Avevo ancora gli occhi chiusi quando lei si staccò. Speravo fosse tutto un brutto sogno. Mi torturavo le dita e stringevo la pelle sottile delle mani. Potevo sentire il suo corpo ancora a meno di un passo dal mio, ma continuavo a pregare che quello che avvertivo fosse solo il calore sprigionato dalle coperte del mio letto.
Aprii debolmente gli occhi e vidi i suoi, ambra incastonata in un ovale perfetto. Indietreggiai con evidente imbarazzo. Lei sorrideva, non sembrava sconvolta dall'accaduto, come se non aspettasse altro.
Io sentivo le guance scottare anche sotto quella pioggia fredda. Portai le dita alle labbra e le passai su tutto il viso bagnato.
-Scusa...- sentii il desiderio spontaneo di chiedere perdono per la situazione in cui l'avevo cacciata. Non poteva che essere colpa mia quel bacio. Lei era scivolata a causa dello strato d'acqua sull'asfalto ed io avrei dovuto solo sorreggerla ed evitare che cadesse sporcandosi e ferendosi. Ed invece avevo preferito ferirla io con quel bacio, graffiare la sua integrità e forse stralciare quella nostra particolare amicizia.
Lei protese una mano verso il mio polso per evitare che mi toccassi ancora il volto con tale foga, ma mi scostai. Feci ancora altri passi senza guardarmi alle spalle finché lei non smise di avvicinarsi. Allora mi girai, concedendomi appena il tempo di guardare un'ultima volta il suo viso preoccupato e tempestato di piccole rughe. Poi cominciai a correre. I polpacci tiravano per lo sforzo quasi quanto i polmoni.
-Ritaaa!- sentii urlare a diversi metri.
-Rita aspetta!- non potevo fermarmi ora.
-Rita! Non lasciarmi sola- sentii un tonfo e mi voltai senza smettere di correre, ma quella che vidi era solo una figura nera e sfocata ormai troppo lontana per avere un volto.Non tornai a casa quella notte. Passai diverse ora sdraiata su una panchina scomoda ai lati del porto ad aspettare che i lampi si dissolversero per lasciare spazio al buio completo. Quando anche le nuvole abbandonarono il cielo, lo spiazzo nero sopra di me venne costellato da piccole stelle fioche e sbiadite. Stetti lì ad osservarne qualcuna, ma il suono snervante del tamburo che avevo nel petto aumentava la mia frustrazione.
Mi alzai e mi diressi altrove, sicura di poter avere un attacco di schizzofrenia nel giro di pochi minuti se fossi rimasta lì. Avevo bisogno di muovermi, di respirare, di morire. Eppure quel desiderio di morire soffocata dai suoi baci non desisteva a martellarmi la mente e si accompagnava a quello di rinascere nelle sue braccia.
Come poteva un simile sentimento scatenarsi per una donna. Pur trovandola una donna tanto affascinante, colta e brillante non potevo lasciare che un capriccio simile sconvolgesse la mia vita.
Camminai furiosamente per altri dieci minuti ed arrivai al cancello della scuola media dove lavoravo; attraversai la strada; cercai un mattone, un tronco spezzato, una panchina. Trovai solo un angolo sporco e ci buttai la giacca. Lì mi sedetti, poggiando la schiena alla parete umida.
Lentamente venni assalita dal sonno e chiusi gli occhi ormai gonfi, sperando di riuscire a riposare per quelle tre ore rimanenti. Fu proprio mentre stavo addormentandomi che realizzai che non avevo fatto ciò che avrei trovato naturale fare pochi giorni prima: non avevo fumato.
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Non mi spaventa niente
عاطفيةRita è un'insegnante di lettere che si ritrova a dover rivalutare la sua sessualità dopo l'incontro con Rosanna