Extra: Luce

246 12 0
                                    

Ade era disteso su una coperta posta sull’erba, gli occhi chiusi contro la luce intensa del sole.

Persefone era sdraiata accanto a lui, anche se forse dire “addosso” sarebbe stato più appropriato: aveva la testa appoggiata sul suo braccio sinistro disteso e gli aveva stretto la mano con la sua, aveva l’intero corpo premuto contro il suo, e aveva intrecciato la gamba sinistra del dio con le proprie.

Non era scomodo, al massimo sentiva caldo per via del sole e del corpo della dea contro il suo, ma soffiava un venticello piacevole che mitigava la calura.

Era in pace con sé stesso. Rilassato. Con lei accanto si sentiva completo, persino ad essere di nuovo nella gabbia di rose.

Non si era sentito particolarmente infastidito la prima volta che Persefone gli aveva chiesto se potevano trascorrere il loro tempo insieme lì dentro, con i cancelli d’entrata chiusi. I suoi poteri da dio della morte soffocavano naturalmente la vita, ma lì dentro non poteva distruggere nulla. Era impotente.

Lui aveva accettato. La mera idea di essere responsabile della morte delle sue piante gli dava dispiacere; Persefone aveva dovuto creare un sentiero di pietra solo per permettergli di girare senza uccidere ogni cosa al suo passaggio. A lei la cosa non dava fastidio, ma a lui sì, e così la dea aveva assecondato la sua richiesta.

Così ogni giorno stavano nella gabbia, a volte chiacchierando, giocando, ridendo, altre volte anche senza aprire bocca per tutto il giorno, godendo soltanto della compagnia reciproca.

Quel giorno però il dio della morte aveva una domanda sulla punta della lingua. Una curiosità, un quesito che non aveva mai pensato di porre alla dea che teneva tra le braccia fino a quel momento.

Alla fine trovò la voce per porlo.

«Persefone?» chiese piano.

«Sì?» rispose lei con tono allegro. Le piaceva quando la chiamava per nome, e lui lo faceva spesso anche solo per vederla sorridere una volta di più.

«Come mai hai cambiato il tuo nome in Persefone?»

La dea non rispose. Non percepì il brivido freddo dovuto all’aver detto una parola di troppo, così aggiunse: «Me l’ha detto Ermes, ogni tanto gli piace raccontare pettegolezzi anche a me. Ha detto che è ormai da parecchio che ti fai chiamare così, ma non è… non è il nome che ti ha dato tua madre.»

La sentì lasciare la presa sulla sua mano e girare la testa sul suo braccio, così Ade alzò la mano libera per schermarsi gli occhi dal sole e poterli quindi aprire.

Si era girata verso di lui e Ade la osservò, restando incantato come ogni volta dalle gemme azzurre che costituivano i suoi occhi. Spostò poi lo sguardo poi sulla sua bocca, che era incurvata in un sorriso.

«Ermes ha ragione. Il nome che mi ha dato Demetra alla nascita non è Persefone, bensì Kore.» disse, poi si mise a sedere e si girò, così da stendersi a pancia in giù e tenere il busto sollevato facendo leva sulle braccia e sui gomiti. Sorrideva interessata.

«Kore.» pronunciò il dio, e dall’espressione quasi eccitata che fece Persefone suppose le fosse piaciuto sentirgli pronunciare quelle quattro lettere. «Significa “giovinetta”, giusto?»

«Corretto. Molto bravo.» disse con un sorriso abbagliante, tanto che Ade si ritrovò ad arrossire. «Era un nome un po’ infantile, ma mi andava bene, almeno all’inizio. Ero effettivamente giovane, quindi era adeguato.»

Gli toccò la guancia con un dito e dopo un momento proseguì: «Poi ho iniziato a sentire storie e pettegolezzi su un certo dio della morte di nostra conoscenza, e ho voluto cambiare il mio nome in qualcosa di più adatto.»

Ade la guardò con le sopracciglia inarcate dalla sorpresa. Persefone lo guardò negli occhi, impedendogli di distogliere lo sguardo, e disse: «Sai cosa significa “Persefone”? Due cose diverse: significa “distruttrice della morte”, e in quanto dea della primavera e della vita mi sembra decisamente adeguato, ma significa anche “portatrice di morte”.»

Sorrise. «Forse avevo già in mente l’idea di portarti qui, forse no. Sapevo solo che suonava estremamente bene, e avrebbe suonato anche meglio in quanto tua consorte.»

Si spostò verso di lui e si chinò a baciarlo. Ade per un momento non riuscì a reagire, tanto era sorpreso, ma infine chiuse gli occhi e la strinse gentilmente a sé.

La amava. Dopo questo, la amava anche più di prima. Quando si separarono, Persefone si sollevò, fece un sorriso birichino e si sedette sul suo petto, per poi stringergli le mani, le loro dita intrecciate, e bloccarle contro il terreno.

Si chinò su di lui e lo baciò ancora, e Ade la sentiva gioiosa, felice come una bambina. Si sentiva felice anche lui con lei mentre ricambiava, mentre stringeva le mani della dea, mentre guardava quegli occhi azzurri così vivi.

La amava. La amava alla follia.

E si sentiva semplicemente euforico, perché erano immortali. Il loro amore sarebbe durato per sempre.

Girasoli || Ade e PersefoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora