In uno dei miei ultimi incontri con la mia psicologa prima della pausa estiva, abbiamo fatto il punto della situazione, per capire a che punto siamo arrivati con la terapia, da dove (ri)partire a settembre e così via. È emerso che io spesso parlo di tre tematiche, o in questo racconto, di questi tre cavalieri che vengono a farmi visita, cioè Solitudine, Tristezza e Noia.
Sono problemi quotidiani in fondo, anzi, penso che chiunque li avrà incontrati. Agiscono insieme, cambia solo il ruolo del leader principale, si scambiano di posto in base alla situazione.
Vengono quando sto male (perché quando sto bene, o non si presentano, o il loro Re viene a farmi visita senza neanche avvisare) ed io li sento da lontano, come un presentimento, tanto che al minimo segnale, dico a bassa voce: "Cazzo" oppure "Oilloc" (trad. "Eccolo/i qua").
Esempio: un mio amico mi stava accompagnando a casa dopo una serata. Non appena esco dalla macchina e chiudo la porta, inizio ad avere una strana sensazione, un segnale di qualcosa che sta arrivando, come quando dopo una mangiata inizia a venire quel piccolo mal di pancia che preannuncia una cacata immanente; mi sono fermato in mezzo alla strada e ho detto: "Oilloc, o sapev"
La Solitudine è quella (uso sia il femminile che il maschile, sono non-binary) che viene a farmi visita più spesso. Non appena la vedo, cerco di scappare il più lontano possibile, ma più la evito, più mi colpisce bene.
Inevitabile per tutti, quando la vedo, tendo a stare male, a chiudermi in me stesso e rifugiarmi, trovare conforto in qualsiasi cosa. Percepisco, sento, una sorta di vuoto, di distanza incolmabile rispetto agli altri, al mondo esterno (supero questa condizione, ma si ripete ogni volta questo gioco).
C'ho avuto a che fare quasi sempre da quando ho memoria; la prima volta che la trovai fu ad un matrimonio. Avevo 12-13 anni, ero a tavola con dei miei parenti, che ridevano, scherzavano, commentavano le performance del cantante del piano bar, ed io provavo a parlare con loro, ma nessuno mi ascoltava, anzi, sembrava quasi come se non ci fossi. Oppure ancora prima, quando alle medie venivo quasi sempre bullizzato, o comunque messo sotto occhio, e nonostante avessi comunque un piccolo gruppetto di amici, mi sentivo escluso, anche quando non lo ero (ricordo una volta quando pensavo di non essere invitato ad un compleanno, e finché la amica non me lo disse più volte in macchina, io non ci credevo). Volendo possiamo andare ancora più indietro, ma così non la finisco più.
Quindi è una presenza con cui ho sempre dovuto fare i conti. Alle superiori ero quello strano ed il discorso, almeno fino al terzo anno, non cambia. Nelle compagnie ero una specie di ombra, molto silenziosa, perché ero (e sono) timido ed anche lì, in alcuni casi, venivo deriso, preso di mira. Pur avendo amici, mi sentivo da solo durante l'adolescenza, e pensavo che era dovuto alla mancanza di una ragazza, e quindi ne ero alla ricerca spasmodica, ma avrei scoperto più in avanti che non era quella la soluzione.
Compagnie non adatte a me, strane amicizie, non hanno fatto altro che alimentare questo cavaliere e renderlo quasi invincibile.
Solo da qualche anno ho iniziato a reagire, a capire il perché venisse così spesso a farmi visita, anche ora che ho delle ottime amicizie, che sto meglio in famiglia, con me stesso.
Lo so che alcune volte è una presenza passeggera, perfino un fantasma, ma altre volte la sento così reale, che è difficile comprenderne il motivo, perché può essere qualsiasi cosa come nessuna cosa.
Ho provato a parlarci senza attaccarla un po' di tempo fa, ma è stato inutile.
Perciò, quando viene a trovarmi, non ho molto da fare. Scrivo, alcune volte ne parlo con altre persone, ma si tratta di aspettare che se ne va dopo aver fatto il suo dovere, ed io, nel migliore dei casi, me ne faccio una ragione e sto tranquillo, nel peggiore dei casi, esplodo ed inizio a crollare dentro, tanto che quando sto davvero male, il solo pensiero di trovare qualcuno pronto a darmi rifugio, mi fa piangere, ma non so se è per tristezza o per gioia.
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EIia II: "Slam Dunk"
Non-FictionSe in "Elia I" ho fatto i conti con un espierenza amorosa, qui è diverso. Per parlare del futuro, del periodo che sto attraversando, sono andato a scavare nel mio passato, per trovare il luogo da dove tutto è nato. Se nella prima "opera" sono stato...