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Il lunedì successivo, Manuel e Simone si incontrano all'Auditorium per guardare la loro esibizione, come previsto, e Simone passa quasi tutto il tempo con una mano sulla fronte, cercando di coprirsi gli occhi.

«Non me di' che ti stai vergognando Simò.» dice infatti Manuel, osservando più lui che il video sullo schermo davanti a loro.

«Ma guarda com'ero ridicolo, così lungo!» esclama allora Simone, con il tono di chi è pronto a supplicare.

«Simò mi dispiace darti 'sta notizia, ma sei alto quasi due metri, lo stai scoprendo adesso?» lo schernisce il maestro, ridendo sotto i baffi.

«Ma sembro enorme

Manuel ride, poi spegne la televisione con il telecomando lasciando l'altro perplesso.

«Andiamo in sala va', oppure stiamo qua a farti veni' le paranoie inutilmente.»

Lo prende di peso, trascinandolo per un braccio, fin quando non si ritrovano davanti lo specchio.

È allora che nota sul viso di Simone una smorfia di dolore ed immediatamente si ferma.

«Che c'è? T'ho fatto male? T'ho fatto qualcosa?» domanda, quasi terrorizzato.

Simone sembra imbarazzato e sussurra quando risponde.

«Sono... caduto per le scale stamattina.» confessa. Poi alza un indice all'altezza del viso di Manuel.

«Non ridere.» gli ordina, alzando un sopracciglio.

A Manuel fa ridere la sua espressione, non il fatto che sia caduto, per cui si sforza di restare serio.

«Che ti fa male?» chiede, osservandolo bene.

«Il gomito, ma non è niente.» pigola il più piccolo.

Ed il maestro, senza nemmeno permettergli di finire la frase, solleva la manica della felpa, scoprendo un piccolo livido violaceo.

«Niente Simò?»

Manuel non sa perché ma vedere quel segno sul corpo dell'altro lo fa star male in un modo a lui sconosciuto.

«Dai Manuel, spiegami la coreografia, non perdiamo tempo.» propone allora Simone, tirando giù la stoffa, coprendo quella porzione di pelle.

Manuel lo osserva spazientito. «Prima ce mettiamo una crema, dopo parliamo di balla'.» dichiara, col tono di chi non accetta obiezioni.

E Simone infatti non può far altro che annuire e seguirlo nello spogliatoio.

Una parte di lui era certa che si sarebbero diretti in infermeria, ma l'altro l'ha portato con sé.

«Siediti qua, questa crema fa miracoli.» afferma, prima di recuperare un tubetto di crema e sedersi accanto a lui.

È straordinariamente delicato Manuel quando lo aiuta a liberarsi della felpa e Simone gli farebbe notare che ce la fa benissimo da solo, che quello è semplicemente un piccolo livido che passerà in qualche giorno e che tutta quell'apprensione non è giustificata, ma gli piace.

Gli piace il modo in cui le mani di Manuel perennemente calde, al contrario delle sue, perennemente fredde, lo sfiorano mentre stringono i lembi della sua felpa. E poi gli piace il modo in cui sembra trattarlo come fosse cristallo.

Nessuno l'aveva mai fatto sentire così fragile e così forte allo stesso tempo.

E vorrebbe dirgli che non è necessario che gli tenga stretta la mano mentre con l'altra gli cosparge il gomito di crema antidolorifica, ma si incastrano così bene che non può fare a meno di ricambiare la stretta.

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