9. Vuoi uscire per davvero con me?

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Nonostante le mie innumerevoli lamentele, dovute alla pigrizia, Bradley riuscì comunque a convincermi a percorrere il tragitto verso casa mia a piedi, per poter concludere il discorso iniziato alla radura.
Avevamo appena lasciato il parco, quando ruppi il momentaneo silenzio.
"Bene, Brad, raccontami qualcosa che ti riguardi. Qualcosa di importante, questa volta."
Il suo sguardo si vede vitreo, in qualche modo guardingo; domanda sbagliata, mi accusai.
"Credo che la scuola valga, quindi.." Nonostante la sua fosse un'affermazione, annuii. "Frequentavo il liceo Stated fino all'anno scorso, quando, dopo l'ennesima bocciatura, ho lasciato perdere." Parve essere combattuto sul cosa dire dopo. Rimase in silenzio per qualche istante, poi aggiunse, annuendo impercettibilmente: "Vivo con mia zia a qualche quartiere di distanza dal tuo; mia madre vive nella nostra città natale, Birmingham, mentre mio padre è sparito qualche giorno prima che compissi quattordici anni. Mia sorella lavora come fotografa per una rivista di moda a New York; non la vedo spesso, ma ci scriviamo tutti i giorni.
Ah, ho anche un cane di nome Jesse che adoro. Mi ha accompagnato per tutta la vita." Sorrise dolcemente, fissando il marciapiede su cui camminavamo.
In quel momento, regnava un silenzio pesante, mentre io soppesavo le sue parole. O, almeno, quello che più mi aveva colpito.
Suo padre l'aveva abbandonato quando stava entrando nell'adolescenza; dev'essere stato un pessimo periodo per lui.
Non riesco nemmeno ad immaginare come sia stato per Bradley crescere con la consapevolezza che quell'uomo se n'era andato perché non lo reputava un buon motivo per restare, perché non riteneva la sua intera famiglia abbastanza importante.
Scossi la testa, scacciando l'idea di un Bradley poco più grande di un bambino in lacrime per colpa del padre.
"Ora tocca a te." Decretò, allontanando del tutto quell'immagine dalla mia mente.
Annuii, riflettendo.
Cosa potevo dire di importante su di me?
"Sono al secondo anno al liceo Wendix e ho voti ottimi, tralasciando chimica. Sai, credo di stare leggermente antipatica a tua zia." Risi, riuscendo a strappare una risata anche a lui. "In ogni caso, ho un fratello di 9 anni, Nate, che adoro. Mia madre è disoccupata, mentre mio padre lavora in un ufficio. Non ho un esattamente un buon rapporto con lui: va a periodi. Ci sono giorni in cui mi dimostra affetto ed altri in cui mi sbraita contro. Mia madre, invece, è dolcissima; con lei riesco a parlare di tutto, senza esclus.."
"Anche di me?" Mi interruppe, guardandomi con un sorriso malizioso che gli increspava le labbra.
"Dobbiamo ancora approfondire l'argomento." Ammisi, ridacchiando.
In realtà, non avevamo proprio affrontato il discorso, dato che lei nemmeno sapeva dell'esistenza di Bradley.
Rise, incitandomi con una mano a continuare da dove mi aveva interrotta.
"Senza esclusioni." Ripetei, concludendo quel discorso ed iniziandone uno differente.
"Conosco Madison dall'anno scorso; eravamo nello stesso corso di teatro extra-scolastico." Feci una pausa, pensando a cosa altro potevo aggiungere su di lei. "È una ragazza molto superficiale, ma, se la si conosce bene, è abbastanza simpatica. Per quanto riguarda Winter, ho conosciuto anche lei l'anno scorso, sempre per via della scuola. Abbiamo iniziato a legare solo a metà dell'anno scolastico, però. È una ragazza molto schietta, bisogna essere sicuri di se stessi per poter stare in sua compagnia."
Anche se io non lo sono poi così tanto.
Mi voltai, tornando ad osservarlo.
Camminava con le mani in tasca, lo sguardo nuovamente perso tra le crepe del marciapiede; mi domandai se mi avesse ascoltato parlare o se avesse lasciato scorrere le mie parole libere nel vento primaverile.
D'un tratto annuì, iniziando a raccontarmi dei suoi amici.
"Io e Tris, invece, ci conosciamo da quasi sei anni. È un bravo ragazzo, è parte integrante della mia vita da fin troppo, ormai. È.. il mio migliore amico." Annuì, sicuro delle sue parole.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto Bradley facesse affidamento su Tristan; lo capii da come aveva alzato lo sguardo mentre ne parlava e da come questo si era addolcito.
"Connor ed io siamo amici da un anno, circa. Abbiamo fatto amicizia quando ha iniziato a lavorare part-time al locale; all'inizio, è stato difficile conoscerlo, data la sua timidezza, ma poi, dopo qualche mese, ha abbassato ogni barriera."
Sorrise, concentrando finalmente tutta la sua attenzione su di me.
"Beth, ti posso fare una domanda un po' strana?" Mi domandò, con le sopracciglia aggrottate e la preoccupazione che iniziava a farsi spazio sul suo bellissimo viso.
Sgranai leggermente gli occhi, stupita; non era già quella una domanda strana, seppur a suo modo?
"Mh, va bene." Acconsentii, iniziando ad innervosirmi.
Un'attesa, una sorpresa o anche solo un minimo accenno a qualcosa a me ignoto, mi procurava ansia.
"Noi stiamo..ehm..." Si fermò in mezzo al marciapiede, prendendomi la mano destra. "Noi stiamo uscendo insieme?" Chiese tutto d'un fiato, mentre le sue guance assumevano coloriti accesi.
Schiusi leggermente le labbra, con gli occhi ancora sgranati; mi sentii arrossire, ma non abbassai lo sguardo.
I nostri occhi erano fissi gli uni negli altri, nocciola su cioccolato.
Io e Bradley stavamo uscendo insieme?
Non avevo mai davvero riflettuto sul rapporto che avevamo attualmente; mi ero sempre e solo concentrata su quello che sarebbe potuto succedere in futuro fra di noi.
Lui mi strinse leggermente la mano, per risvegliarmi dai miei pensieri.
Cosa potevo rispondergli?
Un'altra domanda funziona sempre, mi suggerii da sola.
"Tu vuoi uscire con me?" Domandai, rendendomi conto di come, quello che avevo appena chiesto, potesse essere interpretato con un invito.
Il suo sguardo si fece sorpreso, ma durò solo un attimo, perché poi il suo viso si aprì in un sorriso che mi mozzò il fiato.
"Chi non vorrebbe uscire con te?" Rispose, utilizzando la mia stessa tattica.
Risi, rendendomi conto di quanto Bradley mi facesse bene.
Stavo per dirgli che, per me, definirci due ragazzi che uscivano insieme andava più che bene, quando lui riprese a parlare.
"Però non ci siamo mai visti da soli. Insomma, ti ho solo riaccompagnato a casa due volte, contando questa." Si interruppe, guardandomi indeciso. "Facciamo così: quando arriviamo a casa tua ti lascio il mio numero, così puoi scrivermi dove andremo la prossima volta. Devi mostrarmi il posto più significativo per te, te lo ricordo, e già non vedo l'ora di conoscere questo altro squarcio della tua vita. Poi, ti voglio portare fuori: a pranzo, a cena, per me non fa differenza. Che ne dici, Beth? Vuoi uscire per davvero con me?"
Mi prese anche l'altra mano, mentre diversi brividi mi scuotevano qualcosa dentro.
"Sarebbe meraviglioso." Bisbigliai, annuendo.
Il suo sorriso, che non era sbiadito nemmeno un'istante, si rafforzò.
Lasciò andare la mia mano sinistra e riprese a camminare, trascinandomi con se.
Ero in trance, troppo emozionata per anche solo ragionare: mi sembrava tutto così bello, così irreale.
Per tutto il resto del tragitto, restammo in silenzio; ci lanciavamo sguardi di soppiatto, con le guance in fiamme e tentando di soffocare diversi sorrisi.
Quando, venti minuti dopo, salvò il suo numero nel mio cellulare davanti la porta di casa mia, mi sentii stranamente realizzata.
Quando finì di digitare, mi porse il mio iPhone; aveva lasciato aperto il contatto, che guardai.
Si era salvato 'Brad☕️', con la tazzina di caffè.
Stavo per chiedergli il perché di quel emoticon, quando ricordai del suo smisurato amore per la bevanda.
Allungai una mano, in attesa.
Lui mi rivolse uno sguardo interrogativo, quindi fui costretta a spiegare le mie intenzioni.
"Devo salvare il mio numero."
Scosse la testa, con un sorriso furbo che gli increspava le labbra.
"Scrivimi questa sera, così posso memorizzarlo da lì." Disse, ammiccando con tanto di occhiolino.
Mi stava dando una scusa per contattarlo, constatai felice; almeno non sembrerai una bambina assillante, mi rincuorai, dato che avevo già iniziato a pensare ad una scusante valida per mandargli un messaggio, più tardi.
"Va bene. Ci sentiamo dopo, allora." Dissi, mentre già mi allungavo per lasciargli un bacio sulla guancia.
Bradley mi anticipò, procurandomi un altro strano brivido che, ormai lo sapevo, avrei associato solo a lui, da quel momento in poi.
Arrossii, aprendo la porta di casa.
Entrai, sorridendo imbarazzata; sentivo i suoi occhi bruciarmi la schiena.
Socchiusi la porta, aprendola di nuovo quando sentii i suoi passi allontanarsi dal porticato.
Percorse buona parte del vicolo lentamente, poi fece uno sprint, saltando.
A quel punto, chiusi definitivamente la porta, con un sorriso da orecchio a orecchio.
Non gli ero indifferente, tutt'altro.

Domani sera pubblicherò la storia su Evans. Grazie in anticipo a chiunque la seguirà.💘

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