8

53 3 2
                                    

Quella sera Giorgio mi aveva riaccompagnato a casa. Era stata una serata fantastica, ma come al solito a rovinarla arrivarono i miei genitori.
Erano le 22:00 inoltrate, e quando aprii la porta, li trovai per l'ennesima volta litigare. Non volevo sapere nemmeno qual era l'ennesimo stupido motivo del litigio.
Sbuffai e chiusi la porta. Restai a guardarli con aria schifata e stranamente, si fermarono a guardarmi.
«Tesoro, sei a casa» tergiversò mia madre.
Io scossi la testa e me ne andai in camera.

Ero cosi schifata da loro, da mio padre, dalle loro litigate, da mia madre, dai loro modi di fare, il modo in cui facevano finta di nulla. Odiavo tutto di loro.
Chiusi la porta a chiave, e appoggiai la schiena sulla porta, facendola scorrere per accasciarmi a terra.
Da piccola coprivo le urla mettendo la testa sotto il cuscino, ora non c'era modo di scappare perchè ne ero abituata. Nulla faceva più male.

Mi alzai e mi tolsi la tuta, lasciandola sulla sedia di legno

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Mi alzai e mi tolsi la tuta, lasciandola sulla sedia di legno. Restai in intimo e con una felpa nera che era la mia preferita.
Mi sdraiai sul mio letto tra le coperte calde. Congiunsi le mani e le appoggiai sulle mani e permasi qualche minuto a fissare il soffitto.
La luce fioca del lampioni della strada, illuminava debolmente la mia camera. Qualche istante più tardi, mi alzai mettendomi a gambe incrociate, allungai il busto e dal cassetto più basso del comodino estrassi il mio diario e una penna.
La sera amavo scrivere le mie giornate e le emozioni provate; a volte mi serviva per monitorare le emozioni e per gestire la rabbia.
Ma mentre scrivevo, con la musica di sottofondo, sentii due colpi lievi ma non capivo da dove provenissero.
Mi guardai attorno, e vidi una figura incappucciata alla mia finestra e per poco ci lasciavo le penne.
Mi accorsi che era Giorgio, che sorrideva come un bambino e muoveva la mano per salutarmi.
Come ci era arrivato?
La mia finestra dava su un sentiero, dato che la mia camera si trovava sul retro della casa, e presentava uno spiazzato, ovvero il portico al piano di sotto.
Quindi, quando mia annoiavo, mi piaceva sedermi li e osservare.
Scoppiai a ridere e aprii la finestra, facendogli cenno di entrare. Con un salto, si sedette sul letto evitando di sporcare il letto con le scarpe.
«Che ci fai qui?» sussurrai.
«Sono venuto a trovarti» sorrise, abbassando il cappuccio. Mi portai un dito sulle labbra per indicargli di parlare piano; se i miei si fossero accorti di lui, mi avrebbero fatto passare l'intera vita a casa.

memorie di due sconfitti / mostroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora