. Esito? Siamo risultate colpevoli, ovviamente. E ci hanno dato l'ergastolo. A entrambe. Hanno deciso di mandarci in due carceri di massima sicurezza, in due Stati differenti, a vita. Verremo trasferite domani, e in questi giorni siamo state nella stessa cella solo perché il giudice ha avuto pietà per noi.

Non vedrò mai più Alaska. Moriremo sole, in una triste cella, dopo un'infinità di tempo.

Cavolo, qualcuno dovrebbe avvisare Larry Flynt e dirgli che non potremo più fare le stripper da lui. Mi viene da piangere al solo pensiero.

«E così questa è l'ultima notte.» Alaska ha rinunciato a mettersi comoda e imita la mia posizione.

«Già...» Negli altri giorni non ne abbiamo parlato molto. Abbiamo cercato di goderci ogni momento insieme, sapendo che erano gli ultimi.

Ad Alaska sfugge una lacrima. Lei è sempre stata quella sensibile. «Maeve, mi mancherai... Cavolo, viviamo insieme da anni, e adesso non ti vedrò più tutti i giorni per, beh, il resto della mia vita.»

Apro le braccia, invitandola a raggiungermi. «Vieni qua.»

Alaska viene sulla mia branda e mi abbraccia. Rimaniamo in silenzio mentre si sdraia e appoggia la testa sulle mie gambe. Le accarezzo distrattamente i capelli mentre fisso il vuoto.

«Cavolo, potresti piangere almeno adesso. Sei senza cuore.» Alaska mi guarda male.

Sorrido, nonostante la situazione. «Perché dovrei piangere? Sai da quanto cercavo di sbarazzarmi di te? Finalmente ci sono riuscita.»

Alaska mi dà un pizzicotto sulla gamba, e io sussulto per il dolore. «Ma vedi che sei una stronza.» Ma mentre lo dice ride. Preferisco siano così i nostri ultimi istanti.

Mentre Alaska sta facendo un discorso su come potremmo fuggire dalla prigione grazie a una serie che abbiamo visto, ovvero Prison Break, la nostra cella viene aperta. Due guardie vengono e ci ammanettano.

«Che cavolo sta succedendo?» Alaska è nel panico.

«Verrete trasferite stasera. Il blindato è qua fuori.»

Non riesco a dire o fare nulla, se non guardare Alaska. Lei ricambia il mio sguardo, e per la prima volta da quando faccio questo lavoro ho paura. Paura per il mio futuro, paura perché non la rivedrò più.

Veniamo portate fuori, e ci fanno salire sul blindato. Una volta che le porte vengono chiuse, guardo Alaska, confusa. «Uno solo? Ma non dovevamo essere mandate in due posti diversi?»

La mia amica alza le spalle, confusa quanto me. «E dovevamo avere una scorta.»

Dopo quella che ci sembra un'eternità, il furgone si ferma. Le porte vengono aperte e le guardie di prima ci portano fuori. Ero convinta di vedere davanti a me un altro carcere, ma quello che vedo non è altro che campi. Siamo nel nulla, e sulla strada ci siamo solo noi e un suv nero. La portiera del guidatore del suv si apre, e scende una donna. Si avvicina a noi mentre le guardie ci tolgono le manette. Quando la donna arriva davanti a noi e si toglie occhiali e cappello, la riconosco.

Le manette stanno bene a tutti - Soprattutto quelle col pelo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora