Capitolo 1

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Il caldo umido di quei giorni mi costringeva a passeggiare nel cortile dell'albergo all'obra dei folti alberi, alla ricerca di una frescura che alleviasse i miei fastidi.
Abbandonai il mio andirivieni per portarmi davanti al bancone del bar all'ingresso. La cassiera bionda che ormai conoscevo da un anno mi servì immediatamente la solita birra al limone e provò gentilmente a scambiare qualche chiacchiera di paese. Fortunatamente si ricordò subito che razza di persona ero, e mi lasciò perdere.
Ero un tipo squallido e ipocrita, lo sapevo benissimo. Una di quelle persone a cui manca il tempo e la voglia, oltre che le motivazioni, per stringere amicizia col resto del genere umano.
In un sorso finii la birra quasi ghiacciata e mi voltai per lasciare l'atrio.
Il rombo acuto di un motore richiamò il mio sguardo all'angolo del cortile, dove un'auto grigia e lucidissima vi era appena stata parcheggiata. Ne scese una donna bassina, ma dalla sagoma slanciata. Il volto era coperto da ciocche di capelli neri portati corti che si posavano sulla grossa montatura di un paio di occhiali da sole. Giurai di aver sentito i suoi occhi sul mio corpo, senza conoscerne nemmeno il colore.
Accompagnò la portiera con la mano mentre provava a mettersi in ordine quel ciuffo scompigliato e un lembo della camicia che portava nei pantaloni. Non aveva alcuna borsa con sé, ma potevo distinguere la sagoma di un portamonete nella sagoma dei suoi jeans neri che risaltava sulla sua coscia magra.
Si avviò elegantemente verso un supermercato accanto all'hotel a tre stelle dove avevo già prenotato la mia stanza, quella in cui ho passato i precedenti mesi scolastici. Provai ad avvicinarmi alla sua auto, ma una voce acida sibilò al mio orecchio un saluto. Ora potevo distinguere meglio i lineamenti fini del suo volto: gli occhi ambrati con un contorno di un verde intenso e scuro; un naso affilato che sembrava come tagliato dalla montatura, tenuta ora sulla punta per gelarmi col suo sguardo; la bocca contratta e sottile; due lievi rughe solcavano i lati del suo muso e numerose altre si concentravano sulla fronte aggrottata; le ciocche di capelli salivano nere fino alle radici più pallide ed umide, bagnate dalle temperature troppo alte per gli inizi di settembre.
Era rimasta fin troppo attonita per il mio gesto, e dovetti giustificarmi ammirando il modello di macchina che aveva scelto, mentendo sul disgusto che mi provocavano i cerchi in lega macchiati di fianco e la carrozzeria graffiata nella parte posteriore. Mi credette e sorrise coprendosi una guancia con le dita Aveva davvero un bel sorriso, ma dal giallastro sulle unghie e a lato dei denti immaginai che avesse il mio stesso vizio: il fumo. La scoperta fu un punto a mio favore e le chiesi di fare due passi per fumare una sigaretta. Nel porle simile domanda sentii il cuore agitarsi in un'accelerata contrazione di ventricoli fino al momento in cui le sue labbra si schiusero in un dolcissimo "sì".
Poggiò una mano sulla mia spalla battendo due volte amichevolmente, e quando ebbe posato la busta che teneva in mano sul retro della vettura ci avviammo insieme verso una piccola zona verde isolata alle spalle dell'albergo, senza nemmeno presentarci, spinte da un mistico silenzio verso la nostra meta.

Non mi spaventa nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora