13. Il patto

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Il silenzio che regnava nella caverna sembrava essersi insinuato anche nel suo cuore, annichilendo qualsiasi pensiero o emozione, lasciando solo un guscio vuoto e indifferente. Loki, il capo chino e gli occhi chiusi, aveva smesso di urlare da chissà quanto tempo, sprofondando in una quiete irreale che sembrava non volesse terminare mai, lasciandosi sommergere dal dolore della solitudine senza preoccuparsi di elaborarlo.

Quando riaprì gli occhi, Thor era sempre lì, morto davanti a lui. Il suo volto aveva perso ogni colore, diventando cinereo, e su di esso il cremisi del sangue risaltava come una rosa nella neve. A parte quel rosso innaturale che gli tingeva le labbra, la sua espressione era serena, come se dormisse. Un sonno molto, molto profondo.

Loki gli sfiorò una guancia con il pollice e la scoprì fredda, gelida anzi. Si domandò quanto tempo avrebbe dovuto aspettare ancora perché Thor aprisse gli occhi e balzasse a sedere ridendo, rivelandogli che era stato tutto uno scherzo. In tal caso lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

Ma Thor non si sarebbe mai più alzato. Non avrebbe aperto mai più gli occhi.

"Quando recupererai i tuoi poteri... quando tornerai a casa... puoi fare una cosa per me? Puoi dire a mio padre che mi dispiace?"

«Dovevi dirglielo tu», sussurrò Loki, e non si sorprese nel constatare che la sua stessa voce gli risuonava estranea alle sue orecchie. «Mi dispiace. Perdonami, Thor, dovevi dirglielo tu...»

Qualcosa di umido e salato gli bagnò una guancia, cadendo sulla sua mano. Nel vedere quella singola lacrima, Loki provò l'impulso improvviso di scoppiare a piangere e non smettere finché non fosse morto anche lui, proprio lì, in quella maledetta grotta.

Ma non poteva, non poteva permetterselo. Aveva fatto una promessa.

Perciò Loki si fece forza, e fu la cosa più difficile che avesse mai fatto in tutta la sua vita: si costrinse a tirarsi su sebbene stesse tremando come una foglia, e prima di qualsiasi altra cosa prese con gentilezza le mani di Thor tra le proprie e gliele intrecciò sotto al petto, spostandogli i capelli dal volto, cercando di concedergli la posizione più dignitosa possibile. Solo allora accettò di alzarsi in piedi, iniziando a indietreggiare lentamente, senza mai distogliere lo sguardo dal corpo immobile dell'amico, finché i suoi piedi non raggiunsero il bordo della Fonte.

A quel punto Loki si voltò, i suoi occhi si posarono sulla superficie cristallina dello specchio d'acqua. Il bagliore della luna era tornato a illuminare esattamente il centro della fonte, e laggiù sembrava quasi che minuscole particelle di luce stessero fluttuando nell'aria, in attesa.

Thor era stato chiaro. Per avere un colloquio con le Norne bisognava essere in due. Ma aveva anche detto che le Norne avevano bisogno di un corpo vivo come tramite, e per quello era ormai... troppo tardi.

Glielo aveva promesso. Aveva promesso che avrebbe riferito a Odino le sue ultime parole, e per farlo doveva andare fino in fondo.

Senza preoccuparsi più di quali sarebbero potute essere le conseguenze per lui, pronto ad affrontare qualsiasi cosa gli sarebbe capitata, Loki immerse lentamente un piede nell'acqua.

Fu strano. All'inizio non provò altro che brividi ghiacciati risalirgli per tutta la gamba, gelandogli i nervi come tanti piccoli aghi. Poi venne qualcos'altro, una specie di elettricità che gli tolse il respiro: percepì un formicolio scorrergli in tutto il corpo, la sensazione che ci fosse qualcosa che si stesse insinuando dentro di lui e stesse occupando ogni angolo del suo essere.

Non era affatto piacevole. Era invadente e lo metteva a disagio, come se ci fosse un parassita sotto la sua pelle. Ciononostante immerse anche l'altro piede e iniziò a camminare verso il centro della fonte.

Enemy's Love / Thor and LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora