Ricordo che quando avevo 12 anni desideravo più di ogni altra cosa un cane. Ero una bambina grassoccia, avevo i capelli corti, ero costantemente di cattivo umore e sfogavo la mia rabbia, la mia tristezza e la mia ansia sul cibo.
Venivo presa in giro per il mio aspetto, con nomignoli crudeli, il mio passaggio nel corridoio della scuola era accompagnato da risatine e bisbigli, mi stavano distruggendo.
Al contrario le figlie degli amici dei miei genitori avevano fisici impeccabili, gambe lunghe e snelle, capelli pettinati, lisci. Mi sentivo una delusione per i miei genitori, perchè dovevo essere quella brutta, quella grassa, quella che sembrava un maschio, l'errore della famiglia, quando i miei erano bellissimi e curati?
Ricordo che una sera tornarono a casa prima dal lavoro, con una sorpresa, per me. Mi presero un cucciolo. Ricordo i miei occhi velati di lacrime. Erano lacrime di rabbia, perchè quel cane, quel cane era brutto. Era un incrocio tutto spelacchiato, e al posto della zampa anteriore destra aveva un moncherino, con il quale arrancava tutto scomposto.
Mi avevano preso il cane più brutto del canile, perchè io, io ero brutta, e il cane somiglia al padrone.
Non permettevo al cane di avvicinarsi a me, volevo che si sentisse come mi sentivo io. Lo chiamavo storpio, monco, mi arrabbiavo con lui se mi faceva le feste quando tornavo da scuola. Per settimane ignorai la sua esistenza, non gli diedi un nome, un identità. Era solo un cane brutto. Un giorno poi, il cane mi portò la palla,voleva semplicemente giocare, come lo desiderano tutti i cani. «Cosa? Vuoi che ti lanci la palla? Non puoi correre!» gli urlai.
Ma lui voleva che gli tirassi la palla. E con tutta la cattiveria che avevo in corpo la lanciai, lontano, così forte che il cucciolo, con il suo moncherino non sarebbe mai riuscito a riportarmela, si sarebbe stancato troppo presto. Eppure si mise a correre. Inciampò. Sbattè il muso a terra, tre, quattro, cinque volte. Ma recuperò la palla, e me la riportò zoppicando. Non si era dato per vinto. Gli mancava una zampa eppure era lì, scodinzolante. Anche se l'avevo rifiutato più e più volte quel cane mi salutava, cercava le mie carezze, la mia approvazione, mi voleva bene anche se io l'avevo respinto. Da quel giorno ebbe un nome. Da quel giorno cominciai a fargli le coccole. Da quel giorno gli lanciavo la palla, ogni volta sempre un po' più lontano. Da quel giorno cominciai a stare meglio. Il mio corpo dimagrì, i miei capelli si allungarono.
Non ero più dipendente dal cibo. Perchè avevo deciso di prendermi cura di quel cane che nessuno, io compresa avrebbe mai scelto. Perchè quel cane mi aveva dato tutto l'amore di cui avevo bisogno. Mi aveva dato una possibilità, nonostante il mio aspetto fisico.
E io rifiorii.
Ora i ragazzi che mi davano della "cicciona", che mi prendevano in giro, volevano fidanzarsi con me. Le ragazze volevano essere mie amiche.
E devo tutto, tutto a quel cane. Crebbe, diventò bellissimo. Morì un giorno di primavera, era stanco e vecchio. Una parte del mio cuore giace con lui. Ricorderò per sempre il mio Zero, che da zero, da niente com'ero io è riuscito ad essere amato, e a farmi amare.