Mentre, molto lentamente, percorrevo le scale che conducevano all'aula di spagnolo, ripensai alla fortuna che ebbi incontrando la professoressa, e al mio rapporto con lei.
Miss. Simpson fu la prima tra gli insegnanti a dimostrarmi apertamente antipatia.
Ricordai, con un sorriso che affiorava alle labbra, come ad ogni lezione cercasse di farmi tacere, uscendone sconfitta.
Per tutto il primo anno mi minacciò di continui richiami scritti, che mai arrivarono.
Quando parlava in pochi l'ascoltavano; non perché non fosse preparata, era sempre stata un'ottima insegnante, ma perché il bisogno di parlare tra di noi era più forte della consapevolezza che ad ogni azione corrispondeva una o più reazioni.
E, in quel caso, le conseguenze furono i brutti voti, presi in compiti scritti e interrogazioni orali.
Ma non mi preoccupai più di tanto; i miei genitori erano al corrente della sua antipatia nei miei confronti.
Fui rimandata della sua materia, alla fine dell'anno.
Ma neanche questo mi preoccupò: avrei dovuto esporre gli argomenti affrontati durante l'anno a tutti i professori; non aveva scusanti per bocciarmi, data la mia bravura nell'esporre e la mia regolarità nello studiare, che raramente veniva a mancare.
Infatti fui ammessa alla classe successiva.
Per cui, in quel momento, frequentavo il secondo anno.
Prima di rendermene conto, mi ritrovai davanti la porta della classe.
Non so per quanto tempo rimasi lì, immobile, prima che la campanella suonasse.
Poi entrai nell'aula, con la voglia di scomparire. Detestavo essere sotto i riflettori, l'avevo sempre odiato.
La professoressa di spagnolo mi diede il benvenuto, mentre io prendevo posto sotto lo sguardo di tutti; era una donna sulla sessantina, con un viso dolce, ma un carattere autoritario.
Winter, una mia amica seduta qualche posto davanti a me, si girò nella mia direzione e mi rivolse un'occhiata interrogativa. Le feci segno con la mano, per farle capire che le avrei spiegato dopo.
Lei annuì impercettibilmente e tornò a concentrarsi sulla professoressa, che nel frattempo aveva iniziato a spiegare.
Tirai fuori il block-notes e mi preparai per prendere appunti, finendo con il disegnare le mani di un ragazzo che danzavano, a ritmo con la musica che risuonava nella mia mente.
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Le tre lezioni successive passarono in fretta; era già ora di pranzo.
Insieme a Madison, una mia compagna del corso di teatro, raggiunsi la mensa.
Andammo al bancone e attendemmo il nostro turno; poi, dopo aver preso le nostre razioni, ci mettemmo alla ricerca di un tavolo.
Mi stavo guardando intorno, quando Madison vide Winter che ci faceva segno di raggiungerla. Era seduta da sola, con il vassoio ancora pieno.
La raggiungemmo e, dopo esserci sistemate, iniziammo a mangiare.
Parlammo del più e del meno, finché Winter non chiese il motivo del mio ritardo di quella mattina. Bevvi un sorso d'acqua e iniziai a raccontare, cercando di usare un tono alla mano.
"Ma, praticamente, non è successo nulla. Mi sono svegliata tardi e, mentre correvo per arrivare il prima possibile, al volante di una macchina che passava di lì c'era la Simpson. Mi ha offerto un passaggio, e sono riuscita a entrare alla seconda ora grazie a lei."
Parlai molto velocemente, forse troppo.
Alla fine del resoconto, Winter era a bocca aperta, come d'altronde Madison.
"Vuoi farci credere che la Simpson ti ha accompagnato a scuola?" il tono di Winter era lo specchio dell'incredulità, "La stessa donna che ci odia così tanto, te in particolare, da averci rimandate tutte, l'anno scorso?"
"Esatto. Anche io faticavo a crederci, quando mi ha invitato a salire in auto."
Tenevo gli occhi fissi sul piatto, in preda a leggeri sensi di colpa per aver eclissato Bradley dal racconto.
Madison prese la parola, attirando la mia attenzione. "Non me lo sarei mai aspettata..ma meglio così, no? Non sei arrivata troppo tardi e credo che tu abbia conosciuto anche Bradley, suo nipote, giusto?"
Come faceva a saperlo? Lo conosceva?
Finsi indifferenza.
"Si.. C'era un ragazzo in auto, credo fosse lui."
Lei sorrise, entusiasta.
"Riccio con gli occhi scuri?"
"Si."
Arrossii, e lei se ne accorse.
"Prima che tu me lo chieda, so che lui era presente perché la prof. lo accompagna tutte le mattine all'Hard Rock dove lavora, quello di fronte al negozio di mia madre."
La madre di Madison era una negoziante abbastanza famosa, in città. Sceglieva personalmente gli indumenti femminili più alla moda in circolazione e li vendeva a un prezzo stracciato.
Infatti, grazie al buon gusto ereditato da lei, Madison indossava ogni giorno qualcosa di diverso, seguendo sempre le mode straniere.
Il suo stile richiamava i suoi occhi verdi e i capelli castani; era bravissima nell'abbinare i colori.
Passava tutti i suoi pomeriggi in quel negozio e, a volte, addirittura non veniva a scuola pur di poter aiutare sua madre con dei clienti importanti.
Probabilmente per quello sapeva del lavoro di Bradley al bar.
Quindi era un cameriere?
Rimasi sorpresa nel ricordare che, quella mattina, indossava una tradizionale maglietta bianca del bar, con la scritta 'staff'.
Mi ero concentrata tanto sul suo aspetto, da non assorbire a fondo i dettagli del suo abbigliamento.
Persa nei miei pensieri, non mi accorsi che Winter mi stava avvisando di qualcosa.
"...guardando male."
"Cosa?"
"La Simpson. Ti sta incenerendo con gli occhi. Girati verso sinistra, facendolo sembrare un caso."
Lo feci e constatai che Winter aveva proprio ragione. Se fossi stata infiammabile, avrei già dato fuoco all'intera mensa, per colpa di quelle occhiatacce.
Ritornai a guardare le ragazze, mentre cercavo di fare mente locale. Questa mattina era stata gentile con me, perché adesso mi guardava così?
Poi ricordai.
Dovevo avvisare la bidella che la professoressa avrebbe tardato.
"Cavolo."
"Fa paura, vero?" scherzò Winter.
Fu Madison a rispondere, con lo stesso tono.
"Anche troppo."
Ci guardammo con aria seria e poi scoppiammo tutte a ridere, simultaneamente.
Ci alzammo dal tavolo, dato che la pausa pranzo stava finendo, e posammo i vassoi, vuoti.
Prima di andare a prendere i libri per la lezione successiva, mi indirizzai verso il bagno, in corridoio.
Utilizzai i servizi e mi lavai le mani, poi raggiunsi il mio armadietto. Lì presi i libri e mi diressi verso l'aula di fisica, canticchiando.
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Hard Rock | b.w.s.
FanficErano le mani di un musicista; me lo suggerivano le unghie pericolosamente corte ed alcuni calli. Anche la loro fermezza ne era un chiaro segno. Mi sembravano sprecate per servire ai tavoli; insomma, quel ragazzo meritava più di un semplice posto d...