08 ∙ I maghi sono daltonici e accidenti ai procioni

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Stranamente Nico non oppose troppa resistenza al suo trasporto clandestino per mano del figlio di Apollo. O meglio, se fulminare con lo sguardo Will ogni volta che sbatteva le palpebre e minacciarlo di torture indicibili in questa e in quest'altra vita erano da considerarsi «opporre resistenza» allora sì, la oppose eccome. Ma, in fondo, sarebbe stato più strano se non avesse detto nulla. Era già tanto che non gli avesse mozzato nessun arto, si diceva.

«Ricordami perché sei ancora così vivo e così integro, Will» disse a tal proposito Nico nel percorrere l'ultimo corridoio che li separava dall'infermeria. C'era da dire che l'unica nota positiva di quella situazione che vedeva il figlio di Ade legato come un salame erano stati, infatti, proprio i corridoi quasi deserti data la tarda ora: non avevano incontrato nessuno, cosa che aveva reso entrambi i ragazzi internamente grati.

Anche se, in quel momento, la bellezza di quel minimo di privacy e fortuna che avevano avuto non riuscì a confortare poi tanto il biondo. L'unico pensiero che riusciva a formulare era, infatti, qualcosa del tipo: Oh, santo Apollo, mi ha letto nella mente. Potevo starmene zitto e non suggerire?.

Tutto a un tratto Will non si sentiva così sicuro nel suo ruolo di principe azzurro stereotipato, e forse parte del suo improvviso disagio era dovuto anche al fatto che l'assenza di persone e testimoni rendeva a Nico il compito di occultare un eventuale cadavere fin troppo semplice.

Malgrado ciò, dimostrando una leggerezza che stava iniziando ad estinguersi, il Guaritore sorrise: «Mangio tanta frutta e verdura».

«Ah-ah» grugnì Nico. «Intendevo perché non ti ho ancora fatto uccidere da degli scheletri.»

L'avevo intuito, pensò Will, ma non lo disse ad alta voce. Piuttosto, rispose un molto enigmatico: «Fascino naturale dei figli di Apollo, suppongo» mentre con un piede spingeva l'anta a lui più vicina della porta che conduceva all'infermeria.

Questa era un'ampia sala dalla forma rettangolare, ben curata e pulita, che durante il giorno probabilmente veniva illuminata dal Sole grazie alle vetrate posizionate nella parte più alta delle pareti e alle varie finestre. Come struttura poteva somigliare alla Sala Grande, con la differenza che era molto più piccola e non c'era alcun cielo stellato o plumbeo a decorare il soffitto, solo travi in legno chiaro. Lungo le ampie pareti vi erano dei letti, alcuni più appartati e altri forniti di baldacchino per amor di privacy, ma tutti dai materassi particolarmente invitanti e coperte candide in lino. Tutti i letti, poi, erano affiancati da piccoli comodini forniti di lampade ad olio regolabili. Infine, una porta in quel momento chiusa in fondo alla stanza conduceva – a rigore di logica – allo stanzino riservato al personale infermieristico, dove venivano conservati anche la maggior parte dei farmaci.

Will non si perse troppo ad osservare quel posto nuovo, malgrado fosse rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare che l'odore di disinfettante non era troppo invadente e che veniva accompagnato da un tenue profumo di lavanda, e si affrettò a portare e posizionare il suo piccolo e parecchio scocciato paziente su un lettino.

Nico, che per tutto il tragitto era sempre stato attento a non muovere le gambe di sua spontanea volontà – perché infatti aveva capito che le corde attorno alle sue caviglie si stringevano ulteriormente solo se era lui a tentare di liberarsi – quando venne scaricato (o gettato, qual dir si voglia) sul materasso inaspettatamente soffice, perse l'equilibrio e cadde di schiena tra le lenzuola con uno sbuffo sorpreso.

Nel vederlo così impacciato mentre tentava invano di rimettersi seduto senza alcun appoggio stabile, il figlio di Apollo, che lo guardava, non poté fare a meno di ripensare a quando, subito dopo la battaglia finale contro Gea, Nico era stato costretto a passare tre giorni in infermeria dopo svariate minacce e simili. Allora, ricordò Will, l'unico commento che aveva fatto il corvino non appena entrato nella cabina allestita come ospedale era stato: «Ma perché le lenzuola devono sempre essere bianche?».

L'ANIMA NON MUORE ─ crossover hp!hooDove le storie prendono vita. Scoprilo ora