Ritorno

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La strana sensazione di una nuova giornata mi invade dal momento in cui sento degli strani rumori provenienti da un angolo della mia stanza d'ospedale. Apro delicatamente gli occhi per inoltrarli pian piano verso la causa dei rumori e vedo con immensa sorpresa Frank che prepara con cura la mia valigia. Non credo che abbia fatto caso al mio sguardo incredulo puntato su di lui e spero che non se ne accorgesse. È così bello osservare qualcuno per tutto questo tempo e soffermarsi su particolari che spesso possono sfuggire per colpa della fretta e della voracità con cui divoriamo i nostri frenetici giorni. Ho notato con molta sorpresa che Frank pur avendo sempre quel bellissimo sorriso sul viso ha un atteggiamento molto malinconico e nostalgico. Non so è come un foglio di carta: una facciata quella illuminata dal sole la conosco, ma, quella nell'ombra si continua a nascondere.
D'un tratto, però, si gira verso di me. Immediatamente senza pensarci due volte socchiudo gli occhi in modo che non sappia che sono sveglio e che l'ho fissato fino a poco tempo fa. Frank si avvicina con molta calma e poi, posa la sua mano sulla mia spalla, facendomi rabbrividire al contatto perché è freddissima.
"Buongiorno, Bill!"
Riapro gli occhi e in risposta gli faccio uno sguardo che credo sia quello di uno che di un buon giorno ne ha proprio bisogno, mi stiro un po' e infine chiedo:
"Oggi torno a casa?"
"Sì sì. Ha detto il dottore che stai bene e per la cicatrice in fronte non ci saranno problemi perché tra pochi giorni sarà quasi invisibile".
Infine, dopo avermi rassicurato con il suo solito sorriso (mantello che nasconde qualcosa di davvero impensabile), esce fuori per darmi un po' di tempo per prepararmi al ritorno a casa.

Frank mi accompagna con la sua macchina a casa. Nel tragitto non abbiamo avuto lunghe conversazioni, ma, ho avuto modo di cogliere dei particolari degli occhi. Erano stranamente enormi e verdi ma anch'essi nascondevano qualcosa di davvero triste ,ma, terribilmente incomprensibile come il sorriso. Forse è la sua chiave per sembrare felice o è solo uno scudo indistruttibile che lo protegge. Ma da cosa?
Arrivati a casa mia, mi da una mano con la valigia(leggerissima e solo ora mi rendo conto di aver scoperto che è sua), mi saluta ed entra nella casa affianco alla mia. Rimasto solo decido di entrare e vedere se esiste ancora una persona che pensa  a me come figlio, però, noto prima la cassetta della posta piena zeppa di lettere. Le prendo tutte con una sola mano ed entro in casa. Il freddo di questa mi fa fare un balzo nel tempo e ricordare che il calore e l'amore di una famiglia lì non esiste e in quel preciso momento il cuore inizia a frantumarsi come i vetri e pezzi di coccio stesi a terra dopo la scorsa notte. Decido di dare un occhiata alla casa, ma, prima do una sbirciata veloce alla posta. Rimango un attimo sconvolto quando apro una lettera che ha come mittente la stazione di polizia. Mio padre è di nuovo in prigione e ci resterà per un bel po'di tempo, se non pago la cauzione ,per aver aggredito un agente di polizia mentre gli faceva una multa. Bene. Così forse imparerà la lezione, ma come un male muore se ne rifà un altro. Continuo a sfogliare lettere finché non arrivo ad una scritta personalmente per me. Insospettito vado a vedere il mittente. Mia madre. Come è possibile che solo ora si ricordano che esista. La apro e inizio a leggerla.
Caro Bill,
So che questo non è un buon modo di spiegarti come vanno le cose tra me e tuo padre dopo la morte di Jim e so che mi odierai tantissimo dopo questa lettera, ma, dovevo dirtelo. Oggi sono partita per New York con il mio nuovo compagno di vita e credo che non ci rivedremo più...dopo questo voglio darti un addio.
Vivi bene la tua vita non come me.
Tua mamma.

Rimango in silenzio. Ora non ho una famiglia nel vero senso della parola. Non so che pensare o solo voglia di piangere, urlare ma non ci riesco. Cammino lentamente, ogni passo e una coltellata al cuore. Mi blocco. A terra c'è una vecchia cornice rotta, l'affero e vedo che contiene una foto di me e mio fratello vicino al parco della città. Una lacrima scende.
La raccolgo, la stringo con tutta la forza che possiedo ancora e striscio in camera. Mi getto con dolore sul letto, chiudo il più forte possibile le palpebre pensando che ogni cosa fosse frutto della mia immaginazione anche se non lo è. Ora voglio solo non esistere. Il buio si fa più scuro e mi avvolge.

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