10. La vita va avanti

347 21 89
                                    

2012 - New York City
Due anni dopo

«THOR! Dove diavolo è il mio telefono!?»

«Perché mai, nel nome di tutti i Nove Regni, io dovrei saperlo?»

Loki entrò a grandi passi in cucina, dove Thor stava facendo del suo meglio per preparare dei biscotti al cioccolato, e si piantò le mani sui fianchi. «Perché tu sei stato l'ultimo ad averlo usato, dato che sei troppo imbranato per tenertene uno tuo e farlo durare più di due settimane senza spaccarlo».

Thor aprì la bocca per ribattere, ma scoprì di non avere una contro risposta di fronte a quell'innegabile verità. Cercò comunque di giustificarsi. «Non è colpa mia se lo schermo dei cellulari non è a prova della mia forza».

Loki sbuffò.

«E comunque», continuò il midgardiano che un tempo era stato il dio del tuono. «Non l'ho toccato il tuo telefono. Prova a controllare in salotto, forse l'hai lasciato lì».

Loki borbottò qualcosa tra sé e sé -sicuramente qualche insulto- e abbandonò la cucina, iniziando a mettere a soqquadro la sala. Dalla stanza accanto, Thor udì il rumore di oggetti pesanti che venivano rovesciati e un fruscio di riviste che cadevano a terra. Fece una smorfia al pensiero di cosa avrebbe trovato se solo si fosse sporto leggermente oltre l'uscio della porta.

Alla fine Loki riuscì a trovare il cellulare: era effettivamente sotterrato in una piega del divano, e neanche se lo avessero minacciato di morte Loki avrebbe saputo dire come c'era finito lì.

Lo accese, diede una rapida occhiata alla schermata di blocco, e un gemito agonizzante sfuggì dalle sue labbra. Ritornò in cucina e picchiettò Thor sulla spalla.

«Sei stato tu a dare il mio numero a Darcy Lewis?»

Lui spalancò gli occhi nell'espressione più falsamente innocente dell'universo. «Cosa ti fa credere che abbia fatto una cosa del genere?»

«Oh, non saprei. Forse le sue ventisette chiamate perse che mi ritrovo in rubrica?»

«Questo non significa assolutamente che sia stato io a darglielo. Sarebbe una gravissima violazione della tua privacy e io non mi permetterei mai-»

Loki fece partire un messaggio che Darcy aveva lasciato in segreteria.

«Ehilà, Jotun dei miei stivali! Il tuo amico dio del tuono è stato così gentile da darmi il tuo numero, e ha persino aggiunto che avrei potuto chiamarti a qualsiasi ora del giorno e della notte. Preferibilmente notte. Ho come la sensazione che volesse farti uno scherzo. Comunque sia, chiamatemi non appena potete, voglio sapere proprio tutto di come procede la vostra permanenza alla Stark Tower. Ci si vede!»

Loki lo fissava con un sopracciglio inarcato. Thor si morse un labbro, grattandosi la testa con fare casuale, la sua mano setacciò freneticamente il ripiano alle sue spalle finché non trovò il piatto con i biscotti che aveva preparato. Ne porse uno a Loki con un sorriso angelico stampato in faccia.

«Eh eh. Biscotto al cioccolato?»

Gli occhi dello Jotun si assottigliarono mentre questi glielo strappava di mano e dava un rabbioso morso al dolce. «Maledizione, è buono», esclamò, chiaramente risentito della cosa. «Sappi che questa non me la scordo, Odinson».

Abbandonò di nuovo la cucina e Thor tirò un sospiro di sollievo per aver avuto l'idea geniale di mettersi a cucinare biscotti ed essersi così risparmiato una potenziale vendetta: ormai Loki non lo chiamava quasi più Odinson, tranne quando era sul serio arrabbiato o voleva sembrare minaccioso. Raramente otteneva l'effetto sperato, ma comunque.

Enemy's Love / Thor and LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora