Capitolo 5

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Alle undici del mattino di quel mercoledì, Harry era seduto nella sala riunioni al piano superiore del negozio non adibito alla vendita. Quello era un po' il luogo dove tutto veniva deciso e concordato. In quel momento erano presenti tutti i capi reparto della sede in cui lavorava e tutti si stavano sorbendo una lunga e noiosa formazione sulle gestione del reparto: dall'esposizione della merce ai rapporti con i colleghi e i clienti. Cosa che capitava più o meno una volta ogni tre mesi. Alla terza volta che l'incontro iniziava nello stesso identico modo, Harry aveva scollegato il cervello e iniziato a scarabocchiare sul fondo del blocco per gli appunti che aveva usato durante le riunioni precedenti, dapprima forme astratte, poi linee che avevano assunto le sembianze di Boccino d'Oro, leoni rampanti, serpi e - in memoria dei tempi che furono - dalla sua penna sgorgò anche una caricatura di Piton.

Severus Piton: l'uomo che pur odiandolo l'aveva sempre protetto e inveito contro Silente quando l'anziano mago gli aveva svelato che sarebbe dovuto morire... Piton aveva provato a salvarlo dall'apparente follia dell'anziano mago che Harry aveva sempre considerato la sua guida.

Non aveva capito se la reazione dell'arcigno insegnate fosse dovuta al fatto che, anche solo per i suoi occhi, in lui rivedeva qualcosa di Lily. L'idea che sua madre fosse stata amata così a lungo, anche dopo la sua morte l'aveva sconvolto. E ancor di più l'aveva sconvolto il fatto che uno degli uomini che più fortemente aveva odiato in vita sua - insieme a Malfoy e Voldemort - si fosse rivelato così... buono. E in fin dei conti dannato: aveva agito per spirito di vendetta senza rendersi conto che in questo modo avrebbe perso l'unica donna che aveva mai amato. Per quanto Harry fosse venuto ai patti con l'idea che suo padre non fosse il modello che tanto aveva ammirato, era comunque suo padre e lo amava ugualmente. Non era la prima volta, ma si chiese davvero cosa sarebbe stato di lui se sua madre avesse scelto Piton invece di suo padre... Sarebbe stato tutto diverso e, probabilmente, Voldemort sarebbe stato in qualche modo sconfitto anni prima. Forse. O forse no. In un modo o nell'altro, era stato proprio quell'uomo ad influenzare la vita di tutti. Questa era una delle ragioni per cui Silente continuava a fidarsi di lui: dietro la facciata dell'unticcio professore di Pozioni c'era molto di più di quanto si potesse immaginare.

Harry posò la penna sul taccuino e si sfregò gli occhi al di sotto delle lenti. Certi pensieri non erano mai salutari: benché meno durante una riunione di lavoro.

Non era il solo ad annoiarsi. Solamente una ragazza che era stata promossa da meno di due mesi, e che quindi non conosceva ancora l'andamento delle riunioni ascoltava diligentemente e prendeva appunti, ma tutti gli altri non sembravano in una condizione molto diversa da quella di Harry. La maggior parte di loro aveva lo sguardo perso nel vuoto, mentre Harry continuava ad alzare gli occhi verso l'esperto per poi riprendere a disegnare.

Quando finalmente furono congedati, Harry si stiracchiò a trattenne a stento una risata sentendo gli sbuffi e gli sbadigli dei suoi colleghi che in quel momento avrebbero dato l'anima per un caffè.

Il ragazzo raccolse il blocco e scese al piano terra, sino all'accoglienza del negozio dove stavano lavorando tre ragazzi incaricati della prima assistenza al cliente (dall'informarli a che piano si trovasse ciò che gli serviva a rispondere alle telefonate). Aveva ricoperto a sua volta quel ruolo per un po' di tempo, quando doveva giostrarsi tra reparto, corsi di formazione e cassa; da quando aveva ricevuto quell'inaspettata promozione i suoi compiti erano totalmente cambiati, anche se rompersi la schiena per organizzare il reparto e caricare la merce era una costante. L'unica cosa che aveva guadagnato era essersi lasciato quasi definitivamente alle spalle l'attività di cassa in favore di compiti più gravosi come risolvere le rogne che piombavano addosso al negozio o al reparto nei momenti più imprevisti.

Dietro il bancone vide Abigail parlare concitatamente al telefono (con quelli che suppose essere i gestori del maneggio che gli avevano rispedito indietro le selle che avevano ordinato) e David, un ragazzo che era stato assunto insieme a lui per il reparto tennis.

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