Dodici.

20.2K 858 1.4K
                                    

Quando realizzo che Levi mi ha teso una bella imboscata, ormai è già troppo tardi per inserire la retromarcia e battere in ritirata

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.



Quando realizzo che Levi mi ha teso una bella imboscata, ormai è già troppo tardi per inserire la retromarcia e battere in ritirata.

Dovrei prendere qualcosa come tre autobus diversi per tornarmene a Corviale, e comunque non ho nessuna intenzione di rinunciare a questa serata, nonostante lo sguardo trucido che continua a riservarmi Denise. 

Nel mezzo della fila per l'ingresso, fasciate da un corto vestito nero, i suoi occhi scuri mi fulminano anche a distanza. E più ci avviciniamo, io e Levi, e più la sua espressione si fa feroce.

Quale diavolo è il suo problema?

Smette di guardarmi soltanto per rivolgersi a Levi. «Perché lei è qui?».

«Lei ha un nome», mi intrometto, piccata,«ed è davanti a te».

Denise inarca un sopracciglio perfetto, ignorandomi alla grande, e incrocia le braccia sotto al seno prosperoso. «Levi. Sto aspettando una risposta».

«Perché siete ridicole», sbuffa lui. «Volete sul serio buttare al vento anni di amicizia per una discussione infantile?».

«Sì», diciamo in coro entrambe, per poi lanciarci delle occhiate omicide, mentre avanziamo nella fila.

«Mio Dio. Ma state dicendo davvero? Finitela di fare le bambine!». Aggiustandosi il colletto della camicia bianca, si concentra sulla ragazza al mio fianco e increspa le labbra. «Forza, Denise. Chiedi scusa ad Altea per quello che le hai detto l'altra volta».

«Che cosa? E per quale assurda ragione dovrei essere io quella a chiedere scusa?».

«Perché sei stata una grandissima stronza!», sbotto, senza pormi alcun filtro. 

Neanche a dirlo, le sue iridi si infiammano in un attimo e all'improvviso le persone attorno a noi, incluso Levi, scompaiono tutte. Restiamo soltanto noi, incastrate in una guerriglia che ci vuole consumare pure le ossa.

Io e Denise siamo amiche sin dalla prima elementare, dal primo giorno dove eravamo solo degli anatroccoli smarriti. Abbiamo sempre frequentato la stessa classe, sempre una al fianco dell'altra, e anche nei periodi in cui ci sentivamo di meno non ho mai pensato a una vita senza di lei.

E adesso invece inizio a credere che si tratti semplicemente di abitudine, di un'amicizia tirata avanti per pura inerzia. Io non coincido più con lei, lei non coi dice più con me. In realtà lo credo già da un po'.

Ma come si fa a chiudere con una persona che rappresenta quasi tutti i tuoi ricordi migliori? A una persona a cui vuoi bene perché fa parte di te?

«Ah, io sarei la stronza?», le trema la voce, e aggrotto le sopracciglia per la confusione. «E tu, invece?»

«Io? E che avrei fatto?».

«Lo sai».

Schiudo le labbra perplessa, perché sul serio non ho la più pallida idea di a cosa si stia riferendo, e inclino la testa. Sbatto le ciglia un paio di volte, intanto che le sue retine si fanno più lucide a vista d'occhio.

My BabyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora