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MOREAU ADRIEN

C'è uno spettacolo più grandioso del mare, ed è il cielo,
c'è uno spettacolo più grandioso del cielo, ed è l'interno di un'anima

Aveva le dita delle mani intorpidite, così come anche quelle dei piedi. Si trovava sdraiato in un letto fin troppo anonimo per essere il suo personale, non appena si voltò di lato, riconobbe la stanza d'ospedale nella quale era stato ricoverato il primo periodo in cui era tornato dalla guerra.

Odorava di disinfettante quel posto e lo detestava, non riusciva a rimanere in quella stanza senza ricordarsi che quello era stato il primo luogo dove si fosse svegliato dopo esser stato salvato dalla mina antiuomo, dopo che...

Deglutì e mandò indietro la testa, infossandola più possibile nel cuscino alle sue spalle. Aveva notato la presenza di Jeffrey seduto accanto al letto, quello teneva la schiena curva in avanti, la testa china, tanto da non far vedere il volto, e gli avambracci poggiati sulle cosce. Respirava piano, così da non disturbare il paziente, anche se quello era sveglio e pronto a scatenarsi.

Un movimento di troppo da parte del ricoverato e il medico alzò la testa, puntando il proprio sguardo preoccupato nella sua direzione. Aveva un milione di domande da voler porre a Adrien, ma non sapeva quale fosse più importante, quale avesse la priorità sulle altre.

«Da quanto tempo va avanti?» chiese a denti stretti, con un tono più duro di quanto si aspettasse potesse uscire dalla sua gola. Non aveva aperto bocca da quando aveva preso posto su quella sedia di legno scomoda accanto al letto del minore. Aveva visto entrare nella stanza Elijah e, subito dopo, Benjamin, con il quale non aveva avuto bisogno di parlare, gli era bastato stringerlo al petto per capire quanto fosse rimasto traumatizzato dall'evento. L'idea di perdere anche Adrien lo terrorizzava.

«D-di che parli?»

«Lo sai di che parlo, Adrien» si avvicinò al bordo del letto e poggiò le mani sul materasso, così da potersi chinare sul paziente e metterlo sotto pressione con il suo sguardo color miele. In molti, da quando avevano scoperto il legame che lo univa a Benjamin, gli avevano fatto notare le somiglianze, prima tra tutte il colore così singolare delle loro iridi.

«Dei libri?»

«Non prendermi per i fondelli, ti ho fatto le analisi, sono un medico, lo capisco»

«Ah, di quelle parli»

«Di quelle? Droghe. Droghe si chiamano» alzò leggermente il tono, ma probabilmente non lo avrebbe fatto se avesse saputo in anticipo che di lì a pochi secondi avrebbe fatto irruzione nella stanza Martinelli.

La porta venne spalancata e con lunghi passi il ragazzo appena giunto si fece strada fino alla sponda del letto, sulla quale si sporse, aggrappandosi, facendo imbiancare le nocche.

«Che problemi hai? Che diamine ti è saltato in mente? Sei più deficiente di quanto credessi, Adrien»

Adrien chiuse gli occhi esasperato. Era stanco, aveva mal di testa e l'ultima cosa di cui aveva bisogno era una ramanzina. Aveva trent'anni ormai, poteva ritenersi più che adulto e libero di fare della propria vita ciò che voleva.

«Non sono fatti che vi riguardano»

«DIMMELO» le mani dell'intruso si strinsero e strattonarono la sponda di ferro del letto, il quale si spostò di pochi millimetri cigolando.

«Perché non esiste droga migliore di lui, ma lui non esiste senza droga... Non più» sentenziò Adrien, girandosi di lato, poggiando la guancia umida sulla federa e provando in tutti i modi a non incrociare lo sguardo né di Jeffrey né di Daniele.

Segreti in mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora