capitolo 12

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Leila;

Non appena rientro a casa sospiro vedendo Neymar seduto sulla poltrona con il cellulare tra le mani, il suo viso non è sereno e gli occhi sono più verdi del solito.

«Neymar» cerco di attirare la sua attenzione in qualche modo ma non ricevo nessuna risposta da quest'ultimo, mi accosto accanto a lui e non appena il suo sguardo si poggia sulla mia figura capisco subito cosa vuole dirmi.

«Adesso non ti vergogni di me giusto?» domanda ironicamente nervoso.

«Neymar non era ne il momento ne il luogo giusto per fare una cosa del genere.»

Lui ride e scuote la testa.

«Leila, per te non è mai il momento giusto.» si alza cercando di allontanarsi da me, vuole evitarmi.

«Sono 12 anni Neymar, 12 cazzo di anni che neanche ci guardiamo negli occhi e adesso tutto questo mi sembra così strano.» sussurro portando le mani dentro le tasche della mia felpa.

«Leila sono 12 anni che ti aspetto.» rimango immobile sentendo la sua voce spezzata, un colpo al cuore.

Parole che mai avrei pensato di sentire da un tipo come lui.

«12 cazzo di anni che provo a farti capire ciò che realmente provo per te ed ogni volta c'è sempre qualcosa che non va, forse sbaglio sempre io.» mi sorpassa e va verso la sua stanza al piano di sopra lasciandomi in salotto.

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Neymar;

Dopo aver passato una notte insonne mi alzo finalmente dal letto con la speranza di trovare un pò di tranquillità.

«Uh?» noto un foglietto sul bancone della cucina e non appena lo afferro leggo ciò che c'è scritto al suo interno.

È colpa della solitudine, Neymar.
Ti aspetto.

È stata proprio la solitudine ad uccidere ogni attimo di me.

Capisco subito chi ha scritto il biglietto e non appena termino la mia consueta colazione mi reco presso il luogo indicato.

Arrivato a destinazione mi rendo conto di dove mi trovo: Parc Monceau.
Una grande distesa di verde impregna la mia vista quasi non riuscendo a distinguere più i colori.

«Alla fine sei venuto» la voce di Leila invade i miei pensieri e quando mi volto me la ritrovo in tutta la sua bellezza davanti a me.

Ho sempre amato i suoi occhi scuri che si perdevano più e più volte tra i miei chiari.

«Già» si avvicina a me afferrando il mio viso tra le sue mani che tremano.

«Non riusciremo mai a perdonarci tutto quello che ci siamo fatti» sostiene.

«Leila-» blocca le mie parole e continua a parlare lei, spedita.

«Neymar io non ho mai smesso di provare qualcosa per te e no tu non hai sbagliato niente, ho sempre rovinato tutto senza mai cogliere ogni attimo insieme.» le sue pupille si dilatano rendendomi conto di quanto male ci siamo causati.

«Ma ti prego non perdiamoci adesso, non ora che abbiamo ricominciato a vivere.» la sua voce è tagliata da singhiozzi mentre ancora le sue mani sono incastrate tra la mia pelle.

Avanzo verso di lei facendo scontrare i nostri corpi lievemente portando le mie braccia dietro le sue spalle.

«Volevo dirti solo questo» bisbiglia sottovoce.

«Non hai niente da dire?» domanda titubante ed io scuoto la testa.

«Allora meglio se vado via» prova a liberarsi dalla mia presa invano dato che la blocco ancora tra le mie braccia.

Avvicino le mie labbra alle sue percependo il suo respiro pesante.

«Adesso potresti pure darmelo un bacio» mormoro facendomi scappare anche una risata.

Lei sorride.

«Sei il solito sfacciato Santos» fa scontrare le nostre labbra in un dolce bacio che risulta essere il più puro che ci siamo mai scambiati.

«Io lo sapevo che voi due mi stavate nascondendo qualcosa!» mi giro di colpo sentendo la voce di Davi che corre verso di noi emozionato, Leila se la ride mentre io rimango stupito da tutto ciò.

«Tutto ciò che desideravo era questo e nient'altro» nostro figlio si accuccia a noi e finalmente notiamo nel suo volto la vera felicità.

Non bastava solo Leila.
Non bastavo solo io.
Bastavamo solo noi due, insieme.

𝐏𝐨𝐞𝐭𝐢𝐜𝐚; 𝐧𝐣𝐫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora