"Tu che t'insinuasti come una lama
Nel mio cuore gemente; tu che forte
Come un branco di demoni venisti
A fare, folle e ornata, del mio spirito
Umiliato il tuo letto e il regno-infame
[...] che tu sia maledetta!- I Fiori del Male, Spleen e Ideale - XXXI, Il Vampiro
«Hermione...»
Tre anni. Erano trascorsi tre anni. Millenovantacinque lunghi giorni senza di lei. Senza un suo gufo, senza una sua telefonata, senza una notizia.
La credevano morta. Tutti.
Tutti la credevano morta.
Scomparsa pochi giorni dopo l'ultima battaglia, dopo la battaglia. Quella finale. Quella che aveva visto il Signore Oscuro sconfitto da Harry, Harry Potter.
Quella battaglia che aveva visto il sorgere di una nuova alba sul Mondo Magico; una nuova luce in un mondo caduto nell'oscurità totale.
Scomparsa.
L'ultimo sguardo su quel treno rosso - memore e scrigno dei ricordi più nostalgici e fanciulleschi di ognuno di loro - prima di tornare a casa. Le ultime parole in quella stazione babbana che nascondeva l'ingresso al Mondo Magico, ad una parte di esso.«Ho bisogno di stare qualche giorno con loro, Harry.» disse la caposcuola, il viso stanco.
«Ma certo, Herm. Non ti preoccupare, passa con loro tutto il tempo che desideri. Noi ti aspetteremo.» le rispose il moro, gli occhi verdi scintillanti d'un affetto così profondo da non poter essere spiegato con semplici parole.
Hermione gli sorrise, grata di quella complicità e di quell'affetto, ma soprattutto di quella comprensione che lui sempre le mostrava.
«Grazie, Harry.»
Il Bambino sopravvissuto l'aveva abbracciata stretta poi l'aveva guardata salutare Ron e Ginny ed il resto della famiglia Weasley per poi dirigersi verso una coppia distinta, dal volto felice e preoccupato al tempo stesso.
I signori Granger riabbracciarono, con le lacrime agli occhi, la loro unica figlia della quale, fino a quarantotto ore prima, erano stati privati della memoria, recuperata grazie all'aiuto del professor Silente che, anche all'interno di una tela di quaranta centimetri, era in grado di compiere... magie.
L'aveva guardata andar via, mano nella mano coi propri genitori.
Quella era stata l'ultima volta che Harry Potter aveva visto Hermione Granger.
Tre lunghi ed infiniti anni prima.
Ed ora era lì, di fronte a lui.
Uguale a come la ricordava, ma tremendamente diversa.
Non sapeva cosa dire.
Voleva abbracciarla e gridarle dietro.
Voleva lanciarle una fattura e coprirla di baci.
«Ciao Harry.»
Ciao Harry. Tre anni che non ti fai vedere, tre anni che sei praticamente scomparsa, tre anni nei quali è stato sguinzagliato ogni Auror per trovarti... e tu mi dici "Ciao Harry"?
Queste le parole che il Salvatore del Mondo Magico voleva dire alla sua migliore amica.
Migliore amica scomparsa.
Da tre anni.
Senza notizia alcuna.
Senza uno straccio di lettera.
Ed ora era lì, in piedi, a pochi metri da lui.
Ron aveva smesso di respirare.
Seduto dietro la scrivania a fianco a quella di Harry, intento a litigare con Draco Malfoy, mollemente poggiato sulla scrivania del rosso, intento ad osservare, mostrando - per una volta - lo stesso viso stupido di colui che continuava a chiamare Lenticchia, Ron era sbiancato. Completamente.
«Non mi saluti?» chiese la riccia, un leggero sorriso ad incresparle le labbra.
Harry rimase in silenzio per parecchio.
Perché?
Era questa la domanda che aveva in mente, che gli ronzava - come una mosca fastidiosa che non riesci ad acchiappare nonostante tu continui a provarci e provarci - in mente da più di tre anni.
«Perché?» fu, infatti, la risposta che, dopo tempo immemore, il moro le diede.
Hermione inclinò leggermente la testa.
«Perché?» chiese, titubante, non capendo cosa l'amico volesse chiederle.Harry la guardò ancora, in silenzio.
«Sì, Hermione. Perché. Perché te ne sei andata? Perché non mi hai mai scritto? Perché diavolo sei sparita?! Tre anni! Ti rendi conto? Tre fottutissimi anni che ti cerco! Tre fottutissimi anni passati insonne, convinto che la mia migliore amica fosse morta, il suo corpo sperduto chissà dove! Ecco cosa ti chiedo. Perché! Perché cazzo non mi hai detto nulla, non ti sei fatta sentire?! Ed ora? Ora torni e mi dici "Ciao Harry?" Ciao Harry?!Dove cazzo sei stata!» scoppiò, come un carillon troppo a lungo caricato che trasmette le sue dolci note più velocemente di come dovrebbe, come un palloncino riempito d'acqua fino all'orlo e di più.
Non rispose. Hermione non rispose.
Tre paia d'occhi puntati sulla sua figura.
Passò un tempo lunghissimo prima che il silenzio venne spezzato.
«Mi dispiace.» una voce chiara, limpida. Musicale.
Harry strabuzzò gli occhi.
Le dispiace. Le dispiace?!
«Ti-ti... ti dispiace?» balbettò il ragazzo, l'ira in ogni sillaba.
Straripò.
Tutta la preoccupazione, la sofferenza ed il dolore patiti in quei giorni di buio e di assenza, si riversarono in una fiume di rabbia densa e vischiosa sulla riccia, inerme di fronte quell'assalto che sapeva di sfogo.
«Ti dispiace?! Io-io... Tu sei pazza! Sparisci per tre anni senza lasciare un misero, fottutissimo biglietto. Di te si perde ogni traccia, io perdo il lume della ragione ed annaspo, sopravvivendo solo per arrivare al giorno in cui tu saresti stata ritrovata, in salute, e mi avresti detto che ti ero mancato, che era successa una cosa assurda, impossibile ed impensabile per far sì che tu mi abbandonassi così. E tu mi dici che ti dispiace? Cosa? Cosa cazzo ti dispiace, eh, Hermione? Cosa!»
Harry era un gomitolo di rabbia e frustrazione.La gioia del rivederla lì, di fronte a lui, sana e salva, era stata soverchiata dalla rabbia di vederla lì, di fronte a lui, sana e salva e senza alcuna spiegazione.
«Capisco la tua rabbia, Harry. Non ti biasimo. Ma ti ho detto che mi dispiace. Mi dispiace aver causato tanto scompiglio.» rispose Hermione pacata.
Harry le si avvicinò minaccioso, un dito puntato contro.
«Scompiglio? Scompiglio!? Tu vaneggi! Scompiglio! Sono morto di paura, ho perso dieci anni di vita! Sai cos'ho provato quando, dopo un mese senza aver tue notizie, ho contattato i tuoi genitori e loro mi hanno detto che eri sparita? Sai cosa cazzo ho provato? Credevo fossi morta. Credevo che uno dei Mangiamorte fuggiti ti avesse trovata, ti avesse uccisa. Credevo... credevo che non t'avrei mai più rivista, Hermione.
Credevo... credevo di morire.» concluse, le lacrime a scorrergli sulle guance, la paura ed il sollievo a prendere il posto della rabbia.Gli sorrise.
Gli sorrise come solo lei sapeva fare.
Quel sorriso d'affetto, d'amore e di fiducia. Di comprensione.
Quel sorriso così suo.
Le si gettò addosso in un attimo, abbracciandola, stringendola forte al proprio petto, annusando l'odore di casa e famiglia che la ragazza emanava.
Lei lo strinse leggermente, le mani sulla schiena, il viso sprofondato nel suo collo.
Si staccò. Fu lei a staccarsi.Guardò l'amico negli occhi e lui le carezzò una guancia.
Lontanamente s'accorse di quanto la sua pelle fosse fredda, ma quel pensiero non arrivò mai alla sua parte cosciente.
Le fece strada e lei raggiunse Ron che, ancora nella stessa posizione, era cristallizzato nell'attimo in cui i suoi occhi s'erano posati sulla figura di quella ragazza che aveva amato e che aveva perduto.
Gli si avvicinò, lui rimase immobile. Alla fine s'alzò, biascicò un «'Mi-'Mione...» e l'abbracciò.
Si staccò velocemente da quell'abbraccio troppo caldo, troppo pulsante e fece un sorriso leggero che scaldò, però, il cuore del rosso.
Draco Malfoy era rimasto, anch'egli, nella stessa posizione.
Quando la ragazza si voltò ed incontrò i suoi occhi, il biondo ebbe un sussulto mentre lei rimase immobile ed impassibile.
Mago nell'arte della recitazione e della finzione, si riprese immediatamente, senza che nessuno - così, almeno, lui credeva - si fosse accorto di alcun turbamento presente in quelle iridi ghiacciate.
«Malfoy.» disse la riccia a mo' di saluto. «È un piacere rivederti.»
Draco rimase stupido dalla cortesia e, dall'altro lato, dall'immobilità di quella frase: era gentile e studiata. Falsa nella sua alterigia.
«Granger.» rispose il ragazzo «A quanto pare, chi non muore si rivede.»
Questa volta fu la giovane ad avere un sussulto che, in verità, non venne espresso dal suo corpo se non per la dilatazione centesimale della sua pupilla.
Scosse la testa, Hermione, e sorrise all'indirizzo del biondo, poi si voltò verso Harry.
«Ho preso un appartamento al limitare del Mondo Magico. Questo è il mio indirizzo. Mi farebbe piacere se veniste a trovarmi.» disse, lasciando scivolare un biglietto sulla sua scrivania per poi sorridergli e solcare la porta dell'ufficio dei tre Auror più giovani - ed, in quel momento, più stupiti e scioccati - di tutto il ministero, lasciando loro uno strano sentore amarognolo sulla lingua e un piccolo calore nel petto all'utilizzo di una persona plurale - voi veniste - presagio - positivo? - di un loro ritrovo imminente.
Una sola domanda solcava, ora, le menti dei tre Auror.Era invitato anche Malfoy?
STAI LEGGENDO
Come sangue nelle vene
FanfictionDramione|| Draco Malfoy/Hermione Granger «Hermione...» Tre anni. Erano trascorsi tre anni. Millenovantacinque lunghi giorni senza di lei. Senza un suo gufo, senza una sua telefonata, senza una notizia. La credevano morta. Tutti. Tutti la credevano m...