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«Ti posso chiama' Simò, vero?»

Manuel lo chiede a Simone mentre stanno insieme raggiungendo la sala prove.

Simone ride un po', Manuel nota, con la coda dell'occhio, che strizza gli occhi quando lo fa.

«Va bene Simò.» afferma, gentile, aprendo la porta e tenendola ferma affinché lui entri.

«Ma sono necessari i microfoni quando proviamo?» chiede, intravedendo i tecnici dei microfoni già in sala.

«Solo per qualche minuto, giusto per ave' materiale per la clip di sabato.» spiega allora Manuel, ottenendo in risposta un semplice «mh.» da parte dell'altro.

Non resta sorpreso quindi quando per tutto il tempo in cui i microfoni sono collegati, Simone tace. Letteralmente risponde a monosillabi, seguendo le sue indicazioni.

«Perché hai messo il muto prima?» gli chiede quindi, ridendo, non appena sono di nuovo soli a tutti gli effetti.

«Non ho messo il muto!» protesta il modello, divertendolo ancor di più.

«Ho capito che non sei abituato a parla' in pubblico, però...» prova allora Manuel, asciugandosi un po' il sudore, in un attimo di pausa.

Simone invece sembra del tutto asciutto, impassibile. Scrolla le spalle. «Non... non mi va che si sentano le mie lamentele.» dice.

Manuel sorride.

«Ah quindi te vuoi lamenta'?» scherza.

«Sì, perché non so ballare.» ribatte serio l'altro.

«Ed è per questo che ce sta il maestro tuo preferito qua!» esclama allora il maggiore, mettendosi in piedi di fronte a lui, ed indicandosi con le mani con fare teatrale.

«Pensavo fossi un ballerino, non un comico.» alza un sopracciglio Simone, ridendo, ma poi raggiungendolo.

«Accanna Simò, allora, mo' te spiego i primi passi, vediamo che sai fa', mh?»

La domanda di Manuel è retorica, dato che in un secondo fa partire la musica, posizionandosi davanti lo specchio.

Inizia a muovere i primi passi, sulla base di charleston che dovranno usare Sabato, e Simone capisce che avrà non pochi problemi, considerando che non riesce a concentrarsi su null'altro che non sia il modo in cui il corpo di Manuel sembra fondersi con le note della canzone, in cui i suoi fianchi ondeggiano esattamente quando e come devono, ed il modo in cui le sue braccia, le sue mani sembrano un'opera d'arte in movimento.

È tutto così perfetto che Simone, piuttosto che preoccuparsi del fatto che non saprà imitare l'altro, si chiede come un essere umano possa produrre, usando il suo corpo e nulla più, un tale spettacolo.

Manuel si accorge che Simone non ha assimilato alcunché quando, staccando la musica, questi resta fermo, senza muovere un muscolo.

«Ci sei? Oh!» dice, a voce alta, passandogli una mano davanti al volto.

«Sì, sì ci sono, però... è difficile.» borbotta la prima cosa che gli passa per la mente Simone.

«Vieni, ti guido io.» ribatte soltanto Manuel, prendendogli la mano ed avvicinandolo a sé, al centro della sala.

Il fatto che, al minimo contatto, entrambi sentano i brividi è decisamente un problema, dato che devono letteralmente passare le giornate appiccicati l'un l'altro.

Entrambi pensano che ci faranno l'abitudine.

Nessuno dei due ci farà l'abitudine.

«Allora, segui i miei piedi, okay?» dice Manuel, guardandolo negli occhi.

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