Capodanno al Fandango

95 8 0
                                    

Joanne

Ero indecisa. Fissavo gli abiti di fronte a me, appesi sulla rastrelliera, sfiorandoli con le dita, incapace di scegliere i tre che avrei indossato al concerto di quella sera. Paul mi stava dietro, con il gomito destro appoggiato sul braccio sinistro e la mano che sorreggeva il mento. A tratti lo sentivo mormorare qualcosa di inaudibile, come se stesse facendo un video ASMR.
Ma non potevo farci nulla. Erano tutti e sette bellissimi.

< Santa pace Paul, è colpa tua però. Te l'avevo detto di non portargliene così tanti tra cui scegliere. Ora farà mezzanotte qui,in reggiseno e mutande!> Brontolò ad un tratto Bob, comparendo nel camerino del Fandango. Si mise lì con le mani sui fianchi e la faccia indignata. Poi lo vidi arricciare il naso a patata.

< Joanne Grey Zander!> urlò puntandomi un dito addosso. Io lo guardai inclinando la testa. Paul mi imitò.

< Che c'è?> chiesi.

< Cosa hai fumato?>

Scoppiai a ridere accucciandomi sulle cosce.

< Che cosa cazzo c'è da ridere? Ti sei fatta una canna? Per carità di Dio!> sbraitò prendendomi per un braccio e tirandomi su. Cristo, non era cambiato per niente. Era il solito apprensivo rompiscatole.

< Non ho fumato nessuna canna! È il camerino che ha questo odore impregnato ovunque. L'ho detto l'altra volta a Jade. Anche se, ti dirò...non mi spiacerebbe fare un tiro. Mi sento un po' tesa.> Sbuffai tra i residui della mia risata.

< Uhm sbrigati a scegliere adesso. Tra venti minuti dobbiamo iniziare. Altrimenti non finirai in tempo e a mezzanotte c'è da festeggiare il nuovo anno. Vogliono che faccia tu il conto alla rovescia.>

Alzai un sopracciglio.

< Sono una cantautrice, non una showgirl, lo sanno? E non amo le pagliacciate.>

< Dai Babe, sei sempre la solita. È tutta pubblicità. Non devi fare altro che dire: Un attimo di attenzione...mancano trenta secondi...e scandire dieci, nove, otto...a proposito hai l'orologio?>

Alzai gli occhi al cielo, voltandogli le spalle e prendendo il vestito nero e rosso che in quel momento avevo deciso sarebbe stato il primo dei tre.

< No. Non lo porto l'orologio e lo sai. Sali tu a fare il cazzo di countdown se vuoi. Io canterò e basta. Non mi fare incazzare prima del concerto.> sbottai alzando la voce. Iniziai ad infilarmi l'abito e prontamente Paul mi venne in aiuto, scoccando in contemporanea un'occhiataccia a suo marito. Bob grugnì qualcosa e alzò i tacchi sbattendo la porta. Poi ricacciò dentro la sua testa pelata e urlò:

< Quindici minuti sul palco!> E richiuse sbattendo più forte.

Guardai Paul. Lui ricambiò il mio sguardo. Vedevo che faticava a trattenersi dal ridere.

< Ma Jade è arrivata?> Chiesi, rendendomi conto che mia moglie stranamente non era ancora lì con me. Si era offerta di andare in hotel a prendere mia madre con la macchina di Bob, ma ormai avrebbero dovuto essere arrivate.

Paul fece spallucce.

< Non lo so. Io sono qui con te da un'ora e non l'ho vista.>

< Passami il cellulare per favore.> Gli dissi, con una nota preoccupata nella voce.

Jade

Avevo appena messo piede nel locale, seguita da Margot infagottata in un bellissimo cappotto beige, regalo di Joanne e mio, che ci era costato un patrimonio, quando sentii la suoneria del mio cellulare: "My everything" impostata per mia moglie. Frugai in tasca e feci per rispondere, ma alzai lo sguardo e qualcuno catturò la mia totale attenzione.

Ancora tu.

La rossa della scorsa volta.

Stava appoggiata al bancone del bar e mi fissava da sopra un calice di champagne. La vidi abbassare il bicchiere con lentezza calcolata, appoggiarlo e stirare le labbra corallo in un sorriso che mi fece rabbrividire.

< Jade? Non rispondi?> mi chiese mia suocera dietro le mie spalle. Io sussultai, armeggiando col telefono. Ma non feci in tempo.

< Era Joanne. Adesso vado da lei.>

Per andare ai camerini dovevo per forza passare vicino al bancone. Inspirai e partii a passo spedito. Non guardai la rossa. Ma percepii il suo sguardo addosso, ed era ghiacciato come le strade di New York quella notte. Lei stessa, mi dava una sensazione di freddezza. Non so come lo sentissi, ma di certo sapevo di non sbagliarmi.

Quando arrivai di fronte alla porta del camerino di Poppy, mi trovai Bob addosso. Non riuscimmo ad evitare lo scontro. Stava letteralmente correndo via.

< Ah Jade! Sei qui...Guarda, pensavo che fosse un po' cambiata eh, ma invece è la solita testarda.> Stava borbottando indicando con il dito indice verso la porta chiusa a cui era appiccicato con lo scotch un foglio con scritto: Jo Grey.

< Cosa ha combinato adesso?> chiesi sospirando. Improvvisamente ricordai quanto quei due si prendevano a scornate su tutto. Eppure, si amavano più che fratelli.

<È solo che non le va mai bene niente di ciò che dico e faccio. Forse è meglio che stia in California...con Danielle che l'asseconda. Ormai io non servo più.> sbottò tristemente scuotendo la testa. Mi fece pena.

< Non dire così. Lei ti adora e lo sai. Solo che farle andare bene le idee degli altri è un'impresa titanica. Ti svelo un segreto: Devi farle credere che sia lei ad averle. Io l'ho imparato a mie spese.> dissi, accarezzandogli un braccio. Lui mi guardò. Abbozzò un mezzo sorriso.

< Conosco Joanne da più di quindici anni, ma a volte mi rendo conto che ci sono aspetti suoi che non ho mai accettato del tutto. La sua indole ribelle per esempio. Un'eterna adolescente.>

Scoppiai a ridere. Dio, se era vero.

La porta si aprì improvvisamente e l'eterna teenager in questione, si stagliò di fronte a noi in tutta la sua imponente statura di un metro e sessanta. Non aveva ancora le scarpe e si teneva l'orlo dell'abito sollevato con entrambe le mani.

Ci fissò torva. Specialmente me.

<Dove accidenti eri finita? E perché di grazia, non mi rispondi al telefono?> sbraitò. I suoi occhi mandavano lampi color smeraldo.

< Scusami amore. C'era un traffico assurdo. Le strade sono intasate e ghiacciate...siamo arrivate cinque minuti fa. E beh...non ho fatto in tempo a risponderti. Ma ormai sono qui.> mi giustificai. Peraltro, stavo solamente dicendo la verità. Joanne fece una smorfia della sue. Una di quelle che significavano: sì ok ma me la pagherai.

Quanto l'amavo.

< Entra. Ho ancora qualche minuto.> Mi ordinò con un tono che non ammetteva repliche. Obbedii. Bob invece andò a cercare la povera Margot abbandonata in sala.

< Paul? Ci dai cinque minuti?> disse poi Jo congedando anche lui.

< Certamente. Allora ti preparo gli altri due abiti per i cambi. Quello dorato per la seconda parte e quello corto in paillettes argento per il finale.> cinguettò il mio amico, sventolando una mano mentre ci lasciava sole.

Joanne si voltò verso di me.

< Mi stavo preoccupando Chef. > sospirò.

Io mi avvicinai e le presi le mani. Era bella da togliere il respiro. Quel vestito le stava benissimo.

< Mi dispiace. Non volevo. Avrei dovuto chiamarti mentre ero in strada, ma ero talmente presa a guidare con attenzione che non ci ho pensato.>

< Dovremmo richiamare Julius. Mi manca. A te no?>

Sorrisi nel ripensare al gigante buono che era stato per tanto tempo il bodyguard e autista dell'allora Grigio Jo. Era così affezionato a noi due che quando gli avevamo comunicato che ci saremmo trasferite in California, e che non avremmo più avuto bisogno del suo servizio, si era letteralmente messo a piangere come un bimbo.

Sì. Mi mancava.

<Chissà che fa adesso?>

Fummo interrotte dal bussare alla porta. Era ora di iniziare. Joanne si mise le scarpe e divenne una stangona più alta di me. Le palpai il sedere con la scusa che portava fortuna, e l'accompagnai verso il palco.

Color inside the Grey    La voce del cuore IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora