Alessandro Malaguzzi Valeri (articolo)

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Il treno sbuffava gli ultimi vapori. Era arrivato in stazione a Firenze e si sarebbe finalmente riposato, dopo il lungo viaggio.

Il serpentone di metallo non era l'unico spossato. Alessandro era ormai abituato a quei viaggi interminabili da Vienna alla capitale, dopo le prime ore cadeva in una specie di stasi o dormiveglia che lo intontivano parecchio e quando, scendendo i gradini verso la banchina, l'aria fredda gli investiva il volto e lo ridestava in pieno, una tremenda sonnolenza e pesantezza delle braccia e le gambe lo vinceva; allora cercava il suo facchino per affidargli il bagaglio e una carrozza che lo portasse all'alloggio.

Anche quel giorno, si sentiva distrutto: aveva 55 anni, non aveva più il fisico adatto per quelle fatiche, eppure il suo senso del dovere glielo imponeva. Gli bastava ripensare alla missione, la sua missione segreta, per risvegliare ogni energia nel suo animo. Eh sì, l'animo era gagliardo come quello di un giovanotto ma il corpo ... quello no, il corpo era provato.

Lo stomaco pigolò: a Vienna aveva speso più di quanto previsto e così sul treno si era accontentato di pasti modesti. Ecco perché si sentiva tanto indebolito.

Intanto era fermo accanto ai binari. Le persone gli passavano accanto: ondeggiare di lunghe gonne di velluto, ampi cappelli da signora affiancati ad alti cilindri, bastoni da passeggio picchiettavano per terra assieme ai passi, coperti dal brusio di mille parole, profumi intensi dei viaggiatori in partenza, olezzo di sudore di quelli appena scesi.

Il Conte, circondato dalle vite che scorrevano, si guardava attorno, girava su se stesso, si metteva in punta di piedi alla ricerca del fido facchino che mai mancava.

Gli aveva telegrafato dalla stazione precedente, come sempre, per essere sicuro di trovarlo; ormai si fidava solo di lui, non avrebbe mai affidato il suo bagaglio e i segreti che custodiva a qualcun altro. Dov'era finito quel ragazzo? Gli era accaduto qualcosa?

Nel mescolio di abiti eleganti diretti in prima classe e di vesti più modeste che camminavano in direzione opposta, notò il contrasto di bianche bandoliere incrociate su cinque divise scure, sormontate da larghi cappelli, su di un paio dondolavano alti pennacchi.

Strano scorgere più di due carabinieri assieme in perlustrazione. Forse erano in partenza anche loro.

Camminavano verso di lui. Tornò a cercare il suo facchino.

"Conte Alessandro Malaguzzi Valeri?"

Si volse, trasalendo. Il viso severo del carabiniere più alto in grado lo squadrava, gli altri si stavano disponendo attorno a lui.

"Sì. Sono io." non gli piaceva quella disposizione, era minacciosa "Cosa posso fare per voi?"

"Abbiamo l'ordine di scortarvi in questura."

Ecco perché lo accerchiavano. Che cosa sapevano? Beh, quei cinque probabilmente nulla. Tutto dipendeva da chi lo aveva convocato ma, se usava tali modi anziché un cortese biglietto, dubitava fosse qualcuno con buone intenzioni, qualcuno coinvolto.

"Chi vi ha dato tale ordine?"

"Il Prefetto, Conte Girolamo Cantelli."

Cantelli? Sì, l'aveva conosciuto in gioventù, era emiliano come lui. Cantelli però era sotto il Ducato di Parma, lui di Modena e Reggio. Gli aveva parlato si e no una manciata di volte, dopo che aveva lasciato l'Austria per risiedere in pianta stabile nella città in cui era fiorita la propria famiglia. Dopo l'Unità d'Italia non lo aveva visto nemmeno una volta, o forse a qualche ballo ma non ci aveva fatto caso.

Che cosa poteva volere da lui? Forse degli amici comuni lo avevano incaricato di consegnargli qualcosa? Ma perché in quei modi? No, no. C'era qualcosa che non andava.

Alessandro Malaguzzi Valeri: Conte, Reggiano, Diplomatico, servo della paceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora