capitolo 3

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Oggi è mercoledì 28 dicembre. C'è appena stato il giro degli psichiatri e ho parlato con la dottoressa che mi segue qua in clinica. Abbiamo discusso del perché io abbia così paura di riprendere l'università. Perché ho così paura? Perché mi sento barcollante su di un filo, in equilibrio precario, e lo stress e gli orari dell'università mi farebbero cadere, lo so perché è già successo, l'anno scorso. Non ho voglia di fare i tirocini dove vedrò i bambini stare male, non ho voglia di entrare di nuovo nell'ospedale dove è morta mia sorella e ritrovarmi a fare sedute con bambini che stanno male, e vedere nei loro occhi l'anima di mia sorella. Non ho voglia di vedere sofferenza. Non ho voglia di avere scadenze per la tesi, per gli esami, per i lavori.

Poi mi fermo e penso razionalmente: dovrei stringere i denti per tre mesi e dare i due esami che mi mancano alla laurea, ce la posso fare? Non lo so. 

Parlando con una mia amica che è ricoverata con me abbiamo stilato un progetto: uscite da qui lei verrà a vivere con me così smezzeremo le spese e ci terremo compagnia. Se si dovesse avverare tutto ciò sarebbe tutto meno pesante secondo me, avrei una persona che mi conosce e quando torno a casa potrei raccontare, piangere, sfogarmi. Non sarei mai sola. Io ho il terrore di essere sola, tutta da sola non mi riesco a gestire. Apriremo poi uno studio tutto nostro dove lei insegnerà teatro, io danza, farò sedute di neuropsicomotricità, arte terapia e altre cose, mia mamma farà da counselor. E' un bel progetto, che mi da forza e speranza in un futuro piacevole.

Il mio rapporto con il cibo non è positivo: finisco tutto ciò che è previsto dal mio piano alimentare, ma butto giù i bocconi come fossero medicine, solo perché lo devo fare, non mi gusto quello che ho nel piatto pensando "che buono". Sono stanca di non riuscire a gustarmi il cibo, di non riuscire ad apprezzarmi così come sono indipendentemente dal peso. Domani ci peseranno tutti e io sono terrorizzata, sono ancora focalizzata tantissimo sul numero della bilancia. Così non mi piaccio, mi odio. Ma ce la metto tutta, non perdo la speranza, prima o poi ce la farò, non lascerò vincere la malattia, mi riprenderò la mia vita nella gioia e nei dolori e affronterò le cose per quello che sono senza ricadere nel disturbo alimentare. Sono sicura che ce la farò.

Dovrò anche parlare con quello che in teoria è il mio fidanzato, non posso continuare così, ci sono troppi lati di lui che sono incompatibili con la mia persona e non è giusto che io lo lasci a mollo nel dubbio, devo chiarire le cose. Ma ho una paura tremenda: in un certo senso vorrei non dover mai affrontare questo discorso, perché non ne ho le energie e non vorrei farlo stare male. Dall'altra vorrei chiarire le cose perché lo trovo rispettoso nei suoi confronti e mi toglierebbe il peso che mi porto non facendogli un discorso. 

Il ragazzo che è ricoverato qui ieri mi ha offerto un caffè con una proposta troppo dolce. Abbiamo parlato tanto delle nostre paure, dei nostri sogni, dei nostri progetti. E' proprio una persona d'oro. 

Magari stasera o domani aggiornerò la pagina, dicendo com'è andata a finire. 

A presto!

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