Giorno

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L'aria sembra essersi fatta più calda o forse era il calore delle coperte che ricoprono interamente il mio piccolo corpo freddo quanto un morto. Posso respirare, posso avere un cuore che batte, ma, non riesco a sentire nessuna emozione. Sono sparite, quelle accumulate cancellate e solo per colpa di due stolti che hanno deciso di avere un figlio per sbaglio. Ecco, infatti, io sono uno sbaglio, una macchia di caffè su una tovaglia bianca, un errore incancellabile.
A questo pensiero una forte rabbia comincia a salire e mi da un tormento insaziabile che l'odio per mio padre e per mia madre si fa così grande che decido con fermezza di cancellarli dalla mia vita.
Voglio dimenticare.

Scendo dal letto e con passi pensanti mi reco al piano di sotto con uno scatolone grande in mano e con tutto il dolore la rabbia che possiedo ci getto dentro tutti i loro oggetti, vestiti in giro e fotografie (quelle poche che ci sono). Voglio che tutti siano morti perché è solo colpa loro che la vita mi odia e mi ride dietro con quel sorriso maledetto che mi distrugge fin sotto.
Questa è la mia vendetta.
Dopo aver buttato tutto come spazzatura, perché ora quello sono per me,decido di salire in soffitta per lasciare tutto lì a marcire lentamente insieme alla muffa e allo schifo che si meritano. Arrivato sopra, poggio con mancanza di rispetto lo scatolone e mi accascio un secondo a terra. Non mi sono reso conto che sfogare la propria rabbia in quel modo è davvero stancante, ma, liberatorio e ripresa un po' di forza, mi alzo e seduto osservo con attenzione quel luogo. Strano,da tutto questo tempo che abito in questa casa non sono mai salito quassù. Non c'è nulla da perdere, ma ,la tranquillità e il silenzio fanno da padroni in questa stanzetta con una sola finestra. L'aria umida e impregnata da uno strano puzzo di muffa viene a pizzicare il mio naso tanto da farmi fare due o tre starnuti e quando finalmente mi rendo conto che qui non vi è niente penso di riscendere al piano di sotto per prepararmi qualcosa da mangiare che la fame mi sta facendo attorcigliare lo stomaco. Ma ,dando un ultima occhiata alla stanza, il mio sguardo cade su una piccola scatola di cartone sistemata in un angolo ombroso della soffitta. Mi avvicino per  osservarla meglio e noto che  l'apertura è sigillata con una linea di scotch e sopra vi è una scritta scolorità che a stento riesco a decifrare. Tento di afferrarla con la mano per portarla vicino a me ,ma, uno strano rumore mi fa sobbalzare:il campanello di casa. Chi può essere a quest'ora del mattino. Immediatamente scendo le scale e mi precipito ad aprire la porta. Con sorpresa e stupore mi trovo davanti una ragazza di piccola altezza con dei capelli neri lunghissimi che le ricadono sulle spalle ed un volto straordinariamente confuso e con immensa gentilezza e cordialità mi chiede:
"Ciao! Scusa il disturbo ma percaso mi sai indicare dove abita un certo Frank Nestor? È mio zio e mi aveva detto che abitava da queste parti ,ma,non ritrovo la casa."
Finisce la frase sorridendo. Rimango un secondo in silenzio per poi riprendere la parola sembrando ancora più stordito di quanto non sia.
"Abita...abita proprio a questa casa di fianco con la porta blu".
Indico con il dito l'abitazione per non farle fare altri errori per causa mia poi. Così si diede un colpo con il palmo della mano in testa.
"Vero, la porta blu! Me lo aveva detto al telefono, ma, l'ho dimenticato! Che sbadata che sono...pensa dopo più di tre ore di viaggio inizio a sballare. Comunque grazie mille e buona giornata! "
Detto questo si incammina verso casa di Frank quasi saltellando e poi scompare dietro di essa. Rimango ipnotizzato per un minuto e tento di ritornare in me ,ai vecchi dolori e alla fatidica rabbia ,ma, qualcosa è cambiato dentro di me.

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