Ti meriti il mare

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Dopo una nottata del genere magari qualcuno dormirebbe fino a tardi. Non Simone. Ma poi... è veramente andato a dormire? Forse il punto è proprio questo, forse è stato tutto un parto della sua fantasia, magari un sogno molto vivido.
Tuttavia nel cestino della spazzatura c'è il foglietto appallottolato e suo padre, quando scendono per colazione, lo guarda con quel solito sguardo alla Dante. Quello che significa "devi dirmi qualcosa?".
Non ha proprio nulla da dire, tantomeno a suo padre. Non ci capisce niente, ha una tremenda confusione in testa, come potrebbe spiegare a qualcuno ciò che è successo durante la notte se non lo comprende nemmeno lui?

Se Manuel non lo avesse fermato, cosa sarebbe successo?

Dario lo tiene d'occhio come al solito. Quel suo essere così attento e presente inizia a dargli sui nervi. Come può crogiolarsi nell'incertezza e nell'autocommiserazione se lo guarda in quel modo?
Comincia a pentirsi di aver accettato l'invito di Anita...

... l'invito... gli inviti! L'annuncio del matrimonio, giugno sempre più vicino, l'appartamento colorato, il cane.

Si sente soffocare.

Dopo un sorriso un po' tirato a Dario, esce di casa e va verso il garage.
Un'altra valanga di ricordi lo sommerge. Lui e Manuel che si occupano di Paperella, il tentativo di rubargli un bacio, il litigio che ne è conseguito, la pace il giorno dopo, l'ennesimo litigio.

Tra di loro era così, un'altalena di emozioni. Come andare sulle montagne russe senza alcun tipo di protezione. Tu provi a reggerti con tutte le tue forze, a non cadere nel vuoto, ma alla prima discesa ripida finisci inevitabilmente per precipitare.
E Simone è precipitato. La sua unica colpa? Essere un patetico innamorato.

«Sai, mi sembra di vedervi tu e quell'altro qui a trafficare con Paperella.»
«Già.»
«Non mi dirai cosa è successo, vero?»
«Pa', ti prego. Non è successo niente, aveva un problema e mi ha chiamato.»
«Capisco...»
«L'hai detto ad Anita?»
«Pensi che sia così stronzo?»
«Beh in passato l'ho pensato.»
«Sai quello che stai facendo? Voglio sapere soltanto questo, non chiederò altro.»
«Più o meno.»
«Sai che non sai dire le bugie, no?»

Cosa ha capito Dante di tutta quella storia? Forse più di quanto Simone pensi.
E forse un po' odia questa sua capacità di leggere le persone come libri aperti.

Annuisce perché, sì è ben consapevole di non saper mentire, grazie tante.
Dante fa un mezzo sorriso, quasi rassicurante e si volta diretto verso casa.

«Pa'?»
«Cosa?»
«Dovremmo regalarla a Manuel.»
«Paperella?»
«Sì.»
«È tua, puoi farne quello che vuoi.»
«Vorrei darla a lui.»
«A me sta bene.»
«È la sua festa, no? Ci vuole un regalo.»
«Non hai bisogno di scuse, non con me. Ma forse potresti averne bisogno con quel bel ragazzo biondo che è in cucina a fare colazione.»
«Lui non c'entra niente con questo.»
«Ah no?»

***

«Testa pelata? Quante volte ti devo dire di non lasciare la porta aperta?»

Capita raramente che Alvise vada a trovare Manuel a casa sua, non ce n'è mai bisogno visto che il ragazzo è sempre da lui, ma in quelle sporadiche occasioni in cui Testa pelata non si fa vedere nemmeno per un saluto, l'uomo va a controllarlo per assicurarsi che non sia nei guai.
Lo ha visto nei suoi momenti peggiori ed ormai prova un affetto quasi paterno nei confronti di quel casino con le gambe.
Si preoccupa, forse troppo, ma non riesce a farne a meno.

«Manuel? Ci sei?»
«In camera.»

La voce del ragazzo un po' tremolante, come se avesse pianto, è un grosso segnale di pericolo per Alvise. Ci sono poche cose che lo fanno stare male al punto da piangere.
Parlare di sua madre, parlare del suo passato, parlare della sua dipendenza da alcol e...

Profumi come pioggia di novembreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora