7. Nessuna speranza

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Loki e Thor erano entrambi, per così dire, in uno stato di totale confusione.

Dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, le certezze millenarie su cui avevano fondato la loro visione del mondo si stavano lentamente incrinando, con tutto ciò che ne conseguiva: infatti, i due principi stavano iniziando a diventare consapevoli che il loro semplice rapporto fondato sull'intolleranza reciproca si stava lentamente trasformando in qualcosa di più complesso.

Thor, nonostante ciò che Loki pensava, non era stupido: aveva intuito che il giorno prima Loki avesse insistito a fermarsi alla fiera per un motivo più profondo del semplice "faccio quello che mi pare". E il suo atteggiamento insolitamente socievole lo aveva portato alla conclusione che, forse, l'aveva fatto proprio per lui: per fargli staccare la spina, dargli un attimo di tregua dai loro problemi.

E questo non aveva il minimo senso.

Stava forse cercando di manipolarlo? Di ottenere la sua fiducia per pugnalarlo alle spalle? Eppure quando si era scusato con lui per il proprio comportamento Loki era sembrato genuinamente sorpreso.

Nella penombra della stanza di un motel illuminata dalle prime luci dell'alba, Thor iniziò a giocherellare distrattamente con il cristallo misterioso che aveva al collo, e quasi istantaneamente si sentì avvolgere da una piacevole tranquillità, come accadeva sempre quando sfiorava quella pietra. Una parte di lui si domandò per l'ennesima volta da dove questa provenisse e come mai sembrasse avere un effetto così rasserenante sul suo animo, ma la maggioranza dei suoi sforzi mentali restava incentrata sul "problema Loki".

Possibile che in quello Jotun ci fosse davvero qualcosa di più del semplice odio verso Asgard?

Lanciò un'occhiata a Loki, che ancora non si era alzato. Giaceva sul suo letto sdraiato su un fianco, dandogli la schiena, e le sue spalle si alzavano e abbassavano seguendo il ritmo regolare del suo respiro. Ma Thor non avrebbe saputo dire se stava sul serio dormendo o meno.

E in quel momento prese una decisione: se Loki stava cercando di manipolarlo, lo avrebbe scoperto. Costi quel che costi.

☆☆☆☆☆☆☆

Ecco perché quella mattina nella macchina di Clint regnava un silenzio carico di tensione.

Il gruppo aveva lasciato il motel e aveva ripreso il viaggio la mattina presto: l'arciere sembrava inspiegabilmente ansioso di arrivare in fretta a New York e né Loki né Thor si erano opposti a quella sollecitudine. Nonostante i mille pensieri che gli ronzavano in testa, Thor era riuscito a riaddormentarsi e a riposare ancora per qualche ora.

Ed era stato allora che aveva avuto la visione.

Accadeva, qualche volta, che il suo sonno fosse tormentato da visioni sul futuro: Thor non sapeva da dove provenisse quel dono, era possibile che in fondo avesse ereditato una piccola parte della magia della madre. Fatto sta che quella notte gli apparve un'immagine che fece aumentare al massimo i battiti del suo cuore e gli procurò un'angoscia che lo perseguitò per tutto il giorno seguente, perché una parte di lui sapeva bene che non si trattava di un semplice sogno.

Vide suo padre, steso nel suo letto nella sala della guarigione. Aveva gli occhi chiusi, come se dormisse, e sua madre era seduta al suo fianco stringendogli con dolcezza la mano. Una guardia le si avvicinò e, inginocchiandosi davanti a lei, le porse lo scettro di Odino. Frigga lo fissò con uno sguardo impenetrabile, quasi astioso... ma alla fine allungò la mano e lo accettò.

Il sogno -no, la visione- era stata interrotta bruscamente quando qualcuno gli aveva tirato un cuscino in testa. La cosa lo aveva colto così alla sprovvista che Thor era volato giù dal letto, atterrando di faccia sul pavimento.

Enemy's Love / Thor and LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora