Se solo mi avessi amato un decimo di quanto ti ho amato io, avresti capito come non sono mai riuscito ad amarti.
Credo tu, alla fine, l'abbia capito lo stesso, senza troppa difficoltà, ma ormai il danno è fatto e la ferita chissà quando si rimarginerà.
Sinceramente spero non prima di quando la sofferenza non ci abbia portato entrambi alla resa.
Avresti capito come l'odio autoinflitto che mi consuma mi impedisca di poter amare qualcosa che non sia la semplice idea di poter essere amato o anche solo essere preso in considerazione.
Avresti capito come necessito semplicemente di un palliativo per ritenermi soddisfatto di ciò che sono, per credere di valere qualcosa.
Che io non valga un cazzo mi è ben chiaro, ora più che mai, eppure è indubbiamente più facile conviverci quando qualcuno fa di tutto per non farti sembrare che sia così.
Avresti solo dovuto capire.
Invece, non hai fatto altro che svolgere il ruolo perfetto in questa squallida recita che poteva solo finire nello stanzino caldo di una terapista di periferia, troppo impegnata a guardare le unghie appena rifatte piuttosto che ascoltarmi.
Hai giocato secondo le mie distorte e malvagie regole, fin quando, al culmine del pathos, non hai dovuto fare altro che prendere la decisione più difficile: seguire il copione fino all'ultima riga, lasciandomi lì come fossi morto fulminato, dimostrandomi come non fossi mai valso niente, fin dall'inizio.
Hai seguito il copione scritto non dal destino, ma dalla verità, dalla quale prima o poi mi rifiuterò di scappare e ascolterò una volta per tutte, arrivando a compiere l'atto estremo.
Che sia togliersi la vita o prendersi quella di qualcun altro, poco importa.
So solo che niente di tutto questo era lontano da ciò che mi ero immaginato e, proprio per questo, non comprendo perché non abbia potuto far altro che buttarmici senza remore, senza timore che magari qualcosa finalmente si sarebbe spaccato.
Spaccato per chissà, magari non ricomporsi più.
