4. La scintilla

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Quel venerdì, alla prima ora, avevo chimica, seguita poi dal corso di teatro e dalle altre lingue.
Quell'anno ero stata molto fortunata con i corsi; avevo pochissime lezioni da sola.
Mi indirizzai verso l'aula della Simpson e mi preparai, mentalmente, a tutti i richiami verbali che avrei subito; ero il suo bersaglio preferito.
Entrai in classe e mi sedetti, occupando un banco anche per Winter.
Lei arrivò qualche minuto prima della professoressa, correndo; si sedette al mio fianco e iniziò a parlare freneticamente, ansiosa.
"Per poco e arrivavo in ritardo. È stata tutta colpa di Gerard! Ha voluto assolutamente vedermi prima di scuola, dicendo che doveva darmi qualcosa. E sai cosa?" fece una pausa scenica, poi riprese a parlare. "Un bacio. Mi ha fatto fare delle corse assurde per un semplice bacio! Non poteva aspettare questo pomeriggio?!" sbuffò, e mi domandai cosa ci fosse di tanto male nella dolcezza di Gerard.
Winter era sempre stata una ragazza poco romantica, ma Gerard la faceva sciogliere, in un certo senso.
Faceva uscire il suo lato più femminile, ed era davvero innamorato di lei.
Come lei di lui.
Winter era una roccia: dura, irremovibile, in grado di ferire gli altri senza mai rompersi, eppure amava Gerard come nessun'altro al mondo.
Pensare alla loro storia, mi fece sentire un po' sola.
Stavano insieme da quasi un anno ormai, mentre io non avevo una relazione da mesi.
L'ultima era finita pessimamente, e da quel momento non mi ero più impegnata veramente.
Non che ne abbia mai avuto l'occasione.
Insomma, a qualche ragazzo piacevo, ma nessuno di loro era il mio tipo; non che io fossi esigente, ma credevo che l'amore era qualcosa di istantaneo: la scintilla c'era subito, oppure non ci sarebbe mai stata.
Ragionavo così, ed ero irremovibile su questa mia convinzione.
Winter mi sventolò una mano davanti la faccia, per farmi riemergere dai miei pensieri.
"Elizabeth, hai ascoltato quello che ho detto?" mi chiese, leggermente scocciata.
"Si si, Win. Solo che stavo pensando al perché del tuo arrabbiarti tanto; è stato un gesto dolce da parte sua, secondo me."
Lei sbuffò. Cercava qualcuno che le desse ragione, e fu delusa di scoprire che non ero io quella persona.
Stava per ribattere, quando la professoressa entrò in classe.
Ci parlò per tutta l'ora del fenomeno della formazione della ruggine, con qualche interruzione per raccontare un qualche aneddoto personale legato ad essa.
E ovviamente per richiamarmi quando mi distraevo.
L'ora finì, e iniziai a dirigermi verso l'aula d'inglese, mentre Winter terminò il suo precedente discorso:
"Era un atto dolce, si, ma io non sono te. Non ho bisogno di continue rassicurazioni sul suo amore nei miei confronti. Non sono così insicura." sibilò, non rendendosi conto della troppa schiettezza.
Alzai le spalle e, dopo qualche metro, la salutai. Dopodiché, la guardai andare verso la sua classe, per poi entrare nella mia.
***
Durante il corso di inglese, ero in compagnia di Madison.
Avevamo preso posto in fondo alla classe, vicino alle finestre.
Prestammo attenzione ai primi venti minuti della lezione, poi lei mi passò un bigliettino e iniziammo una comunicazione via carta.
-Hai voglia di venire al negozio, oggi pomeriggio?
-Devo studiare.
Non era vero, almeno in parte. Due giorni dopo avrei avuto un test di matematica, ma non sarei mai riuscita a studiare, quel pomeriggio. Avevo troppe possibili distrazioni che mi intasavano la mente.
-Dai Elizabeth, possiamo studiare in mansarda.
Riuscivo a sentire il suo sguardo supplichevole anche mentre leggevo.
-Madison, ogni volta che dobbiamo studiare in negozio, finisce sempre allo stesso modo: io studio tutto appena arrivo a casa e tu prendi dei voti a dir poco pessimi.
La sentii sbuffare forte, incurante della lezione; poi prese a scrivere.
-Okay, stai in negozio fino alle 16:00, poi ti accompagna mia madre in auto.
Perché avevo un'amica cosa insistente?
Non avevo la benché minima voglia di cominciare una discussione su un pezzo di carta, quindi rinunciai.
Cedetti e annuii, ripassandogli il foglio, senza aggiungere nulla.

Un'ora e mezza dopo, stavo entrando nel negozio. Salutai Losha, la madre di Madison, e mi guardai intorno.
Ogni stanza era stata ristrutturata da poco, quindi per me era tutto nuovo.
Questa versione rimodernata dell'edificio aveva uno stile elegante; pareti bianche e parquet color legno ciliegio.
Seguii Mad in mansarda, dove ripassammo per un ora circa.
Poi, verso le 15:20, andammo al bar, per prendere un caffè a Losha.
Data la poca fiducia che i genitori di Madison avevano in lei, la donna consegnò i soldi con cui pagare la bevanda a me, ignorando le lamentele della figlia.
Comunque, dopo essere entrata nel locale, mi diressi subito al bancone, mentre Madison guardava i vari gadget dell'Hard Rock nello store.
Ordinai il caffè, poi mi misi a cercare i soldi che Losha mi aveva dato per pagare.
Stavo frugando nelle tasche dei jeans, quando mi sentii picchiettare sulla spalla.
Mi voltai, perplessa, e rimasi sorpresa dalla figura maschile che mi ritrovai davanti.
"Ciao Beth."

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