3. Vendetta e punizione

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«Come sarebbe a dire "Non ho intenzione di dichiarargli guerra!?"». Il grido di Thor rimbombò tra le pareti dei sotterranei, trascinandosi dietro un'eco che si prolungò per parecchi secondi. «Hanno appena fatto irruzione nel palazzo uccidendo brutalmente le nostre guardie!»

«Tra Asgard e Jotunheim c'è un trattato di pace» affermò Odino, senza incontrare lo sguardo del figlio. Il suo unico occhio era fisso sui corpi dei guerrieri che aveva perso quel giorno. «Laufey non è nella posizione di metterlo a rischio. Voglio dargli la possibilità di difendersi e darci una spiegazione per quanto è successo»

«Spiegazione? Cosa c'è da spiegare!? Era una chiara dichiarazione di guerra! Asgard non può accettare un simile insulto, padre!»

«E non lo accetteremo. I responsabili di questo crimine saranno puniti... ma non c'è bisogno di trascinare con loro un'intera razza»

«È chiaro che la razza in questione non merita la tua compassione. Come re di Asgard...»

«Ma tu non sei re!»

Quel grido fu seguito dal più scioccato silenzio. Thor fissava il padre, sconcertato, spaventato, arrabbiato. Odino ansimava e in quel momento sembrava soltanto un vecchio troppo stremato dal peso degli anni. «...non ancora» aggiunse, come tentando di rimediare a quello scoppio improvviso. «Dopo il disastro che hai combinato distruggendo il villaggio, è chiaro che questa situazione delicata è molto più al sicuro nelle mie mani»

«Stavo cercando di combattere quel serpente gigante!»

«Hai agito avventatamente, senza riflettere, e lo stai facendo anche ora. Asgard non ha bisogno di un re assetato di sangue. Né ora, né mai»

Thor strinse i pugni lungo i fianchi, serrando le labbra per trattenersi dall'urlare di nuovo. Per evitare di fare una scenata si costrinse a girare sui tacchi e a lasciare suo padre da solo nei sotterranei.

Si fermò solo un momento, ormai sull'uscio della porta. Quando parlò la sua voce non tradiva alcuna emozione.

«Erano in due, tu lo sai»

Odino non rispose. Thor non si aspettava che lo facesse.

«Lo Jotun con i capelli neri, quello che li ha teletrasportati via... è chi penso che sia?»

Il padre degli dei rimase qualche secondo in silenzio, come interrogandosi se fosse più conveniente dire la verità o meno: ma guardando dentro di sé, scoprì di essere davvero stanco di mentire.

«Sì...»

Thor annuì. Non gli serviva altro. Quando lasciò i sotterranei, le porte si chiusero con un boato alle sue spalle.

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Sapeva cosa doveva fare: l'aveva già deciso nel momento in cui aveva visto quei due giganti di ghiaccio ergersi tra il sangue delle guardie asgardiane. Non poteva permettere che la questione cadesse nel dimenticatoio in questo modo, ed era chiaro che suo padre era troppo preoccupato a salvare il suo trattato di pace per pensare al bene del suo regno. Quegli Jotun si erano intrufolati ad Asgard aggirando la sorveglianza costante di Heimdall e lui doveva capire come ci erano riusciti: se l'avevano fatto una volta, potevano riprovarci tranquillamente. E magari la prossima volta le vittime non sarebbero state dei semplici guerrieri del turno di guardia.

L'autorità di Odino tra gli Jotun stava chiaramente perdendo colpi: bene, era tempo che qualcuno ricordasse a quei mostri qual era il loro posto.

Ci impiegò incredibilmente poco per convincere i suoi amici ad accompagnarlo nella sua missione, e nel profondo si sentì commosso da una tale dimostrazione di affetto: sapeva che se suo padre li avesse scoperti il prezzo da pagare sarebbe stato alto per tutti.

Enemy's Love / Thor and LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora