«Un altro per favore!»
«John, non credi di stare esagerando?»
«Non ti preoccupare, esagerando è il mio secondo nome...no...»John contò sulla punta delle dita cercando di raccapezzarsi, in una condizione limitata di intendere e di volere, di quanti nomi avesse.
«Uno...due...terzo per la precisione, ecco»
E l'ennesimo shot arrivò velocemente tra le grinfie del dottore, la cui sobrietà se n'era andata appena aveva messo piede nel bar.
Bere per dimenticare. Per dimenticare quanto amasse Sherlock. Non aveva mai pensato all'amore verso di lui in modo romantico. Ma dagli avvenimenti che erano successi da poco iniziò a rifletterci un po' su. Effettivamente infatti si accorse di star reprimendo la maggior parte dei propri sentimenti nei confronti del detective. Questo perché John odiava essere giudicato, giudicato all'apparenza, senza che si sapesse veramente che uomo fosse. Se tutte le persone dovevano stare alla larga dagli omosessuali, John avrebbe fatto di tutto per essere l'opposto, per essere visto di buon occhio, per non essere messo in cattiva luce da stupidi stereotipi. Però già vedendo Greg e Mycroft iniziò a pensare che sarebbe bello e appagante sentirsi in pace con se stessi senza dar peso all'opinione pubblica. Doveva essere bello essere così menefreghisti e felici. E Sherlock lo rendeva molto felice. Perché continuare ad evitare l'inevitabile allora?
Forse era anche l'alcol a parlare però l'inconscio del dottore sapeva benissimo che Sherlock era la persona a cui teneva più di tutte.«Sai Sherlock, stai veramente bene con quel vestito»
«Ma io sono Tamy!»
«Chi?»John iniziò a ridacchiare e barcollare sullo sgabello. Poi lentamente si alzò in piedi traballante, si tolse la giacca e la lanciò da qualche parte. Camminò titubante e in modo squilibrato fino alla pista da ballo e si unì scatenandosi insieme alle altre persone che si erano abbandonate all'alcol.
Improvvisamente si sentì strattonare. Era la bionda, la quale lo trascinò su un divanetto e gli porse un ultimo drink.«Sta calmo su...non agitarti. Bevi questo tranquillamente poi domani ne riparliamo. Adesso devo andare, ciao John»
La bagnina lasciò un bacio sulla guancia alla poca sobrietà rimasta dell'uomo e poi sparì tra la folla.
John guardò la bevanda colorata e intensamente profumata che la giovane gli aveva offerto. Sarebbe stato un peccato bersela pian piano come aveva detto Tamy, quando poteva assaporarla tutta d'un fiato.
Non era uno shottino, nonostante ciò l'ubriachezza lo portò a finire il cocktail tutto in un sorso.
Con la testa sempre più sottosopra, il dottore si mise a contemplare i cubetti di ghiaccio ed il fiore di gelsomino rimasti in fondo al bicchiere.
"Starebbe bene in testa a Sherlock questo fiorellino, adesso glielo porto" pensò John.
Allora si alzò, sempre con uno scarso equilibrio, e si diresse verso la suite. O almeno ci provò. Prima fece parecchi giri intorno o a vuoto, senza capire dove stesse andando. Poi, forse per impegno forse per fortuna, arrivò finalmente davanti alla camera.
Bussò.
Dato che Sherlock non si decideva ad aprire, il dottore continuò a picchiare e sbattere sulla porta. Dopo un bel po' d'insistenza realizzò che forse Sherlock era andato ad indagare. Allora, appoggiandosi al muro con la schiena per la troppa fatica e poco equilibrio per rimanere in piedi, prese la chiave magnetica dalla propria tasca ed entrò nella suite. Si tolse le scarpe e si buttò immediatamente sul letto e così si addormentò.
Dormì come un sasso fino alle prime luci dell'alba. Si svegliò solo quando i fasci di luce, sempre più intensi, iniziarono a illuminargli il viso fastidiosamente.
Si mise a sedere sbadigliando e stropicciandosi gli occhi. Quando poi li aprì vide Sherlock seduto su una poltrona, intento a leggere un bianco registro che teneva poggiato sulle gambe.«Buongiorno»
Il detective non rispose.
John sospirò massaggiandosi le tempie con un forte mal di testa.«Che cos'è?»
Sherlock seccato chiuse il registro, lo lanciò in terra e si grattò la testa frustrato.
«Non capisco il collegamento!»
«Quale collegamento?»
«Tra tutto quello che è successo!»
«Perché che è successo?»
«Giusto...tu dormivi...emanando un puzzo d'alcol tremendo»Il detective squadrò dall'alto in basso l'amico. In lui si notava ancora la delusione e il risentimento causati dai sentimenti confusi e bruschi di John nei suoi confronti.
Almeno questo il dottore l'aveva capito, infatti pensò subito ad un modo per tirare Sherlock su di morale. A dire il vero John voleva anche chiarire la faccenda della strana e, per lui incomprensibile, attrazione...amorosa e reciproca? Non lo sapeva. Avrebbe tanto voluto capire i propri sentimenti...anche se non sapeva bene se era il momento giusto per farlo. Però se non ci fosse mai stato il momento giusto? Perché sprecare l'occasione?«Sherlock...»
Il moro guardò l'altro uomo ch'era con lui in quella stanza.
La tensione era abbastanza alta, almeno per John. Sherlock non la sentiva, non credeva che il suo migliore amico stesse per dire qualcosa di importante, conoscendolo.«Scusami»
«Per cosa?»
«Per non aver capito prima di...»Il dottore notò il fiore di gelsomino schiacciato sotto una sua gamba.
«Di...?»
«Oddio»
«Eh?»John prese un piccolo bianco petalo appassito tirando su tutta la corolla ormai sfiorita. Lo mostrò quindi a Sherlock, che scattò verso l'amico sul letto, strappandogli il fiore di mano.
«Dove l'hai preso?»
«Dove...? Ecco...non me lo ricordo»
«John, ricordatelo. È importante»Il detective si avvicinò all'amico e gli afferrò le mani.
«Devi spiegarmi come mai sei ancora vivo. Hai bevuto il drink al gelsomino suppongo. Perché non sei morto allora?»
John confuso chiuse gli occhi provando a ricordare cosa avesse fatto la sera prima. Le dita fredde e affusolate di Sherlock non aiutavano molto a concentrarsi, anzi facevano l'effetto contrario, il dottore però non si mosse perché da una parte quel tocco era rassicurante.
«Allora...sono andato al bar e ho aspettato Tamy per un po'. Intanto mi sono fatto portare il primo drink, leggero. Poi è arrivata e ho ordinato per tutti e due ed abbiamo iniziato a parlare, non ricordo di cosa. Poi...poi? Ho continuato a bere...e...sono andato a ballare credo...e lì Tamy mi ha trascinato a sedere e mi ha dato un altro cocktail...e...hm...»
«Si ci sei quasi, andiamo, concentrati»Le mani di Sherlock aumentarono delicatamente la stretta su quelle dell'altro. Forse per la tensione e il coinvolgimento nel racconto. John fece un bel respiro per liberarsi dal brivido che stava percorrendo ogni centimetro del proprio corpo.
«Mi ricordo che aveva un odore forte e c'era il gelsomino...era colorato...con il ghiaccio...poi...l'ho semplicemente buttato giù in un sorso. Allora ho preso il fiore e mi sono alzato, poi sono tornato qui perché volevo mettertelo tra i capell-»
Il racconto si fermò all'improvviso per via dell'imbarazzo del narratore.
«D'accordo...ho capito...»
Sherlock allora cinse teneramente il polso di John, allungò la sua mano verso la propria testa e si fece mettere il fiorellino tra un orecchio e i capelli.
«Allora come sto?»
L'uomo sorrise pensando al vestito verde floreale da elfo o creatura mitologica che sarebbe stato bene all'amico con quel gelsomino in testa. Si, se lo immaginava lì a piedi scalzi, in una radura circondata da un bosco, immerso nella natura. Intorno al moro crescevano fiori e passeggiavano cervi e altri animali. Lui aveva un lungo vestito che andava dal verde chiarissimo quasi trasparente, sul petto, ad un verde gradualmente sempre più scuro che partiva al di sotto dai capezzoli. Aveva una coroncina di fiori di gelsomino ed uno stesso fiore in mano, lo annusava appassionatamente.
Quel fiore...quel fiore che aveva inspiegabilmente ucciso persone e tentato di ammazzarne un'altra. Anche Sherlock era simile. Velenoso come poche cose al mondo ma bellissimo.
E John era felice di essere immune sia al veleno del cocktail che a quello del moro. Alla bellezza delle due cose però non lo era. Infatti, continuando a fissare il detective con quel bianco profumo che risaltava sui suoi scuri capelli, si accorse che forse quello che tutti pensavano su di loro, un fondo di verità avrebbe potuto avercelo.«John...terra chiama John...ci sei?»
«Eh? Come cosa?»
«Abbiamo risolto il caso»
«Ah si? Davvero...? E quel fascicolo che stavi leggendo?»
«No quello non so cosa significhi e mi dà un tremendo fastidio. Ma lascia che ti spieghi quello che ho capito»
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𝐆𝐞𝐥𝐬𝐨𝐦𝐢𝐧𝐨 // 𝐉𝐨𝐡𝐧𝐥𝐨𝐜𝐤 + 𝐌𝐲𝐬𝐭𝐫𝐚𝐝𝐞
Fanfiction𝐒𝐡𝐞𝐫𝐥𝐨𝐜𝐤 𝐞 𝐉𝐨𝐡𝐧 𝐯𝐞𝐧𝐠𝐨𝐧𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐨𝐯𝐯𝐢𝐬𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚𝐭𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐚 𝐌𝐲𝐜𝐫𝐨𝐟𝐭 𝐞 𝐋𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚𝐝𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧 𝐮𝐫𝐠𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐝'𝐨𝐦𝐢𝐜𝐢𝐝𝐢𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐫𝐢𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚 "𝐢𝐥 𝐠𝐞𝐥𝐬𝐨𝐦𝐢𝐧𝐨". 𝐈𝐥...