32 - La fuga

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Robert cominciava ad avvertire i primi brividi di freddo nonostante fossero le ore più calde di quella giornata estiva. Per sua fortuna il furgone nero cominciò a muoversi proprio in quel momento; i Rox avevano deciso di girare intorno agli isolati limitrofi alla ricerca del ragazzo; sentivano che non doveva essere lontano, ma non immaginavano che fosse così vicino.

Robert aveva già assimilato la prima delle due miniaturizzazioni, questo significava che tra qualche secondo avrebbe iniziato a ristabilizzarsi nuovamente, tornando lentamente alla sua dimensione originale.

Il processo inverso alla miniaturizzazione non richiedeva alcun intervento esterno, erano gli effetti indotti che lentamente svanivano, lasciando quel senso di disorientamento accompagnato da brividi di freddo. Robert cominciava a recuperare coscienza dopo la caduta che aveva subito, ma era ancora troppo frastornato dagli abusi di quella notte per rendersi conto dei rischi che stava correndo. Era a circa l'ottantacinque percento del suo volume e lo spazio sotto l'auto parcheggiata cominciava a diventare sempre più angusto e stretto: da lì a poco, se non si fosse spostato, avrebbe rischiato seriamente di rimanere incastrato.

I Rox nel furgone nero dai vetri oscurati erano appena passati davanti al luogo dell'incidente, la loro idea era di pattugliare tutte le vie circostanti, così da scandagliare ogni possibile via di fuga. Se Robert fosse stato in quelle zone lo avrebbero sicuramente intercettato e avrebbero cercato di porre rimedio alla assurda situazione che avevano generato. Per non lasciare nulla al caso avevano anche sintonizzato la radio di bordo sulle frequenze della polizia: se qualcuno avesse segnalato un uomo nudo loro sarebbero arrivati per primi. Il furgone svoltò alla prima a destra imboccando la via che portava in direzione della casa di Cindy, poi ancora a destra proprio un attimo prima del sopraggiungere della moto con il gorilla scortato dalle due ragazze, quindi in direzione del mare a completare il primo giro intorno all'epicentro.

Il freddo era diventato intenso, Robert tremava e batteva i denti come se fosse al polo nord nudo. Nudo lo era davvero, ma non era di certo al polo nord. Più i brividi lo scuotevano più prendeva coscienza, più prendeva coscienza e più si sentiva estraneo a quella situazione. Cominciava a sentire la pressione dell'auto che lo sovrastava, cercava di aprire gli occhi ma la vista appariva confusa e annebbiata. Ricordò di esser morto, ma non ricordava dove, quando e come fosse successo. Forse era nello spazio, forse in una capsula spaziale o in quel razzo che aveva imparato a conoscere. No, non era nello spazio, c'era troppa luce, arrivava da sinistra, da destra il marciapiede faceva ombra. Aveva freddo, gli mancava l'aria e il respiro diventava sempre più pesante e affannoso, continuava a crescere o forse era l'auto a rimpicciolirsi, cominciava a sentirsi schiacciato. L'istinto di sopravvivenza iniziava ad agire e a prender il sopravvento in quella situazione priva di controllo. Sulla via del mare, lì dove Robert era parcheggiato, le auto in sosta erano solo sul lato sinistro, quello interno che costeggiava la zona collinare per un centinaio di metri scortato da una stretta lingua di marciapiede, poi i parcheggi terminavano lasciando lo spazio alla dolina. Il traffico era prevalentemente a salire verso il mare, ma Robert non si curava ancora di questo nella sua strisciante ricerca di libertà. La vista cominciava a suggerire qualcosa di confuso, i brividi di freddo continuavano i loro ritmi e lui aveva quasi raggiunto la sua forma di sempre. Era carponi, ormai in piena carreggiata e cominciava ad attirare l'attenzione delle distratte auto che scorrevano sul lato opposto, sulla carreggiata oltre il filare degli alberi che faceva da spartiacque. Un angolo di strada fortunato che aveva già conosciuto i piccoli seni di Patty e che ora conosceva le timide gioie di Robert. Lo sguardo confuso di un Robert accovacciato sul caldo asfalto si incrociò con quello di un bambino sul sedile posteriore di una macchina che scorreva verso il mare e che, con il piccolo dito pigiato contro il finestrino, lo indicava ammutolito. Particolari che Robert, in quello stato, non poteva ancora cogliere. Poteva invece avvertire il disagio e l'incongruenza globale che lo immergeva in quella realtà paradossale; era ancora molto, ma molto, lontano dal riuscire a capire o a immaginare cosa stesse accadendo. Era in uno stato animale, guidato solo dai suoi istinti privi di ragione.

Con la vista ancora offuscata si aiutò del sostegno di quell'auto parcheggiata per cercare di sollevarsi sulle sue gambe e, come chi è circondato dall'ignoto, ne seguì il profilo per mettersi al riparo su quel marciapiede isolato.

Qui pensò di essere al sicuro e rimase quel tempo necessario per completare il processo di stabilizzazione e acquisire gli ultimi centimetri mancanti. Il freddo pungente non accennava a smettere, in compenso la vista acquisiva particolari importanti, così come la sua mente. Le sue percezioni cominciavano a delineare qualcosa di concreto ma ancora lontano dal sensato. Frammenti che ricomponevano quella assurda realtà. Continuava a ricordare di essere morto, continuava a non ricordare come, in compenso cominciò a farsi nuove domande: chi era adesso? Dove era? Cosa fare e dove andare? Tutto ciò condensato in un' unica domanda: e ora?

Il furgone di Rox si stava avvicinando al semaforo, arrivava da destra e procedeva in direzione del Rocker, se avesse girato a sinistra sarebbe andato verso il mare, o la dolina, passando davanti a Robert, se avesse girato a destra sarebbe tornato sul luogo del volo spericolato: andò dritto per poi svoltare a destra nella via parallela a quella dello scempio: la mappatura delle vie vicine, alla ricerca di un Robert, presumibilmente ancora semi cosciente, continuava ancora, con evidente insuccesso.

Patty e lo scimmione accompagnavano Cindy verso una nuova dimora, così vicina alla vecchia, così distante nel modo di viverla: una nuova alba stava sorgendo ere geologiche dopo l'ultima travagliata nottata.

E ora? Era il domandone finale del super quiz a premi, quello col grosso premio finale, il premio definitivo, il premio che ti spalancava le porte dell'aldilà. Robert era in piedi, ora stabile, con le braccia tese in avanti, si stava osservando, stava studiando le sue mani, le sue braccia: formicolavano per il freddo o per l'estensione che avevano subito. Era colpito dai dettagli, dai particolari che cominciavano magicamente ad apparire: era ancora il suo corpo. Abbassò lo sguardo guardandosi il resto: si, era lui nella sua totale intimità.

«Culattone!» urlò un uomo di mezz'età che in bicicletta scendeva dal mare verso la città. Robert alzò lo sguardo, repentino, alla ricerca della fonte di quell'urlo. Era il primo suono che avvertiva in maniera chiara e limpida tra gli altri rumori che giungevano confusi ed ovattati. Girò la testa a scatti come un radar che puntava il suo bersaglio in movimento. Con fare animalesco ebbe uno scatto violento in direzione della sua prima preda mattutina. Un balzo silenzioso per superare le due macchine parcheggiate e fiondarsi sulla strada all'inseguimento di quella vittima predestinata, ferma, inerme, in attesa del consenso verde di quel semaforo. Robert arrivò con violenza alle sue spalle, disarcionandolo con forza. L'uomo, colto vigliaccamente di sorpresa, non oppose la benché minima resistenza, cadde sul lato sinistro proprio al centro della careggiata. L'effetto sorpresa aveva sopito qualsiasi cenno di reazione. L'uomo, basito, guardò il ragazzo nudo allontanarsi con la sua bicicletta; non un urlo, non una parola, non un cenno. Pensieri e gesti rimasero incastrati nella sorpresa di quell'attimo fulmineo. Solo un braccio teso come a indicare la direzione in cui quell'animale urbano si allontanava con la sua preda fra i denti: «Maledetto!» avrebbe voluto urlare.

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