1. Limbo di cartone

323 14 1
                                    

Maggio 1998


Luogo sconosciuto

La collina era silenziosa, deserta, quasi spettrale.

La strega si guardava attorno stupita, curiosa e spaventata allo stesso tempo.

Conosceva quel posto, l'aveva visto nel pensatoio appartenuto a Silente solo qualche minuto prima. O forse erano passate ore, era difficile scandire il tempo in quel luogo lontano dalla vita, ma anche dalla morte.

Fece qualche passo sulla strana erba verde priva di ogni profumo, non era morbida e fresca come si poteva immaginare. Sembrava dura, come se quel posto fosse stato disegnato; un bel disegno, ma irreale.

Il sole stava tramontando, avvolgendo tutto con la sua luce arancione; una luce spenta, fredda nonostante il colore, quasi malinconica. Le ricordò le foto ingiallite della sua bisnonna.

Non era esattamente questo quello che si era immaginata.

Non c'erano luci calde accecanti. Niente coro angelico. Niente volti sorridenti.

Non era esattamente l'inferno, ma neppure il paradiso.

La donna percorse il piccolo viale di terra battuta che conduceva al parco giochi nascosto dietro gli alberi dalle statiche chiome di un verde spento. Si bloccò a metà strada vedendo una figura vestita di nero seduta su una delle piccole altalene.

Le si mozzò il respiro in gola.

Era lui.

L'aveva trovato.

Camminò più veloce, raggiungendolo in pochi passi.

Il mago che era andata a cercare, in quel limbo tra il paradiso e l'inferno, sedeva con lo sguardo basso, i lunghi capelli neri a coprirgli il volto come una maschera.

Deglutì rumorosamente, non sapendo bene cosa aspettarsi o cosa dirgli.

- Professore... - lo chiamò timidamente facendo un passo avanti.

Nessuna risposta dall'uomo, neppure un cenno. Era come se non l'avesse nè vista nè sentita.

- Professore... - alzò la voce e fece un ulteriore passo – professore, mi sente?

L'altro rimase fermo nella sua posizione, dava l'impressione di essere una bambola di pezza abbandonata su quell'altalena da qualche incauta bambina.

- Professor Piton... - la strega strinse i pugni, non si sarebbe arresa così facilmente, era arrivata fin lì, doveva tentare per tutto il tempo che le restava in quel mondo tra i mondi, deglutì di nuovo – Severus...

Al suono del suo nome il mago alzò la testa di scatto.

La strega aprì la bocca per dire qualcosa, ma di fronte a quello sguardo speranzoso rimase senza parole.

- Lily...

Le si strinse il cuore nel sentire quell'unico nome sibilato con passione e disperazione.

Aspettava la madre di Harry.

Era logico in fin dei conti.

- No... professore non sono Lily. Mi dispiace.

E c'era vero dispiacere in quelle parole, avrebbe voluto essere lei. Dargli quella gioia, Perché lui lo meritava. Aveva attraversato l'inferno per lei. Ed ora era lì. Disperato su quell'altalena, in un mondo immobile tra la vita e la morte. In un mondo finto avvolto da una tenue, fredda luce.

Solo. Come sempre.

Per tutto questo tempo, Severus?

Sempre.

Le parole di Silente avevano preso tutto un altro senso.

Il mago la fissò intensamente, ma sembrò non riconoscerla.

- No, non sei Lily. - era come un pensiero detto ad alta voce, si mise le mani tra i capelli e chinò il capo tristemente – Non verrà... ha scelto... di nuovo... e io che la sto aspettando da così tanto...

La strega avrebbe voluto piangere, sentiva la disperazione nella sua voce, aveva visto la delusione spegnere la fiamma della speranza nei suoi occhi neri, sentiva il suo dolore. Più era forte, più il mondo attorno a loro sembrava morire e spegnersi.

La donna sentì l'erba sotto i piedi sgretolarsi come se fosse di cenere.

- ... così tanto... - singhiozzò Piton sull'altalena scuotendo il capo.

La fioca luce fredda del finto sole sembrò diventare ancora più informe.

- Professor Piton, la prego, deve ascoltarmi.

Il mago sollevò di nuovo la testa, lo sguardo velato dalla disperazione e dalla consapevolezza di essere abbandonato nella morte, come nella vita.

- Professore?

- Lei è il Preside di Hogwarts. Se lo ricorda?

- Io... - si afferrò di nuovo la testa con le mani come se avesse una forte emicrania, ma non era certa che in quel luogo si potesse provare dolore. Non fisico almeno.

- Sa chi sono io? - insistette cercando di attirare la sua completa attenzione.

Il mago sollevò lo sguardo incrociando quello della strega.

- No. - disse con un soffio.

- Mi chiamo Hermione, Signore. – rispose portandosi una mano sul cuore – Hermione Granger.

Severus sembrò valutare le parole.

- Hermione... Granger... - ripetè lentamente.

Continuò a fissarla mentre lei si avvicinava fino a quando non gli fu davanti; le sottili labbra del mago continuavano a sillabare il suo nome, come se cercasse di afferrare un ricordo lontano.

Si chinò leggermente.

- Se preferisce insopportabile SoTutto, Signore.

Il mago sgranò gli occhi.

Hermione sorrise vedendo la scintilla della consapevolezza illuminare i suoi occhi di ossidiana.

Per un secondo pensò che erano belli. Che non erano per nulla simili a quelli che ricordava.

- Granger! – gridò, scattando in piedi e costringendola a fare un passo indietro. L'altalena dondolò alle sue spalle. Si guardò attorno disorientato. Lo vide passarsi una mano sulla gola e poi la guardò di nuovo – Sono morto.

Non era una domanda, ma un semplice dato di fatto.

Hermione fu stupita dal tono di voce del mago, non c'era stupore, non c'era disperazione, ma solo la triste consapevolezza della realtà.

Era morto.

- Sì, - confermò – lei è morto.

Severus Piton sollevò un sopracciglio fine, aveva la stessa espressione anche in classe quando le risposte degli studenti non erano complete o approfondite nel modo giusto. O nel modo che lui riteneva giusto.

- Io no.- continuò lei sostenendo il suo sguardo.

Fu solo allora che l'attenzione del mago fu totalmente su di lei.

Hermione, per la prima volta da quando aveva messo in pratica il suo folle piano, arrossì. Mai nessuno l'aveva guardata con così tanta intensità.

- Che cosa hai fatto, Hermione?

Anche il suo nome, detto con quella voce, lo trovò bello. Lei che aveva sempre trovato il suo nome troppo complicato.

La strega sorrise di nuovo e si avvicinò a lui.

- Sono qui per darle una scelta.





Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora