Parte 5

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Dopo giorni in cui Ade si svegliava in mezzo alla natura, il dio degli inferi realizzò che quel tripudio di colori non gli dava più tanto fastidio.

I primi giorni era stato quasi doloroso. Era passato davvero molto tempo dall’ultima volta che aveva messo piede fuori dagli inferi, dove tutto era oscurità, paura, morte.

Ora però si svegliava osservando l'erba, appoggiava le mani su di essa per mettersi a sedere sentendosi riposato, e i rumori della natura gli davano il buongiorno. Non era un modo così sgradevole di svegliarsi.

Come ogni mattina si alzò da terra, ripulendo da essa il suo chitone e peggiorando come sempre la situazione perché umido a causa della rugiada, poi si mosse lentamente, camminando a piedi nudi sull’erba e percorrendo il limitare della sua gabbia. 

Camminò in silenzio, ascoltando i cinguettii degli uccellini all’esterno e scrutando le rose come a cercare in loro un punto debole, e quando tornò al punto di partenza si diresse verso l'altalena. Non si sarebbe azzardato a definirla "divertente", ma gli piaceva sedersi su di essa e dondolare mentre i pensieri e i ricordi gli attraversavano la mente. Lo rilassava.

Rimase forse mezz'ora ad ascoltare il cinguettio degli uccellini, poi udì il suono di una forbice. Si voltò verso destra, cercando l'origine.

Ed ecco Persefone, proprio fuori dalla sua prigione, a spuntare le rose che costituivano le sue sbarre. Rimase un momento a guardarla, rapito dalla sua bellezza come la prima volta che l'aveva vista.

Da ciò che poteva vedere da quella distanza, aveva raccolto i capelli in una coda e indossava un peplo bianco che era sporco di terra al livello delle ginocchia. Non pareva curarsene, e a lui la cosa piaceva. Anche così era davvero bella, e Ade si ritrovò a pensare che avrebbe dovuto andarne fiera. Essere così bella naturalmente era un dono che dubitava nemmeno Afrodite stessa possedesse.

Ad un certo punto vide i suoi occhi azzurri sollevarsi dalle rose e puntare proprio lui, poi vide comparire sul suo volto il suo solito sorriso radioso. «Buongiorno, Ade. Dormito bene?»

Lui rimase a guardarla per un momento interminabile e solo alla fine fece un breve cenno affermativo.

La osservò inginocchiarsi a terra per sistemare dei rami morti e Ade, istintivamente, si alzò dall'altalena, si diresse verso di lei e si sedette a terra accanto a lei, lasciando solo le rose a dividerli.

Era così che si sistemavano quando lei veniva a trovarlo, due o tre volte al giorno. Le aveva chiesto di tenergli compagnia e lei lo aveva fatto, e finalmente quella prigionia gli era parsa davvero diversa rispetto a quella negli inferi. Lì, almeno, aveva qualcuno con cui parlare, sebbene fosse la stessa persona che lo aveva rinchiuso. 

Per un momento Persefone continuò a tagliare le rose e lui la osservò in silenzio, poi lei decise di parlare. «Sai una cosa? Quando ti ho portato qui, ero curiosa di vedere se fossi come i tuoi fratelli. Volevo vedere se il fratello di Zeus e Poseidone fosse come loro. Non lo sei, però. Rispetto a loro che fanno tanto i gradassi, tu sei una persona davvero piacevole. Ah, mi dispiace che hai dovuto chiedermi tu di farti compagnia… sapevo che eri una persona sola, avrei dovuto pensarci io per prima.»

Gli occhi neri di Ade puntarono quelli azzurri. «Io non sono come i miei fratelli, nel bene e nel male.» disse, ignorando la seconda affermazione. Sarebbe stato inutile mentire dicendo che non era vero.

Ade riflettè poi su ciò che aveva appena detto sui suoi fratelli. Lui non giocava con gli umani come i suoi fratelli. Non aveva mille amanti come loro. Non aveva nemmeno potuto scegliere su cosa governare, al contrario di loro, e sapeva che nonostante ciò tutti provavano ribrezzo nei suoi confronti. Ribrezzo, inquietudine, ma soprattutto paura. Zeus e Poseidone con i loro temporali e le loro tempeste potevano fare paura, ma lui raccoglieva le ombre degli individui arrivate alla fine. Lui era una certezza.

Immaginava fosse per questo che faceva tanta paura agli altri dei, al punto da invitarli a tenersi alla larga da lui. Temevano potesse riguardare anche loro, prima o poi.

«I tuoi fratelli sentono di poter fare tutto ciò che vogliono. Loro possono indossare una maschera per le varie occasioni. Tu no, tu sei, come dire… vero.» disse Persefone, infilando una mano attraverso le rose e allungandosi finché non appoggiò la mano sul suo braccio. «È una qualità che ai miei occhi ti rende meraviglioso.»

«Non c’è nulla di meraviglioso nella morte.» replicò lui, gli occhi puntati sulla sua mano.

«Ciò che muore diventa cenere, ed è dalle ceneri di qualcosa di morto che nasce la vita. Tutto questo che vedi, tutti gli uccellini che cantano, tutti i fiori profumati, tutti i colori, esistono solo perché c’è stata una o più morti a permettere loro di nascere.»

Persefone gli prese il braccio e si tirò indietro, facendo scorrere la mano sul suo avambraccio finché non riuscì a stringerli la mano. A confronto, la sua mano sembrava quella di un malato, molto più chiara della sua. Aveva anche preso un po' di colore in quei giorni, ma la differenza era abissale.

«Vorrei tenerti qui per sempre.» disse massaggiandogli il dorso della mano con il pollice.

«Non credo tu possa. Prima o poi dovrai farmi uscire. Sono il dio della morte, del resto. Mi verranno a cercare.» disse Ade. Non era molto sicuro di quest’ultima frase, in verità: se fosse scomparso un olimpo, chiunque lo avrebbe notato, ma lui? Forse se ne sarebbero accorti dalle lamentele e dalle preghiere degli uomini.

Per un istante si chiese cosa fosse successo in quei giorni di assenza. Forse non voleva saperlo.

Riportò lo sguardo su Persefone e la vide sorridere. Era un sorriso gentile, ma la frase che disse fece quasi venire la pelle d’oca anche al dio dei morti in persona.

«Dovrò farti uscire, dici? Beh, questo lo vedremo.»

Lasciò andare la sua mano, riportandola dall’altra parte della gabbia, poi si alzò da terra. Gli rivolse un radioso sorriso, poi si girò e se ne andò, lasciando Ade di nuovo solo.

Girasoli || Ade e PersefoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora